Cinismo a grappoli
Quando Giuliana Sgrena ha parlato delle cluster bombs – le bombe a grappolo – nel corso del suo primo messaggio video in cattività, le ha volute rappresentare come il simbolo più drammaticamente eloquente della natura e degli effetti della guerra in Iraq sulla popolazione civile. E non ha fatto sconti a nessuno nella sua denuncia di queste armi, pur mescolata alla richiesta della sua liberazione. A guardare le fotografie scattate da Giuliana, tuttavia, si ha l’impressione forse un po’ cinica, da addetti ai lavori, che le immagini rendano solo pallidamente l’idea degli effetti che questi ordigni provocano, quando rimangono inesplosi sul terreno, con cariche solitamente più potenti delle stesse mine terrestri. Perché le bombe a grappolo sono progettate per uccidere, non mutilare.
Fascino irresistibile
Il 31 marzo 2003 un attacco USA con munizioni cluster su al-Hilla, nell’Iraq centrale, ha causato la morte di almeno 33 civili e il ferimento di altri 109.
Tra i Paesi colpiti si contano: Afghanistan, Albania, Arabia Saudita, Bosnia-Erzegovina, Cambogia, Ciad, Eritrea, Etiopia, Iraq, Kuwait, Laos, Libano, Russia (Cecenia) Serbia e Montenegro (compreso il Kossovo), Sudan e Vietnam. Le munizioni cluster sono state usate anche nel conflitto delle Falkland/Malvinas. Ci sono inoltre indicazioni non confermate di un loro uso in Colombia, Marocco (Sahara Occidentale), Sierra Leone, Turchia.
Hanno fatto uso di bombe a grappolo in operazioni militari: Arabia Saudita, Eritrea, Etiopia, ex Jugoslavia, Francia, Israele, Olanda, Regno Unito, Russia, Stati Uniti e Sudan.
Almeno 57 Paesi detengono arsenali di munizioni cluster. Solo gli Stati Uniti stoccano oltre un miliardo di sub-munizioni. Spesso considerate armi sofisticate per forze armate avanzate, in realtà la stragrande maggioranza degli stock mondiali è fatta da munizioni costruite con tecnologie vecchie di decenni, a bassa precisione. Fino a poco tempo fa, era consuetudine migliorare la loro affidabilità inserendone una quantità maggiore dentro una stessa bomba cluster per assicurare il successo dell’operazione.
33 Paesi hanno prodotto almeno 208 tipi diversi di munizioni, che contengono una grande varietà di sub-munizioni. I principali produttori sono gli USA, la Russia e la Cina. A parte i paesi Nato e dell’ex Patto di Varsavia, si annoverano tra i produttori di cluster Argentina, Brasile, Cile, Corea del Nord, Corea del Sud, Egitto, India, Iran, Iraq, Israele, Pakistan, Singapore e Sudafrica.
L’esatta dimensione del commercio globale delle cluster bombs non è conosciuta. I maggiori esportatori sono Brasile, Cile, Egitto, ex Jugoslavia, Germania, Israele, Regno Unito, Russia e Stati Uniti. Risulta che alcune modelli di vecchia generazione (con relativi sistemi di lancio) siano stati trasferiti verso eserciti meno avanzati, ciò che potrebbe prefigurare una pericolosa tendenza per il futuro, vista la crescente popolarità di questo sistema d’arma.
Le forme eleganti delle piccole bombe che restano sul terreno – sia che si tratti delle piccole bombe sferiche (bombies) usate nel conflitto in Vietnam o quelle che assomigliano a lattine di bibite impiegate da entrambe le parti nel conflitto in Kossovo – e i loro colori spesso sgargianti le rendono irresistibili tanto ai bambini quanto agli adulti. I dati della Croce Rossa Internazionale suffragano con forza statistica crescente le indicazioni secondo cui i bambini hanno più probabilità di essere uccisi dall’esplosione delle bombe a grappolo e altre sub-munizioni che non dalle mine, in aree contaminate da entrambi i sistemi d’arma.
Pensate per uccidere
Ma che cosa sono le cluster bombs? Si tratta di armi di grandi dimensioni che si aprono a mezz’aria spargendo ad ampio raggio decine, o addirittura centinaia, di piccoli ordigni (sub-munizioni). Le bombe a grappolo possono essere lanciate da svariati tipi di mezzi aerei, tra cui caccia, lanciarazzi e
lanciamissili, che le spargono da quote altissime (spesso 5000 metri) così da dilatarne la capacità – peraltro già militarmente assai apprezzata – di ampia dispersione sul territorio. Sono infatti armi cosiddette “d’area”, capaci di diffondere i propri contenuti su un’ampia superficie. Popolari perché hanno un’impronta di morte elevatissima, quindi. Le sub-munizioni sono progettate in modo da esplodere al momento dell’impatto con il terreno, a differenza delle mine che invece hanno bisogno del contatto con la vittima per essere attivate. Ma troppo spesso capita che siano difettose e l’elevato tasso di errore nel funzionamento (5%, dicono i produttori; dal 20 al 55%, segnalano altri esperti), rappresenta una minaccia umanitaria destinata ad aggravarsi su scala esponenziale se l’utilizzo di questo sistema d’arma non verrà fermato. Anche perché ormai il loro utilizzo in aree urbane densamente popolate è divenuto la norma…
Ma anche volendo prendere per buone le rassicurazioni sul funzionamento delle bombe a grappolo spavaldamente propugnate da chi le fabbrica, gli scenari sono tutt’altro che rassicuranti per chi resta a vivere nei Paesi colpiti. Tra ottobre 2001 e marzo 2002 sono state sganciate in Afghanistan 1.228 bombe cluster, contenenti 248.056 sub-munizioni. Nel migliore dei casi (5% di
La bonifica operativa è il complesso delle attività effettuate durante un atto esecutivo ed è attuata attraverso mezzi meccanici ed esplosivi. La pericolosità residua è più alta rispetto alle bonifiche manuali. Questo rischio più elevato è accettato a fronte di una maggiore celerità degli spostamenti di uomini e mezzi, e comunque, l’impegno, è normalmente limitato alle zone di territorio utilizzate dagli stessi militari, e assicura un grado di affidabilità del 60-70%.
La bonifica umanitaria, per standard imposti internazionalmente, deve raggiungere risultati di affidabilità pari 99,6% e non può accettare alcun rischio residuo se non quello dell’evento casuale. L’unico modo per ottenere risultati vicini a questo standard è affidarsi a un lavoro lento e faticoso quale quello della bonifica manuale.
Fonte: http://www.campagnamine.org
Verso una moratoria mondiale
Negli ultimi dieci anni, la comunità internazionale ha messo al bando due tipologie di armi – le mine antipersona e i laser accecanti – per motivi umanitari. Ora, le munizioni cluster stanno emergendo come la categoria di armi per la quale si rende necessaria una legislazione più decisa e severa, a
Da fonti riservate di esperti del ministero della Difesa risulta che siano state distrutte le quantità di cluster bombs di cui era dotato l’arsenale italiano, in base alla legge 374/97 che mette al bando le mine antipersona, nell’articolato della quale vige una definizione di mina fondata sull’impatto e non sulle caratteristiche tecniche dell’arma. Questa è sicuramente una buona notizia.
Ma proprio per questo motivo la Campagna Italiana contro le Mine sta promovendo in sede parlamentare iniziative volte alla messa al bando unilaterale delle cluster bombs. Un disegno di legge, il cui primo firmatario è il senatore Nuccio Iovene, ma che gode del sostegno di diversi parlamanetari anche della maggioranza, è arrivato al Senato alla fine di febbraio. Con questo provvedimento l'Italia può diventare l'apripista per la messa al bando di questi ordigni. È una battaglia di civiltà, come quella contro le mine antipersona.
Per maggiori informazioni
http://www.campagnamine.org
oppure
http://www.cmc-international.org