Molestia redenta
Di volta in volta, passaggio dopo passaggio, nelle diverse fasi evolutive delle società, si definiscono tabù e proibizioni definite dai sistemi morali o dall’immaginario collettivo, comportamenti bollati come deviati o devianti. Sovente dietro a questi fenomeni c’è l’oggettività del pericolo o della minaccia reale: ma capita che la paura prenda il sopravvento e si assista alla nascita di un pregiudizio diffuso, che finisce per colpire, nella prospettiva del sospetto e dell’esclusione, coloro che magari sono semplicemente persone difficili, a disagio, già ferite dalla vita. E anche qualora si accertasse che vi sono inclinazioni negative, colpe, errori, una collettività può ridursi alla logica del punire non per rieducare, ma semplicemente per vendetta o per esorcizzare un male che avverte anche altrove? Il valore delle persone – inteso nella sua prospettiva assoluta, di principio etico – non si riduce con gli errori che esse compiono. Il che non vuol dire che i crimini non debbano essere puniti: la responsabilità individuale resta un elemento fondamentale di ogni identità; ma mi pare che il nostro contesto sociale, molto pronto a descrivere e additare alla pubblica esecrazione i comportamenti negativi (pur secondo le parzialità consuete: le tutele dei potenti si traducono in impunità sul piano giudiziario, mediatico e del costume), non lo sia altrettanto nell’indagare le cause della violenza e dei delitti. Una società che cessa di dialogare con le proprie realtà, tutte le proprie realtà, è una società che si costruisce sul rimosso. Un rimosso che genera inquietudine e ulteriore disagio. Una tensione che, se non affrontata, è destinata a diffondersi e a cronicizzarsi. Senza poi dimenticare quanto è funzionale per una collettività l’idea che qualcuno sia responsabile di tutto ciò che è negativo, che si possa negare le proprie responsabilità scaricandole
Cast: Kevin Bacon, Kyra Sedgwich, Mos Def,
Benjamin Bratt
Sceneggiatura: Steven Fetcher e Nicole Kassell dall’omonima opera teatrale di S. Fetcher
USA, 2004
Distribuzione: Nexo
Durata: 87’
Nell’elenco, variabile allora nei tempi e nei passaggi etici, di ciò che è considerato socialmente inaccettabile, c’è sicuramente la pedofilia. Si tratta di una inclinazione decisamente pericolosa, che viene a ledere la dignità delle vittime come dei colpevoli, che sovente sono a loro volta persone con alle spalle una storia di violenza subita. Un crimine che diviene emblematico di una negazione del futuro: attentare all’equilibrio di un piccolo è comprometterne l’identità e con il soffrire di essa tutto un mondo conosce la sua crisi, che limita la possibilità di crescere. Porsi in condizione di dialogo significa ribadire la condanna degli atti, ma porsi di fronte ai soggetti umani con gli strumenti del conoscere e del comunicare. Il che, tra l’altro, aumenta l’efficacia dell’azione di tutela e di protezione.
Con l’occhio della comprensione
Un lungo preambolo per presentare un film coraggioso, che l’attenzione del pubblico non pare aver premiato a sufficienza: nel suo The Woodsman – Il segreto, l’esordiente Nicole Kassel affronta una tematica ormai consueta per la cinematografia recente, ma racconta il dramma della pedofilia ribaltando la prospettiva della dinamica investigatore-criminale per lo più prevalente nelle opere recenti. Chi si trova al centro della vicenda è Walter, uscito di prigione dopo una lunga detenzione per molestie a bambine. L’ardua strada del ritorno al lavoro, l’atteggiamento di chi sa, la violazione del pudore sulla propria storia personale, un passato che sembra inchiodare ai
Il tema è ostico, era facile per Kassel scivolare nell’ambiguità e non risolvere l’equilibrio difficile tra le ragioni delle vittime e quelle dei loro carnefici; i quali, se possono considerare tra le motivazioni del loro male quello ricevuto, chiedono una logica di giudizio più ampia di quella che si definisce nella prospettiva della semplice giustizia amministrativa. Un film ben girato, coinvolgente, con un cast efficace in cui spicca il protagonista Kevin Bacon, coinvolto nel progetto fino a essere il produttore del film e a far interpretare Vickie da Kyra Sedgwich, sua moglie nella vita. Soprattutto un film capace di raccontare una storia con i toni giusti della pietà, della fatica di accettare che vi siano vite sprecate e sciupate, del rigore con cui si valutano le ragioni di chi subisce. Se un appunto va fatto, spiace che la redenzione di Walter passi per la violenza con cui affronta il pedofilo che staziona nei paraggi della scuola presso cui – per il contrappasso di Tantalo – si è stabilito. Se la vicenda fosse trascorsa fino alla fine nel dolente sentimento della volontà di non affliggere altri con ciò che si è sofferto saremmo davanti a un apologo senza sbavature.
La pedofilia
Tema dolorosissimo, cresciuto a dismisura per occasioni di trattazione sia nella letteratura che nel cinema, la pedofilia si presenta come una delle
la Repubblica,
17 maggio 2004.