Nucleare spudorato
“Il TNP è morto, viva il TNP!”. Anche se, con tutto il rispetto, si tratta di un lutto molto più grave della morte di un Re. La data fatidica, che abbiamo ricordato altre volte, della Conferenza di Revisione del Trattato di Non Proliferazione è arrivata (maggio 2005) tra un assordante silenzio generale. Data fatidica per più di un motivo che vale la pena richiamare ancora in extremis, come ultimo segnale di allarme, anche se (o proprio perché) alcuni di questi motivi sembrano cozzare a prima vista contro il senso comune.
L’attuale regime di non proliferazione vide la luce, dopo lunghi negoziati, nel 1968 con la stipula del TNP, entrato in vigore nel 1970. Oggi si deve partire dalla constatazione, amara ma assolutamente necessaria, che quel trattato ha completamente fallito i suoi scopi. Per completezza, l’intero regime di non proliferazione – cioè il TNP integrato dai trattati internazionali degli anni Novanta (CTBT, Comprehensive Test Ban Treaty; e START, Strategic Arms Reduction Treaty) – è oggi totalmente inadeguato. Procediamo per gradi, per vedere poi quale può essere oggi l’obiettivo da perseguire.
Il fallimento
Il TNP aveva la funzione di regime provvisorio, teso a impedire la diffusione degli armamenti nucleari in attesa della soluzione definitiva del disarmo nucleare totale. Si ricordano spesso i suoi articoli riguardanti i divieti di trasferimento e di acquisizione di armi e di esplosivi nucleari e i controlli internazionali, ma si dice raramente che il suo cardine era l’art. VI, che impegnava “i Paesi nucleari a promuovere negoziati in buona fede per giungere a misure effettive per mettere fine quanto prima alla corsa agli armamenti, per il disarmo nucleare, e per arrivare a un trattato per un disarmo generale e completo sotto uno stretto ed effettivo controllo internazionale”. La flagrante violazione dell’art. VI, dopo 35 anni, è sotto gli occhi di tutti. In tutte le conferenze quinquennali di revisione questo impegno era stato ribadito dagli Stati non nucleari, e regolarmente disatteso dagli Stati nucleari: l’ultima conferenza, nel 2000, aveva addirittura stabilito 13 punti molto precisi per avviare effettivamente questo processo di disarmo, che sono risultati le solite promesse di marinaio. Una conferenza preparatoria della prossima scadenza di revisione del TNP si è conclusa senza nessun accordo.
Nell’aprile 2004 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la risoluzione 1540 che gli USA avevano proposto strumentalmente per proibire e criminalizzare il possesso, il trasferimento o l’uso di armi o esplosivi nucleari e di armi chimiche e biologiche da parte di soggetti non statali: per superare le resistenze di alcuni Stati del Consiglio di Sicurezza, è però stata aggiunta
Ablition Now! invita i sindaci di ogni città a mobilitarsi contro il nucleare.
Per maggiori informazioni: http://www.abolitionnow.org
http://www.pcf.city.hiroshima.jp/mayors/english/campaign/plans.html#major
Per informazioni sulla dimostrazione che i Sindaci hanno promosso a New York in concomitanza della conferenza di revisione del Trattato di Non Proliferazione:
http://www.abolition2000.org/now/may1.html
Un regime inadeguato
L’attuale regime di non proliferazione non si è solo incancrenito in una inconcludente situazione di stallo, ma si sono innescati nuovi processi molto più subdoli e pericolosi, che lo minano e lo svuotano alle fondamenta. Come
abbiamo già discusso (ottobre 2004), le strade e le prospettive della proliferazione nucleare stanno cambiando profondamente. È ormai evidente che i militari e i governi hanno deciso di non rinunciare mai agli armamenti nucleari, ma le testate nucleari tradizionali presentano vari inconvenienti (sono troppo potenti e lasciano troppa radioattività residua), per cui si è scatenata una ricerca a tutto campo per realizzare armi nucleari di concezione completamente nuova, che offrano la possibilità di potenze esplosive molto piccole, abbiano bassa radioattività residua, e consentano di cancellare la fastidiosa distinzione tra armamenti nucleari e convenzionali. Sono state saggiate le reazioni internazionali a guerre radiologiche, o nucleari “di bassa intensità”, con l’uso sconsiderato dei proiettili a uranio depleto: la mancanza di reazioni ufficiali ha legittimato questa strada di cercare di realizzare testate nuove di piccola potenza, da utilizzare effettivamente come armi risolutive sul campo di battaglia.
L’analisi di queste nuove tendenze è piuttosto complessa (per maggiori dettagli rimando al mio saggio, A volte ritornano. il Nucleare: La Proliferazione Nucleare ieri, oggi e soprattutto domani, Jaca Book), ma l’aspetto fondamentale che qui risulta rilevante è che esse si basano sull’applicazione di risultati e tecniche sviluppati in tutta una serie di settori di ricerca fondamentale e civile. Si stanno facendo passi da gigante, che aprono la prospettiva anche per altri tipi di armi di nuova concezione. Sono coinvolti in questi progetti militari settori come la fusione nucleare controllata, gli sviluppi dei superlaser, le rivoluzionarie nanotecnologie, le ricerche sull’antimateria, gli acceleratori di particelle, la ricerca di nuovi isotopi e processi nucleari, e così via. La maggior parte della comunità scientifica è probabilmente in gran parte ignara di queste implicazioni e in buona fede, convinta di fare avanzare la scienza scoprendo nuovi campi di fenomeni fisici e di applicazioni, ma la collusione tra ricerca civile e militare risulta oggettivamente sempre più complessa e incontrollabile.
È necessario sottolineare che il TNP e tutti i trattati internazionali prendono in considerazione solo le armi e gli esplosivi tradizionali, basati sul processo di fissione nucleare dell’uranio e del plutonio. Per questo motivo l’intero regime di non proliferazione risulta inefficace per controllare questi processi. I quali, d’altronde, sono più pericolosi perché queste strade sono percorribili da qualsiasi Paese che sviluppi tecnologie moderne e di punta.
Quale prospettiva?
Tra i pochi che manifestano consapevolezza e allarme per la prossima scadenza di revisione del TNP e per i rischi di proliferazione, la maggior parte sembra aggrapparsi al TNP per cercare di salvarlo. Mi sono andato convincendo che questa linea può risultare perdente. Tra coloro che la sostengono pochi sembrano informati e consapevoli di queste nuove vie della proliferazione nucleare. Temo che una lotta strenua per salvare il trattato così com’è, ammesso che possa avere successo, possa finire per trovarsi tra le mani un simulacro completamente svuotato di contenuti e di efficacia, e di aprire una fase di vero far west nucleare, in cui le linee di ricerca che menzionavo si intensificheranno e si allargheranno, senza nessuno strumento per il loro controllo. D’altra parte, appare velleitario ed estremamente problematico pensare di aprire un nuovo iter negoziale per concordare (e imporre) nuovi trattati internazionali che possano controllare questi nuovi processi: i trattati esistenti hanno richiesto decenni, e i problemi attuali appaiono molto più subdoli e complessi.
Credo che ormai rimanga aperta una sola strada: mettere all’ordine del giorno il disarmo nucleare totale e assoluto, senza se e senza ma. Un’impresa disperata e velleitaria? Non più della speranza di mettere sotto controllo i processi in atto. Oggi è più che mai necessario uno scatto di dignità da parte di tutti i Paesi, i popoli e le persone veramente convinti dei rischi degli armamenti nucleari, che raggiunga l’autorità per imporre un problema morale di fondo, superando ogni tatticismo e rifiutando a priori qualsiasi pretesto o qualsiasi richiamo a un preteso senso della realtà. Le premesse esistono: si tratta di avere la forza di renderle note e generalizzarle, puntando a un deciso e necessario salto nella consapevolezza collettiva. Esiste infatti un’iniziativa a livello mondiale dei Sindaci raccolti attorno a quelli di Hiroshima e Nagasaki nel sessantesimo anniversario delle bombe del 1945: essi pongono l’obiettivo di imporre per il 2010 un accordo di disarmo nucleare totale, da realizzare nel 2020. Tutti noi dobbiamo intervenire sui Sindaci e i Consigli Comunali delle nostre città perché vi sia un’adesione a questa iniziativa e si apra con essa un dibattito serio e informato con la popolazione. Oggi non è più rinviabile: è in gioco il futuro dell’umanità!