Gli artigli delle industrie farmaceutiche
Basta con la delega alle aziende private.
Chiediamo un trattato internazionale in materia di innovazione medica.
È noto che oggi i brevetti farmaceutici sono globalizzati in virtù dell’Accordo sui diritti di proprietà intellettuale (TRIPS Agreement) entrato in vigore dieci anni fa in seno all’Organizzazione Mondiale del Commercio. L’accordo Trips è considerato da molti l’unico grande strumento giuridico internazionale in grado di stimolare e finanziare la ricerca e lo sviluppo in tutti i settori della tecnologia, compreso quello inerente alla salute. Esso prevede un regime monopolistico di controllo sull’innovazione, e dunque sul brevetto, di 20 anni; una vera a propria deroga alle leggi del mercato che dovrebbe tuttavia garantire il ritorno sull’investimento fatto da chi ha condotto la ricerca. I prodotti farmaceutici non fanno eccezione, vengono
trattati alla stessa stregua di qualsiasi altro genere di prodotto, nella speranza di riuscire a stimolare lo sviluppo di nuove medicine. Laddove questo monopolio produce effetti indesiderati, per esempio nel campo della ricerca e lo sviluppo di vaccini o medicinali per le malattie rare, o in altre aree abbandonate della salute, i governi cercano di stimolare l’innovazione scientifica offrendo alle industrie ulteriori agevolazioni fiscali e la possibilità di estendere la durata dei brevetti, pur di non mettere in discussione le dinamiche commerciali che regolano il settore, e i solidi profitti delle aziende farmaceutiche. La reale efficacia di questa scelta politica, tuttavia, è a dir poco incerta. Anzi, taluni dati segnalano un clamoroso fallimento nella capacità di immettere sul mercato nuovi prodotti, se non a prezzi ancora più esorbitanti a carico dei sistemi sanitari nazionali.
Nel 2001, la Dichiarazione Doha sul TRIPS e sulla salute pubblica ha affermato il diritto sovrano dei membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio ad adottare le misure adatte per proteggere la salute pubblica, anche superando l’ostacolo dei brevetti ogniqualvolta fosse ritenuto necessario. Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione e la consapevolezza sugli effetti dei brevetti sulla salute pubblica: mantengono elevato il costo dei farmaci e limitano l’accesso alle medicine. Questo ha conseguenze fatali per la grande parte dell’umanità che non ha potere di acquisto e che in misura crescente si trova esposta alla recrudescenza di malattie – come la malattia del sonno – che erano quasi debellate negli anni Settanta, per non parlare delle pandemie come l’aids, la tubercolosi e la malaria. Ma la questione sta assumendo dimensioni paradossali anche negli Stati Uniti, dove l’accesso alle terapie è messo sempre più a repentaglio dalla rapacità delle industrie private: nel 2001, come cita Marcia Angell in un libro dall’eloquente titolo “The truth about Drug Comanies” (la verità sulle industrie farmaceutiche), uno su quattro pazienti anziani in America non riusciva a rispettare la posologia della cura a causa del costo dei medicinali, il cui prezzo medio si aggira intorno ai 1500 dollari l’anno per paziente. Questo significa 9000 dollari nel caso di prescrizioni multiple, ad esempio 6 diversi medicinali da prendere regolarmente, pratica piuttosto consueta fra la popolazione di una certa età,
non solo negli Stati Uniti!
A parte delegare la salute e le sue priorità alle aziende private, oggi la politica internazionale nulla ha fatto per gestire la crisi dell’innovazione farmaceutica.
La ricerca e lo sviluppo sanitario deve essere trattato come un problema internazionale che richiede quindi una soluzione internazionale; deve essere considerato alla stregua di altri settori strategici – quali la difesa e la scoperta spaziale – che godono di un fortissimo sostegno governativo.
La recente epidemia della SARS (grave sindrome respiratoria acuta) mostra chiaramente come le conoscenze biomediche e le scienze farmaceutiche possano essere mobilitate per ottenere rapidi successi per le esigenze sociali, quando vengono messe insieme risorse sufficienti e volontà politica. Il “modello dei beni pubblici”, basato sul settore pubblico, utilizzato per il Progetto sul Genoma Umano, ha dimostrato come una ricerca pubblica collaborativa possa essere di gran lunga più efficace dell’approccio chiuso e monopolistico del settore privato.
Dal commercio alla salute
Un trattato internazionale in materia di innovazione medica (sia che si tratti di diagnostici, vaccini o prodotti farmaceutici) promuoverebbe un nuovo approccio alla scoperta di nuovi farmaci essenziali. Esso sarebbe in grado di rispondere adeguatamente a due esigenze vitali. In primo luogo, potrebbe restituire alla scienza la propria funzione sociale attraverso un sistema capace di rispondere ai bisogni reali dei pazienti, secondo priorità sanitarie globali definite dai governi o dalle agenzie competenti delle Nazioni Unite. Inoltre, potrebbe impegnare tutti i governi – che già spendono cifre astronomiche per l’acquisto di farmaci, senza un vero ritorno in termini di innovazione scientifica – a contribuire in maniera più responsabile a fornire fondi per un’innovazione farmaceutica orientata appunto ai bisogni terapeutici e ai diritti delle persone – l’essenzialità del farmaco – piuttosto che ai criteri commerciali di un settore industriale troppo protetto dai sussidi e dalle agevolazioni statali, ma poco incline a una credibile responsabilità sociale.
Occorre spostare il discorso dal commercio alla salute. Il trattato, concentrandosi direttamente sulla ricerca e sullo sviluppo piuttosto che sui diritti brevettuali o sui prezzi dei farmaci, dovrebbe indirizzarsi alla gestione globale di ricerca e sviluppo sanitario sostenuti da fondi pubblici.
Le priorità di ricerca e sviluppo sarebbero definite con una leadership del
http://www.wto.org/english/thewto_e/minist_e/min01_e/mindecl_trips_e.htm.
Il libro di Hollis (2004), Un efficace sistema di ricompensa per l’innovazione farmaceutica: http://www.who.int/entity/intellectualproperty/news/en/Submission-Hollis6-Oct.pdf.
Il libro di Lybecker (2003), Rx roulette: Farmaceutici contraffatti nei Paesi sviluppati: http://www.lebow.drexel.edu/lybecker/Lybecker.pdf.
Il libro di Mahan D. (2002), Approfittarsi del dolore: Dove vanno i dollari per i farmaci da prescrizione? È disponibile sul sito:
http://www.familiesusa.org/site/DocServer/Ppreport.pdf?docID=249.
L’iniziativa Cambia BIOS: Innovazione biologica per una società aperta:
http://www.bios.net/uploads/images/16/BIOS_Initiative_CC.pdf
Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura è disponibile sul sito: http://www.fao.org/ag/cgrfa/itpgr.htm
Il rapporto UNDP sullo sviluppo umano (1999):
http://hdr.undp.org/reports/global/1999/en/,page69.
In quanto unica agenzia governativa, in possesso di un mandato internazionale legale e responsabile della salute globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dovrebbe lavorare in tale direzione.
Gli Stati individuali dovrebbero valutare periodicamente le priorità di ricerca e proporre raccomandazioni idonee per una ricerca e uno sviluppo pubblici.
Uno dei principali obiettivi del trattato dovrebbe essere l’incoraggiare un’ampia diffusione dell’informazione e lo scambio di conoscenze e il sostenere la diversità, la concorrenza e la collaborazione tra i ricercatori dei Paesi tecnologicamente avanzati e di quelli in via di sviluppo.
Esistono già dei precedenti riguardo lo scambio libero e pubblico delle innovazioni per lo sviluppo di nuovi farmaci. La Tropical Diseases Iniziative (http://www.tropicaldisease.org), ad esempio, rappresenta un nuovo tentativo, basato su un utilizzo open source di internet, per stimolare e utilizzare al massimo le capacità esistenti all’interno della comunità scientifica, nel nord e nel sud del mondo, per sviluppare nuovi farmaci contro le malattie tropicali. Il progetto BioCricks (http://parts.mit.edu/) del Massachusetts Institute of Technology sta sperimentando strumenti e processi standardizzati per lavorare sul DNA, soprattutto tramite computer. La Bios Initiative (Innovazione biologica per una società aperta), lanciata dall’organizzazione australiana no-profit Cambia (Centro per l’applicazione della biologia molecolare all’agricoltura internazionale; http://www.cambia.org), punta a un percorso innovativo per sviluppare nuovi sistemi di ricerca a fronte del mancato funzionamento del mercato.
Tra i vari incentivi, sarebbe opportuno pensare anche ad accordi di licenza con i Paesi in Via di Sviluppo oppure a impegni per la costituzione di fondi di ricerca per realizzare progetti in collaborazione con quei Paesi. Una tale collaborazione è attualmente in atto in Europa, ad esempio, tramite il Partenariato Europa-Paesi in Via di Sviluppo per gli studi clinici (http://www.edctp.org). Questa collaborazione è finalizzata alla raccolta di fondi per sostenere economicamente la ricerca nei Paesi in Via di Sviluppo, soprattutto in Africa. Un esperimento che contribuisce allo sviluppo di profilattici e di farmaci accessibili per l’HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria.
Un trattato internazionale dovrebbe inoltre promuovere la collaborazione tra i vari Paesi in Via di Sviluppo e incoraggiare la creazione di reti tecnologiche regionali in tali Paesi.
Oggi, la gran parte delle competenze tecniche sullo sviluppo e la produzione di farmaci, nonché sulla loro distribuzione, appartengono al settore privato. È necessario un ulteriore lavoro per definire, all’interno del trattato, nuovi obblighi e incentivi in grado di massimizzare i contributi dell’industria alla ricerca e allo sviluppo, assicurando nel contempo una rigorosa adesione alle aree di ricerca che che rispondono alle reali necessità dei pazienti, e all’interesse pubblico della comunità. Il trattato dovrebbe garantire l’accesso alla conoscenza scientifica oggi tenuta chiusa negli archivi delle aziende. Inoltre dovrebbe estendere i diritti dei governi ad azioni legali contro gli abusi brevettuali sui farmaci sviluppati con il sostegno pubblico. Dovrebbe quindi includere il diritto da parte del governo di intervenire nel caso in cui un’invenzione non utilizzata, che non sia resa accessibile al pubblico in tempi e termini ragionevoli.
La realizzazione del trattato
Realizzare un trattato di questa natura, in un settore tanto importante per il controllo della conoscenza e dei saperi sulla vita, soprattutto nell’era della ricerca genetica, significa esporsi a un numero enorme di difficoltà da non sottovalutare. Un primo delicato argomento è il rapporto tra questo eventuale trattato e gli altri accordi vigenti, in particolar modo l’accordo TRIPS. Si tratterebbe di due strumenti giuridici in competizione fra loro, ispirati a due visioni del mondo antitetiche, a “telos” diversi e divergenti.
Naturalmente, occorrono ingenti risorse governative per decidere di finanziare la ricerca medica con il senso di priorità che riguarda i settori strategici. Ogni governo dovrebbe partecipare in base ai propri mezzi. Vari Paesi già contribuiscono in modo significativo alla ricerca e allo sviluppo globale acquistando costosi farmaci brevettati. Si tratterebbe di mettere in piedi nuove dinamiche di raccolta di questi fondi, magari attraverso una nuova realtà centralizzata, o accordi intergovernativi. Tra le altre misure, bisognerebbe sostenere economicamente quelle iniziative no-profit che già lavorano allo sviluppo di nuovi farmaci, vaccini e strumenti diagnostici per le malattie che stanno fuori dal mercato, le cosiddette malattie trascurate, in modo da permettere loro di raggiungere gli obiettivi prefissati. Recenti esempi hanno dimostrato che quando si mobilita la volontà politica, le risorse per generare la ricerca in particolari ambiti della salute vengono reperite rapidamente. Nel 2001, la sindrome dell’antrace portò negli USA a un vertiginoso incremento dell’investimento in ricerca sulla biodifesa: l’Istituto Nazionale sulla Salute (NIH) è passato dai 53 milioni di dollari ricevuti nel 2001 ai 1,6 miliardi del 2004.
Un trattato sulla ricerca e lo sviluppo per la salute pubblica è certamente una proposta fattibile. La recente adozione di un trattato sulle risorse genetiche vegetali ne dimostra non solo la fattibilità, ma anche l’attuabilità. Dopo sette anni di negoziazioni, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) ha approvato nel 2001 il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura. Questo trattato vincolante riguarda tutte le risorse genetiche vegetali rilevanti per l’alimentazione e l’agricoltura. I Paesi hanno concordato la realizzazione di un sistema multilaterale efficiente, efficace e trasparente che faciliti l’accesso alle risorse genetiche vegetali per l’alimentazione e l’agricoltura e hanno messo a punto un regime sulla condivisione dei benefici in maniera giusta ed equa. Sebbene ci sia un consenso crescente nei circoli internazionali che si occupano di sviluppo sulla necessità di avere a disposizione nuovi e più numerosi meccanismi in grado di produrre beni pubblici internazionali, un incremento della loro disponibilità nel futuro dipenderà molto dalla misura in cui gruppi di individui esperti sui singoli temi, e sufficientemente ispirati, interverranno per giocare un ruolo di primaria importanza nel venire incontro alle esigenze collettive.
La Convenzione di Ottawa sulle Mine Antipersona e la Convenzione Quadro sul Controllo del Tabacco del 2003, dimostrano come i protocolli internazionali siano essenziali per regolare il settore privato per il bene della salute globale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità insieme ad altri importanti enti governativi delle Nazioni Unite, hanno piena legittimità per lavorare con i Paesi membri nel realizzare proposte stimolanti e provoca azione politica in questo senso. Piccole coalizioni di Paesi sufficientemente motivati possono esercitare una forte pressione, e anche guidare il processo a livello internazionale. Lo abbiamo già visto nel passato.
Mentre lo sviluppo del trattato è ancora a uno stadio embrionale, l’idea che lo ispira ha già riscontrato forti opposizioni, e annovera già potenti nemici. Com’è stato per il tabacco, le mine antipersona e, più recentemente lo zucchero, il coinvolgimento della società civile sarà essenziale nel difendere queste strategie per il miglioramento della salute laddove queste ultime si scontreranno con i potenti e legittimi interessi del settore privato.
Occorre coraggio per cambiare le regole. Se nei prossimi anni i governi saranno davvero capaci di assumersi le proprie responsabilità, sarà molto probabilmente grazie alle numerose organizzazioni di volontariato che, nei singoli settori di competenza, tentano di promuovere l’interesse pubblico globale.
Versione ridotta e aggiornata di un articolo pubblicato sulla rivista statunitense Plos Medicine.