Io vescovo sono andato a votare
Ho votato per il Referendum, anche se a risultati già scontati.
Ho sempre partecipato alle civiche consultazioni, per principio e per la consapevolezza “storica” che le astensioni – oltreché accomunarti con chi lo è per spirito anticivile o per trascuratezza – non di rado (e questo…fin dal Risorgimento!) ti rendono corresponsabile della vittoria delle posizioni opposte.. Ero dunque particolarmente perplesso di fronte alla posizione tempestivamente proposta dai vertici della CEI ed inevitabilmente accolta dagli altri vescovi (logicamente anche dal Papa) e poi da tutta l’istituzione ecclesiale. Tanto più che a farla interpretare come un espediente astuto (anche se meno determinante del “no”, che esclude per cinque anni il testo rifiutato), quasi l’invito ad un compattamento trasversale e manifesto dei cattolici, sopravveniva l’adesione entusiasta di tanti settori della politica, anche di quelli per sé meno interessati in quanto in grado di affrontare viaggi onerosi verso Paesi con leggi più permissive, o di quanti di solito non sono così sensibili a motivazioni ispirate da principi religiosi (denominati per l’occasione “atei devoti”).
Una conferma veniva anche da una autorevole Rivista cattolica, che suggeriva di controllare la sera della domenica la percentuale dei votanti, perché nel caso di una forte partecipazione, ritenuta favorevole al “sì” (cioè alla modifica della legge) si potesse il lunedì mattina andare a votare per il “no”.
Trovavo che in atmosfera di testimonianza aperta e di confronto fraterno sarebbe stato più sereno anche il dialogo con chi non esclude che l’identità umana possa riconoscersi nell’embrione solo al precisarsi del DNA individuale o all’annidamento nel seno materno, sembrando inconcepibile che la natura stessa (quindi il piano divino) disperdendo molti ovuli già fecondati, distrugga tante vite umane estromesse dallo sviluppo; facendo anche comprendere che, nell’incertezza, la Chiesa deve sostenere la parte più sicura.
Qualunque fosse l’opinione personale, mi sembrava dovermi comunque adeguare – tanto più come vescovo – all’opinione di S. Paolo il quale, posto di fronte al problema delle parti di animali immolati per i riti ufficiali e vendute a basso prezzo sul mercato, dichiarava di rinunciare alla sua disponibilità a servirsene – data l’inesistenza degli idoli – se questo avesse potuto scandalizzare chi invece si sarebbe sentito coinvolto dal culto idolatrino (v. 1 Cor cap. 8).
Mi ero chiesto se questa modalità di impegno, che potrà portare l raggiungimento di un traguardo immediato, non possa avere risvolti meno positivi nella sensibilità dei cittadini, forse degli stessi fedeli, a cui si è arrivati a dichiarare (anche da parte di un Cardinale!) che non solo votare “sì”, ma semplicemente andare a votare fosse peccato mortale!
Spero di non incorrere nella conseguenza di essere considerato un cristiano “disobbediente” (anche se autorevolmente era stato precisato che si trattava solo di un suggerimento, sia pure forte e insistente).
Ma mi sembrava doveroso – a Referendum concluso per non turbare l’indirizzo ufficiale – tranquillizzare la coscienza di quanti hanno ritenuto che partecipare al voto fosse moralmente legittimo, quale testimonianza civica più efficace.