Un uragano chiamato Sofonia
Un fiume in piena, un uragano incontenibile, impressionante e impetuoso. Un linguaggio colmo di livore e di asprezza, di ogni sorta di punizione terribile… Questo stile non invita certo alla lettura dei miseri quattro capitoli di Sofonia, profeta minore. Se la prende con i giudei che hanno rivolto la loro attenzione verso gli déi dei popoli vicini dimenticando il Dio dei loro Padri: Stenderò la mano su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme; sterminerò da questo luogo gli avanzi di Baal e il nome stesso dei suoi falsi sacerdoti; quelli che sui tetti si prostrano davanti alla milizia celeste e quelli che si prostrano davanti al Signore, e poi giurano per Milcom; quelli che si allontanano dal seguire il Signore, che non lo cercano, né si curano di lui. Silenzio, alla presenza del Signore Dio, perché il giorno del Signore è vicino, perché il Signore ha preparato un sacrificio, ha mandato a chiamare i suoi invitati (1, 4-7). Poi estende lo sterminio del “giorno del Signore” alle popolazioni che si trovano nei quattro punti cardinali. È tutt’altro che un linguaggio nonviolento, non c’entra affatto con la tenerezza che pure abbiamo respirato in Osea o in alcuni passaggi di dialogo intimo e personale di altri profeti (minori e maggiori!), eppure non vi nascondo che ne subisco il fascino.
La gelosia di Dio
Per bocca del profeta parla un Dio umanamente divorato da una gelosia struggente. Un cuore geloso è un cuore che ama. Certo, con accentuazioni possessive, ma intanto ama. Forse ama in maniera esageratamente sbagliata, al punto da scatenare almeno una violenza verbale che sa di imprecazione e di malaugurio… ma ama. Un Dio dal temperamento così caldo e dalla preoccupazione tanto profonda per le sorti del suo popolo è incommensurabilmente da preferire agli déi che abitavano l’Olimpo e che al più si affacciavano oltre le nuvole per divertirsi alle spalle degli uomini facendo incursioni terrene vagamente moralistiche. Un Dio geloso non è preoccupato di accrescere il consenso o di
ampliare il proprio bacino elettorale, non si sentirebbe sminuito nella sua onnipotenza dagli uomini che gli voltano le spalle, è semplicemente un Dio con un cuore gonfio di amore e profondamente preoccupato per le sorti dell’umanità. E quando la tempesta ha sfogato tutta la sua schiuma e le sue onde sembrano esauste per lo sbattere contro gli scogli, ecco che sopravviene anche in Sofonia la dolcezza di un Dio che sembra arrendersi alla sua stessa misericordia: Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d'Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa» (4,14-18).
Ritorna, questo Dio, a rivestire le vesti del “salvatore potente” che “non vuole la morte del peccatore ma che si converta e viva”. Inevitabilmente anche il Dio di Sofonia non può tradire se stesso, smentire la sua natura, la sua stessa identità, perché Dio è Amore.
Letture e interpretazioni
Se uno dovesse leggere soltanto una parte di questo libro, non solo non ne comprenderebbe il messaggio intimo, ma ne stravolgerebbe inevitabilmente il senso. Al contrario oggi vanno ingrossandosi le fila di coloro che leggono il Libro senza perder troppo tempo a definire il contesto, a rispettarne il senso ultimo e profondo delle parole, evitando accuratamente di sforzarsi di comprendere l’esatto significato dei termini, non curandosi assolutamente di distinguere i generi letterari. E sì, perché non si può leggere un diario come fosse una favola, né un verbale di una riunione come fosse un romanzo, tantomeno delle pagine di scienza come si trattasse di alta spiritualità… La Bibbia più che un libro, da questo punto di vista è un’antologia in cui si concentrano meravigliosamente epica e poesia, metafora e simbologia, apocalittica e storia… Quanta pena (ma allo stesso tempo: quanti danni!) da coloro che, come il presidente Bush e tanti evangelical, sono soliti aprire a caso la Bibbia per trovarvi delle indicazioni immediate per il loro agire! Non è un manuale o un prontuario! Il significato delle parole e delle espressioni muta col tempo e a seconda dei contesti storici, sociali, geografici, climatici… E allora forse non esagero se dico che, anche nel caso del libro di Sofonia, i versetti più importanti sono quelli iniziali, scolpiti nel tempo come un avvertimento, chiave di lettura efficace per comprendere il tutto: Parola del Signore rivolta a Sofonìa figlio dell'Etiope, figlio di Godolia, figlio di Amaria, figlio di Ezechia, al tempo di Giosia figlio di Amon, re di Giuda (1,1).
Caro Sofonia,
figlio dell’Etiope, non è nel tempo di Giosia che mi rivolgo a te, ma in questo tempo in cui si affacciano altre signorie e altri imperi culturali, politici, economici e spirituali. Lascia che mi sfoghi almeno con te che, sono certo, capirai il motivo della collera del tuo Dio geloso. Anche ai miei tempi, non ha ragione di placarsi. Se io scrivessi con la tua penna, anche il mio Dio fremerebbe come tempesta e uragano e non certo perché l’idolatria del mercato offusca la sua onnipotenza nell’amore, o perché concorrenza e competizione sono l’unico verbo in grado di suscitare emozioni nei cuori di coloro che frequentano il tempio della Borsa, o ancora perché il crepitìo delle armi e le esplosioni degli attentati sovrastano le litanie delle chiese, le melodie delle moschee, le nenie delle sinagoghe nella terra di Abramo.
Idoli stranieri a cui pieghiamo le ginocchia e da cui attendiamo benefici per la nostra vita. Il nostro Signore non teme certo la concorrenza di questi idoli che “hanno occhi e non vedono, orecchi e non ascoltano, narici e non odorano…”! Egli freme di sdegno perché quel tradimento che il nostro cuore opera contro di lui lascia in noi stessi una scia di amarezza e di vuoto che nessun fanatismo può colmare. È solo surrogato che non sfama la fame profonda dell’anima. Il mio Dio ha sognato la felicità per le donne e per gli uomini di ogni epoca e non può sopportare di vedere prostituite le loro anime. “De homine angamur” gridava Giovanni Paolo II nella Sollicitudo rei socialis, ovvero “Siamo angosciati per l’uomo”. Dovremmo tutti farci eco di quell’affermazione in maniera convinta e ferma per soccorrere l’uno le povertà dell’altro e ritornare a far sorridere Dio di tenerezza infinita. “Se il nostro cuore di credenti è destinato a essere il luogo dove si riverberano le tristezze della terra, per neutralizzarne il carico dobbiamo assoggettarci a una terapia intensiva di santità” – scriveva don Tonino Bello commentando la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II.
E in questo modo diventeremmo collaboratori privilegiati del progetto di Dio, operai del cantiere della felicità profonda e autentica di ogni persona. D’altra parte le pagine della cronaca quotidiana urlano con ogni evidenza il disagio di un’umanità che ha smagnetizzato l’ago della propria bussola e vaga disperdendosi nei boschi fitti della violenza e del non senso. Non si spiegherebbero diversamente gli omicidi di genitori da parte dei figli e di mamme contro creature appena nate. Sono solo il sintomo più preoccupante dello smarrimento. E tu, profeta esperto di distruzioni e di castighi sembri ricordarci che se la bussola non funziona più, abbiamo bisogno di ritornare a rialzare il capo verso il cielo e trovare i punti dell’orientamento. Forse in quel modo sapremo ritornare ad ascoltare la dolcezza con cui Dio termina il suo dire nelle tue pagine: “Ho allontanato da te il male, perché tu non abbia a subirne la vergogna. Ecco, in quel tempo io sterminerò tutti i tuoi oppressori. Soccorrerò gli zoppicanti, radunerò i dispersi, li porrò in lode e fama dovunque sulla terra sono stati oggetto di vergogna. In quel tempo io vi guiderò, in quel tempo vi radunerò e vi darò fama e lode fra tutti i popoli della terra, quando, davanti ai vostri occhi, ristabilirò le vostre sorti, dice il Signore (4,18b-20).