Brasile senza armi
Un appello a non lasciare sola la società civile brasiliana.
Se ne parla pochissimo in Europa, ma la partita che si consumerà in Brasile il prossimo 23 ottobre avrà un effetto concreto su tutta l’America Latina e il mondo intero.
Il 23 ottobre i brasiliani saranno chiamati a pronunciarsi su un quesito referendario molto semplice eppure molto difficile: “Il commercio delle armi da fuoco e delle munizioni deve essere proibito in Brasile?”. “Sim! (= Sì)” dicono i movimenti di base, le Organizzazioni Non Governative, le associazioni per la pace e per i diritti dell’uomo, le comunità di base... “No!” affermano invece le fabbriche di armi, i gruppi di potere, i ricchi proprietari terrieri, l’oligarchia politica, l’opposizione al presidente Lula.
La posta in gioco è grande, perché gli interessi sono enormi. Chi si batte per il “Sì” guarda la situazione con gli occhi delle vittime, fa il bilancio degli ammazzati nell’ultimo anno, controlla le cifre spaventose di una carneficina che si consuma nella quasi totale impunità. Muoiono giovani sindacalisti, muoiono preti che coraggiosamente denunciano i criminali, muoiono ragazzi, si consumano le vendette incrociate fra le bande, aumentano le rapine accompagnate da omicidi, crescono i regolamenti di conti, impazza la violenza armata che si diffonde come un gioco del videogames.
Chi affila la lama del “No” utilizza la spaventosa carneficina per dire che le armi servono per difendersi da tanta violenza, che il commercio delle armi serve al Pil, che senza la pistola sotto il cuscino tutti diventiamo ostaggio di chi quella pistola se la tiene incollata alla cintura dei pantaloni.
Le forze in campo
Il “Sim” possiede pochi mezzi, poche risorse, poche possibilità di diffondere i motivi per cui il rifiuto del commercio armato diventa fondamentale per la società. Il “No” possiede grandi capitali, ha in mano i grandi mezzi di comunicazione, sa come arrivare direttamente nelle case dei cittadini e nei centri del potere finanziario.
Il “Sim” ha dalla sua la maggioranza dei cittadini, ma una maggioranza difficile da raggiungere perché è una maggioranza di “esuberi”, come vengono definiti i poveri più poveri secondo i parametri economici. Sono i favelados, gli abitanti delle tante favelas, sono gli analfabeti dell’interno, gli anziani senza nulla, i tanti sem (terra, lavoro, casa ecc). Sono le vite rifiutate, travolte dal destino, interrate dallo squilibrio nord-sud, ammalate di povertà, perseguitate dalla violenza armata.
La Campagna per il “Sim” deve penetrare dentro questi anfratti, deve lavorare sui molti livelli, deve contrastare la violenza dell’altra parte, deve esserci in televisione, nelle radio, sui giornali. La forza del “Sim” si diffonde nell’orizzontale della società civile.
Il ruolo dell’Europa
L’appoggio che può venire dall’Europa è enorme. I movimenti per la pace, per i diritti, le associazioni che si battono per una democrazia dal basso, singoli individui possono fare la loro parte per aiutare i gruppi di base brasiliani in questa importante partita referendaria. Servono appelli, lettere, contributi vari, adesioni alla Campagna, finanziamenti per dar man forte al “Sim”.
Uno dei referenti più importanti della Campagna nazionale per il “Sì” al referendum è un missionario bolzanino da quasi quarant’anni in Brasile, Ermanno Allegri, direttore di ADITAL (http://www.adital.com.br), un’agenzia di stampa che copre tutta l’America Latina.
“I movimenti per la pace e i diritti umani in tutto il mondo – scrive Allegri – potrebbero fare delle Campagne di appoggio al referendum e ai gruppi che lavorano in Brasile per il SIM. L’agenzia di stampa ADITAL può giocare un importante ruolo all’interno di questa Campagna. Però serve un aiuto finanziario dall’Italia, dall’Europa per mettere in campo un’azione di sensibilizzazione forte delle comunità di base in tutto il Brasile. Aiutateci, la posta in gioco è grande. Se vincessero i Sì al referendum potrebbe partire dal Brasile un vento virtuoso di disarmo per tutta l’America Latina e il mondo”.