TESTIMONIANZE

Dorothy per la pace

L’esperienza e la proposta di Dorothy Day raccontata da Sr. Rosemary Linch
Cristina Mattiello

Ha fatto per la Chiesa nel suo tempo quello che altri grandi hanno fatto nel loro tempo: l’ha riportata alle sue radici”: così la suora francescana pacifista Rosemary Lynch ha introdotto la presentazione di Dorothy Day, una delle figure più interessanti del cattolicesimo sociale negli Stati Uniti, in un incontro organizzato dal Centro Interconfessionale per la pace (CIPAX) in occasione del venticinquesimo anniversario della sua morte. “I discepoli raccontano i maestri” è, significativamente, l’ambito entro il quale si inseriva l’iniziativa. Un filo ideale e diretto, infatti, legava la relatrice (nota anche ai lettori di Mosaico di pace per il suo impegno nella mobilitazione antinucleare nel deserto del Nevada e le sue intense riflessioni Dorothy Day sul tema della pace) a questa “profeta di pace”, da lei conosciuta personalmente in uno scambio spirituale e personale profondo. Il movimento fondato da Dorothy Day all’inizio degli anni trenta, infatti, è la radice di tutta la tradizione pacifista cattolica nordamericana. La sua straordinaria vitalità gli ha consentito di essere fino a oggi, in ogni circostanza critica, al centro della mobilitazione nonviolenta.
Esperienza originalissima di impegno sociale a tutto campo, il Catholic Worker coniuga l’impegno politico e la ricerca culturale con l’assistenza materiale agli emarginati e una scelta di vita totale, basata sulla “povertà volontaria” e sulla condivisione. Due, da sempre, sono i punti di forza: il giornale dallo stesso nome, e le “Case d’ospitalità”, dove chiunque ne abbia bisogno può trovare un pasto caldo e un letto, e dove vivono, “poveri tra i poveri”, i Catholic Workers.

Tutto inizia…
Tutto comincia quando Dorothy Day, giornalista già molto nota negli ambienti della sinistra radicale newyorkese, dopo un momento di profondo ripensamento definito da lei stessa “conversione”, decide di trovare la via per un impegno sociale e politico che mettesse al centro l’identità cattolica. Era l’inizio degli anni trenta, una fase di forti tensioni ideali, stimolate dalla politica del New Deal di F. D. Roosevelt che si proponeva, con un intervento diretto dello Stato di risolvere la gravissima crisi sociale seguita al crollo della Borsa di Wall Street del 1929. Nel 1933 nasce il giornale che Dorothy dirigerà fino ai suoi ultimi giorni dandogli un’impronta particolarissima. La prima “uscita” è studiata per un preciso messaggio politico e impatto simbolico: un volantinaggio a Union Square, la tradizionale piazza “sindacale” di New York, in occasione delle manifestazioni per il 1° maggio. Fin dalla prima pagina, gli articoli parlavano delle condizioni di lavoro disumane, dello sfruttamento dei minori e dei neri, delle difficoltà che incontrava il reclutamento sindacale.
Da allora il giornale ha cambiato solo pochissimi dettagli grafici. Assolutamente sobrio, poverissimo anche nell’aspetto, a evidenziare il rifiuto di ogni compromissione con la logica del mercato, vive totalmente di militanza e

Scaffali
Dorothy Day, Una lunga solitudine. Autobiografia, Jaca Book, Milano 1984.
Jim Forest, L’anarchica di Dio, Paoline, Milano 1989.

È possibile visionare anche il film: La ribelle dell'East Side. La vera storia di Dorothy Day, diretto da Michael Ray Rhodes, Warner Home Video, 1997, con Moira Kelly.
di sottoscrizioni e si vende a 1 centesimo la copia, ma se lo chiede qualcuno che non ha neanche quello, si regala. La testata, che non è raro veder nelle chiese, è il risultato di piccoli aggiustamenti successivi: al centro, un crocifisso che abbraccia da un lato una contadina bianca con in braccio un bambino, dall’altra un operaio nero, che si danno la mano. Nei pochi spazi non occupati dal testo, disegni forniti da vari artisti solidali raffiguranti soggetti sacri, ma sempre connotati in modo da sottolineare la scelta a favore dei poveri insita nel messaggio cristiano. Dorothy Day lo ha sempre voluto come un giornale leggibile da tutti, anche dalla povera gente, ma al tempo stesso fondato su una elaborazione teorica forte. I due aspetti dovevano essere in ogni numero fusi e dosati molto bene. Infatti nel tempo il giornale ha ospitato molti interventi culturali di alto livello, ma non dovevano mai mancare gli articoli assolutamente semplici nel linguaggio e nel contenuto comprensibili anche da parte della persona più umile e semianalfabeta. Così attraverso le sue pagine si è costruito il personaggio carismatico di Dorothy Day, voce teorica e punto di riferimento centrale per tutto il movimento pacifista, ma anche una figura quasi materna per emarginati e poveri ai quali rispondeva con accenti molto personali.

Una redazione povera
La Casa storica di St Joseph a New York, che vide anche il primo nucleo di una mensa per i poveri, ha anche avuto la funzione di redazione, fino a quando, recentemente, non è stata chiusa dal sindaco Giuliani nelle sue operazioni di “bonifica” e “ripulitura” della facciata della città. Anche oggi, come allora, il giornale viene fatto con mezzi poverissimi da volontari che non sono per questo esonerati da tutti gli altri servizi di assistenza. Anche nelle “Case d’ospitalità”, del resto, si respira un’atmosfera particolare. La fila davanti alla porta è una costante, ma, in un Paese così gravemente carente sul piano delle garanzie nel campo del lavoro e dell’assistenza sanitaria, tutto ciò non si può scambiare per una pura opera di carità: il clima informale e sempre aperto al confronto personale, la ricchezza degli scambi intellettuali, il rispetto totale della libertà e della dignità di tutte le persone che si avvicinano, a cui non viene richiesto assolutamente nulla, la consapevolezza politica diffusa creano un clima che rende le Case del Catholic Worker piuttosto luoghi di aggregazione sociale e una sorta di “quartier generale” nei momenti di mobilitazione più intensa. Le cosiddette “Tavole rotonde”, le riunioni settimanali che scandiscono la vita della Casa, nelle quali si dibattono problemi interni e temi di interesse generale, hanno infatti attratto nel tempo anche intellettuali, operatori sociali esterni, esponenti politici o di altre religioni.
Il successo della formula nel tempo è stato travolgente. Già all’inizio degli anni Trenta, le Case erano un centinaio. Oggi ce ne sono circa 185 attive,

Cosa si può fare? Come nazione abbiamo milioni di cittadini generosi che lavorano duro. Anche se devoti al nostro Paese, siamo tuttavia largamente “spoliticizzati”. La maggioranza dei cittadini non vota nemmeno. Le nostre campagne politiche, costose ed estenuanti, allontanano molti che trovano che le riforme promesse non si materializzano. In questi tempi di crisi e di dolore possiamo convenire che è importante mostrarci come una nazione non solo potente, ma anche forte e saggia. Abbiamo i nostri santi e i nostri profeti. Uno, l’onorevole dott. Martin Luther King, ci consigliò bene, quando disse: “L’oscurità non ci può far uscire dall’oscurità, soltanto la luce può farlo”. Egli pagò il prezzo estremo per far venire la luce. Possiamo noi, in qualche maniera tutti insieme, come nazione, condividere questa saggezza? Possiamo noi, in tutta la nostra giustificata rabbia e nel nostro dolore, fermarci abbastanza a lungo per chiederci questo importante perché?
Rosemary Linch

Suora pacifista francescana, vive in comunità a Las Vegas (USA) e ha animato per venti anni le manifestazioni di nonviolenza attiva contro gli esperimenti nucleari nel deserto del Nevada.
alcune delle quali all’estero e, segno di indubbia vitalità, si assiste frequentemente all’apertura di nuove sedi.
Costruire “dal basso verso l’alto”, “il nuovo dentro le strutture del vecchio” secondo il principio dell’“amore attivo” perché “l’inferno è non amare più”: questo resta ancora oggi l’assunto di fondo del Catholic Worker. E accanto a questo lavoro che mette al centro la sfera personale, la continua attenzione alle tematiche politiche. Dorothy Day, fu per tutta la vita sotto controllo stretto dell’Fbi e ha conosciuto il carcere più volte.

Denuncia e disobbedianza
Storicamente, dopo la scelta di opporsi anche alla guerra anti-nazista in nome di una nonviolenza assoluta, che Dorothy Day volle tenere anche a costo di una spaccatura lacerante e dell’allontanamento di molti militanti, particolarmente incisivi furono la mobilitazione dei Catholic Worker contro la bomba atomica, in un periodo in cui l’esaltazione per questo spaventoso mezzo di distruzione di massa raggiungeva invece livelli di isteria collettiva, e poi, durante la Guerra Fredda, il rifiuto a partecipare alle esercitazioni antinucleari, denunciate come un modo strumentale di produrre allarme nell’opinione pubblica. La “disobbedienza civile”, infatti, nel contesto degli Stati Uniti, si accompagna spesso – anche in Martin Luther King, ad esempio – alla scelta di nonviolenza radicale. Il gesto simbolico di bruciare le cartoline di chiamata alla leva per la guerra del Vietnam, divenuto poi un simbolo di tutto il movimento di opposizione, è nato nell’ambito dei Catholic Worker. Anche dopo l’11 settembre, la loro è stata tra le voci più costanti di denuncia della politica ufficiale.
Accanto al pacifismo, è rimasta fondante l’attenzione alle tematiche sociali. I Catholic Worker sono sempre stati presenti durante gli scioperi e alle altre forme di mobilitazione, fino alle recenti lotte di Chavez per i contadini messicani che passano il confine, mentre l’impegno per l’assistenza materiale agli emarginati resta la base della vita quotidiana dei volontari. “Ricordare Dorothy Day e il Catholic Worker oggi – spiega sr. Rosmary Linch – significa allora scoprire uno di quei semi di nonviolenza e solidarietà di cui non si parla quasi mai, ma che pure resistono negli Stati Uniti e che sono i soli punti da cui potrà forse ripartire un approccio più giusto della politica ai problemi mondiali”.

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