Effetto domino
Che si realizza mutando ogni volta il pretesto.
L’analisi impietosa del più grande linguista vivente, Noam Chomsky in esclusiva.
Il sistema di dominazione dei popoli oggi è complesso, variegato, di difficile lettura. Cambia il contesto, ma le politiche continuano a essere sostanzialmente le stesse. I rischi di dominio globale americano sono davanti ai nostri occhi… Una chiave di lettura di quanto accade tra popoli e poteri ce la offre Noam Chomsky. Perché una resistenza possa esserci. E possa essere consapevole.
Incominciamo con una domanda apparentemente vaga, ma che ci permette di capire la situazione odierna. Verso che direzione andiamo? In che mondo viviamo?
Non la considero nel modo più assoluto una domanda vaga. Viviamo in un mondo di conflitti e contrapposizioni, a più dimensioni e con sfaccettature e aspetti complessi, ma con linee di demarcazione nette. Per sovrasemplificare (ma non troppo), uno dei conflitti centrali e ineludibili oggi vede come protagonisti i centri di potere – lo Stato e i privati – da un lato, strettamente interconnessi tra loro, e, dall’altro la popolazione nel suo complesso, a livello mondiale. Con parole di altri tempi, si sarebbe parlato di “lotta di classe”. I pretesti cambiano, le politiche restano piuttosto stabili. A volte il contrasto tra il mutamento di un contesto e la continuità politica è drammatico: è avvenuto immediatamente dopo il crollo dell’Unione Sovietica, per esempio. Oggi ogni occasione, ogni avvenimento, è utilizzato per portare avanti il proprio programma ad ogni costo: emblematico, per esempio, l’11 settembre!
Siamo in grado di utilizzare a nostro vantaggio la paura e la preoccupazione collettiva, soprattutto in determinate drammatiche circostanze di crisi. E con disinvoltura chiediamo all’avversario di divenire sottomesso, obbediente, silenzioso, mentre il potente di turno sfrutta ogni occasione per perseguire, persino con maggiore intensità, il proprio obiettivo e il proprio programma. Programmi che variano, a seconda del contesto sociale: negli Stati più brutali si tratta di un’escalation di repressione e terrore; nelle società in cui la popolazione ha conquistato maggior libertà, si concretizzano in misure che impongono la disciplina, mentre ricchezza e potere sono ulteriormente accentrati. È facile elencare esempi da tutto il mondo, anche negli ultimi mesi. Il conflitto in corso è simboleggiato in questo preciso momento dal World Social Forum qui e dal World Economic Forum di New York.
I nuovi mandarini, Einaudi, Torino 1969, Net, Milano 2003
La guerra americana in Asia, Einaudi, Torino 1972
Riflessioni sul Medio Oriente, Einaudi, Torino 1976
La quinta libertà, Eleuthera, Milano 1987
Illusioni necessarie, Eleuthera, Milano 1991
Alla corte di re Artù, Eleuthera, Milano 1994
Il potere dei media, Vallecchi, Firenze 1994
Anno 501: la Conquista continua, Gamberetti, Roma 1993
I cortili dello zio Sam, Gamberetti, Roma 1995
Il club dei ricchi, Gamberetti, Roma 1996
Il potere, Editori Riuniti, Roma 1997
Linguaggio e libertà,Marco Tropea, Milano 1998
La fabbrica del consenso, Marco Tropea, Milano 1998
Sulla nostra pelle, Marco Tropea, Milano 1999
Atti di aggressione e di controllo, Marco Tropea, Milano 2000
11 settembre, Marco Tropea, Milano 2001
Guerra ed economia criminale, Asterios, Trieste 2002
Terrore infinito, Dedalo, Bari 2002
Dopo l’11 settembre, Marco Tropea, Milano 2003
Democrazie e impero. Intervista su Usa, Europa, Medio Oriente, America Latina,
Datanews, Roma 2005
La democrazia del grande fratello, Piemme, Casale Monferrato 2005
Egemonia o impero, Tropea, Milano 2005
In ogni suo nuovo libro si inizia con un “dove eravamo rimasti?”. Non fa eccezione questo “Egemonia o sopravvivenza” (I rischi del dominio globale americano). Quanto è influenzato il mondo e quanto lo sono le piccole nazioni dalla presenza di Stati “forti”?
La “globalizzazione” pensata e progettata dai signori dell’universo riscuote un gran consenso da parte delle élites. Nessuna sorpresa per questo né per il plauso con cui sono accolti, sempre nel mondo dei grandi, gli “accordi per il libero commercio”. Accordi che il Wall Street Journal, con maggior onestà, ha definito “accordi per il libero investimento”. Si discute troppo poco di questo e l’informazione nevralgica è semplicemente soppressa. Per esempio, al termine di un decennio, la posizione del movimento operaio americano sul NAFTA, e le conclusioni dello stesso Research Bureau del Congresso (l’Office of Technology Assessment, OTA), non hanno ricevuto alcuna diffusione al di fuori dei circuiti di informazione alternativa. Queste informazioni sono escluse anche dai programmi elettorali. A buona ragione.
I signori sanno bene che attirerebbero su di sé il pubblico se alcune informazioni su questo argomento fossero disponibili. Sono leali però quando si rivolgono l’uno all’altro. Così, alcuni anni fa, in un periodo di forte pressione economica, il Congresso rifiutò la legge della “corsia veloce” che attribuiva al Presidente l’autorità per attuare accordi commerciali internazionali. Lo stesso Congresso aveva facoltà di deliberare su tale questione senza alcuna discussione e senza obbligo di fornire informazioni al pubblico. Come in altre circostanze, il Wall Street Journal fu scosso dal timore e dalla minaccia dell’insuccesso per aver solo tentato di incrinare la democrazia, diffondendo queste informazioni. Insomma, l’arma finale sembra essere proprio la popolazione, che deve essere tenuta perciò all’oscuro di tutto.
Questo è molto importante, particolarmente nelle società più democratiche, dove ancora i dissidenti sono semplicemente imprigionati o addirittura assassinati, così come avviene nei principali Stati “clienti” di aiuti militari
Così come ha bisogno di nemici deboli e stremati a cui dichiarare guerra e con cui occorre vincere! Obiettivi arbitrari e fasulli scelti con menzogne storiche come la falsa connection tra Bin Laden e Saddam o i mai trovati laboratori segreti delle armi di distruzione di massa irachene. In questo modo la dottrina americana obbliga il resto del mondo a difendersi dall’ingerenza Usa con una continua corsa agli armamenti nucleari. L’ordine mondiale si fonda sul terrore, la sopravvivenza del pianeta è oggettivamente a rischio. La causa è proprio la dottrina americana, vero fattore destabilizzante, sotto le spoglie di garante della libertà.
La guerra contro l’Iraq ha dimostrato che le grandi istituzioni internazionali odierne non sono in grado di determinare una linea politica planetaria fondata sulla pace perché non sanno opporsi alla potenza americana.
Volete capire l’Iraq? Facile. Un mostro sanguinario appoggiato dal governo statunitense ha smesso di eseguire i comandi di Washington. Quindi Washington ha attuato la rappresaglia. Panama? Stessa cosa. Volete capire l’Indonesia e le Filippine? Facile anche questo. Mostri sanguinari appoggiati dal governo statunitense hanno eseguito i comandi di Washington. Qualunque schifezza avvenga, troverete mostri sanguinari al lavoro. A volte sostenuti dal governo statunitense, a volte no. Volete fermare le brutture? Sbarazzatevi dei mostri e fate pressione sulle élites degli Stati Uniti.
I manifestanti se la prendono tanto contro il FMI e la Banca Mondiale perché sono componenti cruciali della burocrazia internazionale che cerca di amministrare il pianeta nell’interesse del potere privato. Perché hanno avuto un
Noam Chomsky
Fonte: http://www.nuovimondimedia.org
Si può sperare che gli USA cambino radicalmente la loro politica estera?
Gli USA hanno fatto leva sulla rabbia, sulla paura della gente e sul suo risentimento, fattori necessari per poter rafforzare il sostegno all’attacco terroristico. Fattori necessari anche per rafforzare ciò che contraddistingue la leadership americana: la militarizzazione e l’attacco alle politiche sociali. Ci si deve ancora aspettare tutto questo. Gli attentati e l’escalation della violenza che tutto questo genera tendono a rinforzare il sopravvento degli elementi più brutali e repressivi di una società. Ma non c’è niente di inevitabile. Ci si può sempre liberare dalla sottomissione a questo stato di cose.
Cosa è cambiato nel mondo dopo l’11 settembre?
In questi anni gli USA hanno praticamente sterminato le popolazioni indigene, conquistato metà del Messico, sono intervenuti violentemente nelle aree circostanti, hanno conquistato le Hawaii e le Filippine (ammazzando centinaia di migliaia di persone) e, nel corso di una buona metà del secolo scorso, hanno aumentato lo sforzo per dominare gran parte del mondo. Il numero delle vittime è colossale. Per la prima volta, le armi si sono rivolte nella direzione opposta. Lo stesso si può dire, anche più drammaticamente, dell’Europa. L’Europa ha sofferto distruzioni immani a causa di guerre interne, conquistando nel frattempo altri mondi con estrema brutalità. Non è stata attaccata da vittime esterne ad essa, con rare eccezioni (l’IRA in Inghilterra per esempio). È dunque naturale che la NATO chiami tutti a raccolta per sostenere gli USA. Centinaia di anni di violenza imperialista hanno un enorme impatto sulla cultura intellettuale e sull’etica. È corretto dire che questo è un evento nuovo nella storia del mondo, non per l’entità dell’orrore – deplorevole – ma per l’obiettivo. Come l’Occidente deciderà di reagire, è una questione di vitale importanza. Se i ricchi e i potenti scelgono di tener fede alle proprie tradizioni secolari intrise di violenza, contribuiranno all’escalation della violenza, in una dinamica a loro purtroppo familiare, con conseguenze che a lungo termine potrebbero essere terribili. Questo non vuol dire che sia inevitabile. Una fetta di persone in seno alle società più libere e democratiche possono indirizzare le politiche verso una dimensione più umana e onorevole.
Quale futuro?
Parliamo di noi stessi, dei valori morali e intellettuali delle comunità privilegiate in cui viviamo. Se non ci piace quello che vediamo, se ci guardiamo onestamente nello specchio, in quanto componenti di èlite del mondo, troveremo il modo fare qualcosa. La verità, però, è che l’Occidente non vuole vedere...