Il diritto alla pace
Ricominciamo daccapo. Ricominciamo dal luogo che è stata la culla della civiltà degli incontri, del dialogo, delle religioni, una grande ricchezza anche per la storia della nostra Italia. Ricominciamo dalla spina dorsale, dal midollo di questa realtà. Se ci possiamo interrogare sulle origini della nostra civiltà e se ci possiamo legittimamente chiedere se esse pongono le proprie radici nel Sud, dobbiamo anche necessariamente porci il problema del rapporto tra questo Sud del mondo e il Nord di cui anche noi facciamo parte.
La parola giustizia è intrinsecamente legata alla dignità della persona umana e ai suoi diritti. Cosa ha da dire questo Nord sulla fame? E sull’acqua o la malattia e la sanità? E sulle guerre? Guardiamo l’Africa… Ci sono giovani che non hanno conosciuto pace da quando sono venuti al mondo. Non hanno conosciuto nulla, eppure sono esseri umani che hanno diritto alla stessa nostra dignità.
Risorgere senza guerra
Vogliamo risorgere? Credo che questo sia il quesito forte che si nasconde o che risalta dietro la parola Mediterraneo. Siamo disposti a dire un no alla guerra senza eccezione alcuna? Siamo disposti noi per primi? Sono disposti a farlo gli altri Stati? Esiste solo una risposta di fronte alla possibilità di risorgere: non esiste una guerra giusta. Sono due termini antitetici e incompatibili tra loro. Siamo disposti allora a dire un no senza eccezione alcuna a questa nuova teoria della guerra preventiva? La guerra preventiva è guerra di aggressione. Ed è peraltro cosa ben peggiore del tentativo di farsi ragione da sé. Siamo disposti a condannare la guerra sotto ogni sua forma? Sul piano europeo, non vi è stato il più piccolo tentativo di dire no alla guerra. Non si è avuto neppure il coraggio di ricordare l’armonia contenuta nel primo articolo della proclamazione dei diritti dell’uomo, del dicembre 1948, frutto dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Con la stessa armonia si poteva scrivere: ogni essere umano ha diritto alla pace.
Il diritto alla pace è di una chiarezza assoluta. Noi parliamo di diritto alla sicurezza: ma può esistere una sicurezza senza pace? L’unica sicurezza senza pace è la garanzia di una stanza posta 100 metri sotto la terra, blindata, utile in caso di guerra atomica. E questa la sicurezza che vogliamo per ogni cittadino? È pensabile? Quando si parla di sicurezza si parla della possibilità di vivere non escludendo ogni male, perché è inverosimile, ma dando le maggiori garanzie possibili ai cittadini.
Ricordiamo che è in atto una guerra. Una guerra cominciata con una delle nefandezze peggiori che un uomo politico potesse compiere. Una guerra iniziata con una dichiarazione falsa e bugiarda, proclamata con la coscienza che era falsa e bugiarda. Lo ha ammesso il presidente degli Stati Uniti e poi il premier inglese. A questa mia osservazione alcuni potrebbero replicare che comunque lo stesso presidente è stato poi rieletto. Non credo che il voto rappresenti un detersivo che elimina le proprie responsabilità. Il voto non è un detersivo, ma è ben altra cosa.
Ricordo i morti…
La libertà, la giustizia, la verità possono essere portate con le armi? Con la guerra? Con la violenza? È mai pensabile? L’unica arma che è concesso adoperare si chiama dialogo. Pio XII disse: “Nulla è perso con la pace, tutto si perde con la guerra.” Chi ha vissuto la guerra del 1940-45 può ricordare se quel “tutto” non sia spaventosamente vero. Che cosa ha detto Benedetto XV, il cui nome è risorto con il nuovo pontefice Benedetto XVI? Mi ricordo che quando ero a scuola finiva la guerra del 1915-18 e a quei tempi lo studio su questo capitolo nero della nostra storia non era invenzione. Perché si parlava di 600 mila morti.
Quando si va sulle nostre montagne e si trovano dei cippi che ricordano gli alpini che sono caduti, in un Paese che conta 600-700 abitanti (e a volte anche meno), 15-16 alpini morti vogliono dire una generazione stroncata, un mondo di donne sole che non ha avuto un uomo accanto neanche per un giorno nella vita.
Nell’incontro di armistizio, e quindi nel trattato di pace, non siamo stati capaci di far valere i 600mila morti. Credo di essere stato il primo rappresentante di Governo, sottosegretario, nel 1954, con il presidente Scelba, a essere andato a Trieste. Sono andato da straniero. Ho bussato per essere ricevuto, come chi non aveva titolo alcuno se non di straniero in quella che era la casa propria… “L’inutile strage” di Benedetto XV, di fronte ai 600 mila morti nostri e a tutti i milioni di morti degli altri popoli, noi la ricordiamo bene. Quella guerra e tutte le successive costituiscono voci
Don Tonino Bello
La Costituzione europea sembrerebbe un tema a se stante ma merita, proprio a questo proposito, qualche parola. Ho espresso pubblicamente il mio pensiero non favorevole all’attuale stesura della Costituzione europea e ho anche aggiunto che è opportuno votarla ora che essa è stata fatta. Confermiamola, ratifichiamola, però ricordiamo che essa è una Costituzione che non nasce dai Parlamenti che rappresentano i popoli. Nasce dai Governi. Si è chiamata la Convenzione. È stata una Commissione di persone senza alcun dubbio capaci a redigerla, ma con quale forza rappresentativa alle spalle? Soprattutto, mi sono lamentato in più circostanze del fatto che non c’è una sola parola che dica no alla guerra. E quando la Costituzione europea è stata scritta c’erano più di 30 focolai di guerra tra l’Europa, l’Africa, l’Asia. Possibile che non si abbia il coraggio di dire un no alla guerra? Il coraggio non c’è stato. Ricordo che quando la Francia di De Gaulle disse no alla CED, Comunità Europea di Difesa, fu sostenuta da De Gasperi. A distanza di tanti anni ancora si parla di un’Europa che debba dotarsi di un esercito.
I grandi nomi come Adenauer, Monnet, Shuman, De Gasperi vollero l’Europa perché la pensavano fondata sulla pace. Era un modo per porre fine definitivamente alle continue guerre. Era giunta l’ora di cercare una strada che si potesse percorrere insieme. Ancora oggi quel deciso no alla guerra, che è la radice vitale perché i popoli stiano insieme, è traballante e povero.
Il valore della Costituzione italiana
Occorre che noi portiamo nel consesso dei popoli i valori della nostra Costituzione, nata dal no al fascismo, dalle sofferenze, dalle lotte, dai morti, da tanti giovani che non sono tornati a casa per lottare pur di conquistare la libertà. La Costituzione italiana è nata come voce del popolo. È nata per interpretare esattamente la parola democrazia che, mi è stato spiegato alle scuole elementari, è un termine greco. A quei tempi non sapevo neanche cosa volesse dire greco. Mi pareva una fiaba lontana. Democrazia vuol dire governo di popolo. La maestra ci spiegò che si parlava del popolo, di quello che ha la voce primaria non di quello che va in piazza a comandare. Così è nata la nostra Costituzione ed è entrata in vigore il primo gennaio del 1948 avendo come colonna portante il Parlamento. È nata una Costituzione che mette la persona umana al centro. Questo è un principio universale, patrimonio dei cattolici e di colui che non crede, di chi è di altra religione o di chi non si riconosce in nessuna fede. La dignità della persona umana al centro. La legge fondamentale è per la persona. Ecco che la sovranità è nel popolo. Fino a quando ciascuno di noi fa parte del popolo, partecipa di una porzione di questa sovranità. Questo enorme mosaico è composto di una tessera di ciascuno che, se non usata bene, lascia un vuoto che nessuno può colmare. Quando si afferma che le riforme costituzionali non toccano i principi fondamentali si afferma il falso, perché colpiscono proprio il cuore: il peso del voto che ogni cittadino ha come partecipe di questo mosaico, di questa sovranità. Perché oggi il cittadino vota alcuni parlamentari che generano il Governo, che eleggono un Capo dello Stato con l’integrazione delle Regioni.
Ci sono ragioni ben precise perché difendiamo la Costituzione così come è stata voluta da coloro che hanno combattuto e sofferto per essa. E l’hanno fatta a tutela, a difesa, a esaltazione della dignità della persona e dei diritti umani. Contrasteremo con tutte le nostre forze e in ogni modo questo tentativo di capovolgimento assolutamente iniquo che la riforma costituzionale ci propone. Nella Costituzione sono contenuti tutti gli apporti della nostra civiltà, della nostra tradizione. Una Costituzione retta sull’affermazione del dialogo e della pace. Difendere la Costituzione e difendere la Pace è compito di tutti i cittadini. Perché il popolo italiano è il maggior garante della Costituzione. Ogni cittadino ha il dovere di difenderla fino in fondo. Perché tramite essa difende l’uomo, la libertà e la pace. Dobbiamo sentire tutti questa responsabilità.
Quando ero ragazzino mi fu detto: “Devi testimoniare i principi, devi viverli tu innanzitutto con le tue miserie, con i tuoi peccati, con la tua povertà, con tutti gli errori. Cadi, risorgi, ma devi andare avanti”. Qualche volta ho chiesto: “Ma questa testimonianza quando la devo dare?” Mi è stato risposto: “Sempre”. “E dove la devo dare? In casa, a scuola, nella professione, con la famiglia, educando i figli, facendo il magistrato, vendendo prosciutto o spazzando per strade. Dove devo rendere testimonianza?”. Mi fu risposto: “Ovunque. Sempre”.