Quale futuro per la famiglia?
Come cittadino italiano e come cristiano cerco di essere attento ai mutamenti culturali della nostra società, che sono stati veramente molto veloci e profondi negli ultimi decenni. Accanto alla famiglia e al matrimonio, le uniche cellule che garantiscono la fecondità e lo sviluppo della società umana, il primo contesto comunitario che alleva ed educa i futuri cittadini, si sono diffuse altre forme di unioni, più o meno stabili e durature. Come teologo cerco di interpretare questi “segni dei tempi” e mi trovo a scoprire una enorme “struttura di peccato”, del tipo di quelle denunciate da Giovanni Paolo II nella Sollicitudo Rei Socialis. Si tratta di una sorta di congiura suicida contro la famiglia e il matrimonio. È una congiura, perché si nota come molti traggano vantaggio dalla disunione delle coppie, dalla frantumazione delle famiglie. Lo mostra in maniera efficace il film “Casomai”: avvocati, commercialisti, operatori immobiliari, pubblicitari, psicologi, consulenti e via dicendo, prosperano sulle ceneri della famiglia. La ritengo però una congiura suicida, perché non abbiamo ancora saputo inventare un altro ambito comunitario che offra futuro alla società come fanno la famiglia e il matrimonio. Questa modo di pensare e di agire dipende forse dall’accentuato senso dei diritti personali rispetto a quelli che sono i doveri della persona. Si parla molto di “realizzazione personale”, che va però spesso a scapito del partner, della famiglia, del bene comune. Lo Stato con le sue espressioni locali deve garantire di più il matrimonio e la famiglia e non incoraggiare forme di ipocrisia come quella vigente in Provincia di Bolzano, per cui conviene sposarsi solo dopo aver ottenuto il mutuo agevolato per la casa, altrimenti i redditi cumulati sono troppo alti per averlo. E anche le famiglie numerose non si può proprio dire che siano sostenute con convinzione. Ricordo per tutte la copertina di un noto settimanale che titolava a caratteri cubitali: “Un figlio? 240.000 euro!”, quantificando in questo modo il costo esorbitante che avrebbe l’educazione di un figlio dalla nascita al termine dell’università.
La maggior tutela della famiglia deve andar di pari passo con una regolamentazione giuridica anche di altri tipi di unioni, senza però generalizzare in maniera indiscriminata. È utile che alcune persone possano stringere un PACS (Patto civile di solidarietà). Ciò non deve però condurre a facili equiparazioni indebite con la famiglia e il matrimonio. In un convegno a Bolzano nel novembre 2004 criticavo l’on. Franco Grillini, promotore della Legge sul PACS, perché parlava di questo nuovo istituto come di un “nucleo famigliare” o anche di un “diritto degli omosessuali ad accedere all’istituto famigliare o a uno simile”: sono espressioni che indicano una confusione terminologica – o ancor più ideologica – che non permette di vedere nella giusta luce tale nuova ipotesi. Il PACS sarà veramente un istituto civile se saprà garantire la dignità delle persone, non se aprirà la via ad ambigue equiparazioni con la famiglia e il matrimonio, portando ad es. alla adozione di bambini da parte di coppie gay. Non si intende discriminare persone con orientamento omosessuale: non sono peccatori, come sosteneva erroneamente l’on. Buttiglione a una commissione del Parlamento europeo; non sono tuttavia in grado di siglare un matrimonio e costituire una famiglia e ciò va ribadito per chiarezza terminologica e di civile convivenza. Il PACS si rivolge ad adulti, non è aperto alla generazione della vita, per cui non si potrà ipotizzare per questo istituto la medesima tutela prevista per la famiglia, come ha correttamente affermato l’on. Prodi.
Insomma, anche sulla scia di una recente dichiarazione dell’Istituto per la Giustizia, la Pace e la Salvaguardia del Creato di Bressanone (espressione della chiesa locale di Bolzano-Bressanone), ritengo fermamente che la famiglia debba essere sostenuta con più coraggio e decisione, fermo restando il diritto a prevedere e normare altre forme di mutua assistenza, purché non vengano confusi nomi e ruoli.