NUCLEARE

Temere Teheran

Un’altra guerra si sta preparando. All’Iran. Capo d’accusa: detiene l’arma nucleare. La realtà è un’altra. I Paesi che hanno la coscienza molto sporca sono diversi.
Nel Medio Oriente ma anche in Europa.
E di armi nucleari se ne stanno preparando troppe. Dappertutto.
Angelo Baracca

L’Iran e la Corea del Nord costituiscono oggi (come ieri l’Iraq) i pretesti per mantenere le armi nucleari e per le losche manovre di Washington in due aree strategiche. Con questo non neghiamo che i due Paesi possano rappresentare dei rischi: ma questi esistono in conseguenza della politica degli Usa e di Israele, e in ogni caso devono venire provati. Basti una considerazione: non sono certo rischi tali da giustificare il mantenimento di 9.000 testate nucleari, il rifiuto di rispettare gli obblighi di disarmo nucleare, e l’edificazione della difesa antimissile!
I problemi dei due Paesi sono completamente diversi. È noto che la Corea del Nord ha ripreso l’attività nucleare ed è uscita del Trattato di Non Proliferazione (TNP) quando Washington non ha rispettato gli impegni presi e ha assunto un atteggiamento minaccioso. C’è da meravigliarsi se Pyongyang ricorre al ricatto nucleare per non essere schiacciata? Nell’area si gioca una partita ben più pesante e densa di pericoli. La Corea non sarebbe comunque in grado di colpire il territorio degli Usa, i quali ne fanno invece un ulteriore pretesto

Il programma dell’Atomo per la Pace, lanciato nel 1953, aprì un vero supermercato della proliferazione, in cui la Casa Bianca, aggirando anche le leggi federali e la volontà del Congresso (con triangolazioni attraverso altri Stati), esportò programmi nucleari e illuse una serie di Paesi di dotarli di armi nucleari, per attirarli nella propria orbita. Come scrive una studiosa francese: “Così, la logica infernale della dissuasione nucleare conduceva gli Americani a dotare l’India della bomba atomica perché non fosse minacciata dalla Cina; a fornire un’arma nucleare al Pakistan perché si proteggesse dall’Afganistan; a rafforzare il potenziale nucleare della Cina perché non fosse aggredita dai sovietici; a fornire la bomba atomica a Taiwan per bilanciare la potenza della Cina; a fornirla al Giappone per proteggerlo dalla Cina, dalla Corea del Sud e dalla Corea del Nord; a fornirla alla Corea del Sud per metterla al riparo dalla Corea del Nord”.
D. Lorentz, Affaires Nucleaires, Parigi, Les Arénes, 2001
per costruire la megalomane e destabilizzante difesa antimissile. E, mentre fanno la voce grossa con la Corea, alimentano invece i crescenti fermenti militaristi del Giappone, e non si oppongono alle sue ambizioni di dotarsi di armamenti nucleari, per accerchiare e isolare il gigante cinese (faranno una guerra preventiva?).

Chi c’è dietro?
Quanto al Medio Oriente, i veri fattori destabilizzanti sono l’arsenale di Israele e la sua politica aggressiva. Ci sarebbe da stupirsi se l’Iran nutrisse ambizioni nucleari militari? Naturalmente non potremmo che essere fermamente contrari. Ma come stanno le cose? (Va da se che fare il punto non implica nessuna adesione al regime politico iraniano). Se Washington è così preoccupata dei progetti di Teheran, perché il neo-ambasciatore Bolton pretende di eliminare dal documento del Vertice dei Capi di Stato dell’Onu qualsiasi riferimento all’obbligo del disarmo nucleare e all’estensione delle Zone Libere da Armi Nucleari? Sono gli Usa e Israele a rifiutarsi di considerare la proposta di fare del Medio Oriente una di queste nuove Zone, cosa che eliminerebbe qualsiasi problema nucleare e alleggerirebbe enormemente le tensioni nell’area.
Sarebbe bene ricordare anche che fu Washington ad alimentare le illusioni nucleari iraniane, proponendo un faraonico piano nucleare allo Scià di Persia. Quando questi divenne un personaggio scomodo, furono gli Usa e la Francia a preparane il rovesciamento: ma Khomeiny non si rivelò più malleabile. Si aprì così uno dei decenni più convulsi e intricati del dopoguerra, in cui la questione nucleare giocò un ruolo centrale: dagli ostaggi americani del 1979 come pressione di Teheran per la ripresa delle forniture militari e del programma nucleare, alla disastrosa operazione per liberarli che segnò la fine di Carter, all’Irangate, alla sanguinosa guerra Iraq-Iran voluta da Washington, alla terribile serie di attentati della Jihad dal 1984 al 1990. Così Teheran mantenne una partecipazione indiretta al 10 % nel Consorzio europeo Eurodif di arricchimento dell’uranio: sarà anche per questo che oggi l’Europa fa la voce grossa? Anche il balletto attuale attorno alla cooperazione di Mosca per il completamento della centrale nucleare di Busher è una grande mistificazione.

Chi viola il TNP?
Ma che cosa c’è di illecito nei programmi attuali di Teheran? Il punto fondamentale è che l’Iran aderisce al TNP e accetta i controlli della IAEA la quale, pur essendo presumibilmente sottoposta a enormi pressioni, dichiara che per ora il Paese non porta avanti programmi militari. L’Iran risulta quindi in perfetta regola, fino a prova contraria. L’Art. IV del TNP stabilisce infatti che (corsivi nostri) “1. Nulla in questo Trattato sarà interpretato in modo da compromettere l’inalienabile diritto dei Contraenti di sviluppare la ricerca, la produzione e l'uso dell'energia nucleare per scopi pacifici senza discriminazione […]. 2. Tutti i Contraenti si impegnano a facilitare, e hanno il diritto di partecipare nello scambio più pieno possibile di attrezzature, materiali e informazione scientifica e tecnica per gli usi pacifici dell'energia nucleare. I Contraenti in grado di farlo coopereranno anche a contribuire […] all’ulteriore sviluppo delle applicazioni dell'energia nucleare con scopi pacifici, specialmente nei territori degli Stati non-nucleari Contraenti, con la dovuta considerazione delle necessità delle

L’Ira attraverso la lettura
Negli ultimi anni, romanzi e fumetti ci hanno aiutato a conoscere l’Iran. Spesso parlano di donne, voci silenziose che non possono più tacere, che raccontano per raccontarsi. Dal famoso Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi (ed. Adelphi), in cui la letteratura è strumento di libertà, agli stupendi libri a fumetti di Marjane Satrapi, (ed. Sperling & Kupfer), che con il tratto greve dei suoi personaggi ha illustrato la storia del suo Iran e della sua presa di coscienza femminile e politica.
Persepolis, il fumetto uscito recentemente in due volumi, è semplicemente fantastico se si vuole iniziare a conoscere e capire qualcosa di questo Paese lontano non solo geograficamente. In Pollo alle prugne, attraverso la struggente storia di un musicista iraniano, la Satrapi narra della costante precarietà del suo Paese in equilibrio tra tradizione e modernità.
Bijan Zarmandili, è invece un autore iraniano trasferitosi da giovane in Italia.
Anche lui affida la sua storia a una donna. La grande casa di Monirrieh (ed. Feltrinelli) parla di donne, di Zahra – la protagonista – e dei suoi sogni, della sua libertà pagata cara, del dolore di amori incompiuti. Un romanzo che parla, soprattutto, del silenzio delle donne che circondano Zahra. Donne senza nome. Una madre che sogna per lei la normalità di una vita che scorre sui binari del “così accade per tutte”. Donne povere, sole, costrette alla prostituzione per poter sfamare i propri figli, ad aborti clandestini disumani per un fanatismo religioso che condanna la libertà di potersi semplicemente innamorare ma che nel contempo offre gli espedienti giusti per chi approfitta delle donne in nome di un dio che condanna la donna e perdona e comprende l’uomo.
È anche storia di uomini quella di Zahra: il padre presto scomparso, quello adottivo che la apre verso una libertà più grande; il suo primo amore, incapace di sceglierla fino in fondo; il marito, il figlio in esilio, il giovane amante al quale si abbandona per sopravvivere all’indifferenza del marito.
In filigrana, la storia dell’Iran descritta dalle svolte politiche e sociali, quella occidentale dello scià, quella del ritorno all’islam puro di Komehini; la geografia del Paese: le città e i paesaggi che fanno da sfondo alla vita di Zahra il monte Alborz che rappresenta il fluire naturale del tempo.
Poi la casa, quella grande casa in cui si consuma la quotidianità di rapporti che lacerano nel profondo.
Agata Diakoviez
aree in via di sviluppo del mondo”. Per le ispezioni l’Art. III.3 stabilisce che: “[…] Saranno effettuate in modo da conformarsi con l’Art. VI di questo Trattato [che stabilisce l’impegno, disatteso, al disarmo nucleare! N.d.A. ], e da non ostacolare lo sviluppo economico e tecnologico dei Contraenti o la cooperazione internazionale nel campo delle attività nucleari pacifiche, compreso lo scambio internazionale di materiale e attrezzature nucleari per il trattamento, l’uso o la produzione di materiale nucleare per scopi pacifici […]”
Per quanto se ne sa, quindi, a tutt’oggi l’Iran sta esercitando un suo pieno diritto, che tutti gli aderenti al TNP dovrebbero addirittura favorire. Certo, la tecnologia di arricchimento dell’uranio è dual use: ma questo non può essere vero solo quando fa comodo. Chi si è scandalizzato quando il Brasile di recente l’ha realizzata, né quando si è saputo che la Corea del Sud ha eseguito esperimenti in tal senso in gran segreto? Senza dimenticare come lo shock dei test nucleari dell’India e del Pakistan del 1998 sia passato così in fretta che Washington ha stipulato recentemente un accordo storico sul nucleare “civile” proprio con Nuova Delhi: che, si noti, a differenza dell’Iran non aderisce al TNP, non ha quindi le ispezioni della IAEA, e proprio da quel nucleare “civile” ha realizzato il proprio arsenale! Invece l’accordo nucleare dell’Iran con la Russia è un ulteriore pretesto e non comporta nessun rischio, poiché l’uranio debolmente arricchito sarà rigorosamente conteggiato, e il combustibile esaurito restituito, sotto il controllo della IAEA.
Chi sta violando il TNP? Si guardi chi va a trattare con Teheran per conto della UE. Gran Bretagna e Francia sono, loro sì, in flagrante violazione dell’Art. VI del TNP, non avendo ottemperato agli obblighi di disarmo nucleare! Londra dal 1970, Parigi appena dal 1992 (ma ha programmi ufficiali almeno per i prossimi 40 anni). Quanto alla Germania, possiede enormi quantitativi di plutonio e il know how per realizzare testate nucleari in tempi brevissimi: altro che i 10 anni che impiegherebbe Teheran! È come se mafiosi manifesti giudicassero un sospetto di mafia!
Semmai l’Iran potrebbe avere realizzato la bomba partecipando al programma pakistano: ma anche la Germania la realizzò collaborando con il Sudafrica, il cui arsenale fu poi smantellato da Mandela. Oggi la fabbricazione di una testata nucleare non è più un’impresa così complessa (vi sono più di 40 paesi ritenuti in grado di farlo), mentre più difficile appare la strada per dotarsi del materiale nucleare necessario: occorre mettere a punto il processo di arricchimento dell’uranio (come fece il Pakistan), oppure ritrattare il combustibile esaurito dei reattori per estrarre il plutonio che viene prodotto nel corso della reazione a catena (come fece l’India). Ma il controllo sugli usi militari di questi processi spetta alla comunità internazionale, attraverso la IAEA, e non ai “gendarmi” Usa o UE (Germania e Giappone sono, appunto, pieni di plutonio). Certo l’UE deve evitare che Washington scateni un’altra guerra contro l’Iran, ma deve farlo in modo esplicito e non avallandone il pretesto. E deve imboccare la strada dell’eliminazione totale delle armi nucleari.

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