Vuoi che andiamo a strappare la zizzania?

23 dicembre 2005 - don Fabio Corazzina (coordinatore nazionale di Pax Christi)

Corrono giorni, quelli di questa modernità postcristiana che trova casa dentro e fuori la chiesa, in cui sembra che nessuno di noi possa sottrarsi alla impellente necessità di dividere il mondo, di dividere l’umanità in buoni e cattivi, in bene e male. È il virus terribile della paura che giustifica ogni gesto e ogni violenza, ogni limitazione della libertà e della corresponsabilità in nome della sicurezza e del controllo. È il virus terribile di chi confonde clonazione e generazione, di chi non contempla l’incontro con l’altro per dare vita. È il virus terribile che genera sospetto, che genera diffidenza, che genera divisione. È il virus terribile che genera i nemici, che genera gli avversari, che genera le ragioni e i dogmi che calpestano l’umano e che calpestano Dio stesso, quel Dio che si è fatto uomo e ha condiviso con noi la costruzione di un mondo nuovo e di una terra nuova.

Corrono giorni, quelli del Natale, in cui più che la dolcezza e l’intimità del bambino nella culla, celebriamo la travolgente verità di un Dio che si riveste di carne e soffre, gioisce, ama, condivide le sconfitte, sogna approdi nuovi; di un Dio che si trova subito braccato da re e gerarchi, da dottori della legge e sacerdoti del tempo, preoccupati e spiazzati della sua ingenua trasparenza; di un Dio che camminando sulle strade del quotidiano sente e condivide l’intimità più profonda delle donne e uomini incontrati, che si sentono giudicati più che amati, e vuole farsi voce delle loro domande: perché io, con il mio amore e il mio matrimonio difeso in tutti i modi ma fallito, sono posto fuori? Ho cercato verità e la verità non mi ha liberato, mi ha condannato? Perché preferite e date appoggio alle facciate e non vi meravigliate più della bellezza di chi non si accontenta ma cerca, cerca, cerca? Perché la mia diversità mi relega? Perché la mia omosessualità è scandalo? Perché il mio essere donna chiude troppe strade, nonostante sorrisi e ammiccamenti? Perché la mia appartenenza religiosa diversa mi allontana dal vostro cammino; io volevo solo vivere con voi il pellegrinaggio verso l’umanità, verso Dio? Perché, perché, perché …

Corrono giorni in cui in nome della pace si giustificano gli eserciti, in nome della libertà si limitano le libertà, in nome della lotta al terrorismo si ritorna a giustificare la guerra (non giusta ma giustificabile), in nome della speranza si comprano i sogni dei popoli, in nome del dialogo ci si arrocca sulle verità, in nome dell’identità si sospetta della diversità, in nome della sicurezza si militarizza il territorio e ci si riarma, in nome della difesa si ridicolizza la nonviolenza. Corrono tempi così fatti, in cui la fatica di ammettere alcune responsabilità ci mette l’uno contro l’altro. Tempi in cui un comunicato stampa sulla Marcia della Pace di fine anno a Trento dal Titolo “Precisazioni in merito ad alcune dichiarazioni riportate dai media” dice che qualcuno “alimenta ad arte alcune polemiche prive di fondamento”, genera equivoci per un “modo improprio di procedere”, perché si è ritenuto di “avere la responsabilità dell’iniziativa”, e che sono “fuori luogo ogni altra interpretazione e ulteriori affermazioni che volessero accreditare inesistenti prevaricazioni”. Non continuo, ma devo dire che ho trovato il linguaggio duro, distaccato, quasi intimidatorio e, scusate, lontano da quello che è accaduto. Mi dispiace, io sento la corresponsabilità di questa iniziativa, fin dall’inizio ho partecipati agli incontri organizzativi, così come tutti coloro che a diverso titolo, come appartenenti a Pax Christi o ad alcune realtà locali di Trento, Bolzano e Rovereto, hanno collaborato alla sua realizzazione. Pensavo che questo dovesse essere motivo di gioia, come lo è stato per me: finalmente qualcuno che si prende a carico le situazioni, che si appassiona, ci soffre, ci mette del suo. Forse non ci si è capiti, forse la paura di essere attaccati ha prevalso sulla meraviglia, forse quella cultura del sospetto che inizialmente citavo ci ha travolto, anche come chiesa.
Bene, che fare? Io una proposta l’avrei. Visto che il pesante comunicato stampa è stato emesso dalla sala stampa della CEI, credo sia giunto il tempo dei volti e dei nomi (una bella metodologia nonviolenta), non dei comunicati o dei messaggi a distanza, che non ci aiutano più a chiarire. I giorni precedenti la marcia della pace come movimento (Pax Christi) a Trento viviamo un convegno dal Titolo “Infaticabili provocatori di nonviolenza, il nesso fra le “grandi” e le “piccole” scelte”, invitiamo mons Giuseppe Betori a stare con noi e aprire un dialogo sereno, sincero e fruttuoso sul tema dei metodi e contenuti della corresponsabilità nella Chiesa. Sarà un modo per celebrare insieme, proprio a Trento, la grandezza del Concilio Vaticano II. Sarà anche l’inizio di un contributo che come movimento di pace vogliamo offrire al prossimo Convegno Ecclesiale di Verona. Incontrarci vorrà dire anche prepararci a camminare insieme la notte dell’ultimo dell’anno e gustare affaticati ma gioiosi dell’alba della pace, invocata nella preghiera. Ecco perché speriamo che non manchiate: in fondo la Marcia proposta da Pax Christi è stata fatta propria e promossa dalla Chiesa italiana, dalla Caritas e dalla Diocesi di Trento. Insieme sulle vie della verità e della pace, volto a volto, mano a mano, passo a passo. C’è bisogno di questo, nient’altro che di questo. E sulla strada non c’è passo insignificante, non c’è passo più importante, c’è solo un “popolo in cammino”, l’augurio del Concilio Vaticano II.
Una parola poi per Antonio Papisca e Arturo Paoli, amici e competenti costruttori di pace, costantemente capaci di coniugare la forza del diritto internazionale e umanitario e del vangelo della giustizia e della condivisione, e sempre disponibili a un fecondo confronto e a una proficua collaborazione. Li ho sempre considerati maestri e oggi ancora di più. Grazie Antonio, grazie Arturo. Spero di incontrare anche voi alla marcia. Ancora una volta ribadisco il problema non sono le persone chiamate, e come potremmo permetterlo, ma il metodo, che, onestamente devo dire, in questo caso non ha funzionato.

Io sono figlio di contadini, la terra è mia madre, e la terra mi ha insegnato tanto in termini di fatica, di pazienza, di cura e di attesa. Anche Gesù la cita spesso. Vi ricordate il passo “dell’uomo che aveva seminato buon grano nel suo campo, ma il nemico di notte vi seminò la zizzania”. C’è un campo che è questo mondo, l’uomo, la società, la chiesa stessa, un campo di ombre e luci, di speranze e delusioni, di buon grano e di cattiva zizzania. C’è un campo che è la nostra vita, la nostra storia, la nostra realtà in cui si intrecciano le radici del bene e del male. I servi del potere o del padrone, convinti di fargli un piacere corrono e si rendono disponibili: “Vuoi che andiamo a strappare la zizzania? Ci pensiamo noi!” Ma la risposta è altrettanto chiara e decisa: “No! Rischiate di strappare via anche il grano buono.” È vero! chi coltiva la terra sa che le radici si intrecciano e sa che la vittoria sulla zizzania potrebbe essere la sconfitta di tutti.
Gesù, piccolo e indifeso "padrone" del mondo e profondo conoscitore dell’intimità di ogni donna e di ogni uomo, ci invita a non fissare il nostro sguardo sulle erbacce, ma a imparare da lui che vede, coglie e gusta del grano di ogni campo. E attorno al tavolo della vita ci dice con infinito amore: non agire con violenza, rischi di creare un deserto. Lo puoi anche chiamare pace, ragione, verità, tradizione, legge, dogma, … ma è solo un deserto, una messe di sconfitte.

Buon Natale ai cuori inquieti, alle menti contorte, alle vite spezzate, ai sorrisi travolgenti, ai silenzi pieni di meraviglia, alle urla inquietanti, ai piccoli pieni di futuro e ai grandi pieni di paure. Buon Natale a tutti coloro che in ogni angolo della terra, donne e uomini, piccoli e grandi, potenti e deboli, sapienti e studenti, profeti e scontati, credenti e non credenti, cristiani e non cristiani, si sentono e si desiderano “amici del genere umano”.
Tenero e giocoso Re del mondo, Signore della vita che chiedi solo di essere accolto e abbracciato insegnaci che unicamente “la verità ci farà liberi”.


“Credo che la lunga lettera di don Fabio esprima bene la gran fatica che lui ha fatto in questi mesi per poter giungere ad una buona organizzazione e ad un buon programma per la marcia e per il Convegno. Le mediazioni, alle volte molto difficili, sono state molto faticose. Lo ringrazio per quanto ci ha fatto condividere e accolgo tutti i suoi inviti e le sue riflessioni che faccio anche miei. Pensavamo di essere giunti alla definizione del programma della marcia per la pace, quando i Vescovi si sono riuniti ad Assisi, per l’assemblea nazionale a metà Novembre. In quella sede il Vescovo di Trento Mons. Bressan, il Vescovo presidente della Commissione C.E.I. Mons. Miglio, il Vescovo Mons. Montenegro presidente della Caritas de io avevamo accolto il programma dei relatori presentato dal tavolo di lavoro più volte riunitosi a Trento. Evidentemente non era così, visto le tante polemiche che ci hanno accompagnato fino ad oggi.

Faccio mio l’invito di don Fabio a partecipare alla marcia, anche per essere maggiormente i testimoni di una nonviolenza che ci appartiene e su cui vogliamo sempre riflettere, cercando le vie per attuarla. Il mio desiderio ed il mio augurio è che tutti possiamo donare la nostra vita, nella Chiesa,per affermare questo ideale. Con questo proposito continueremo a vivere e ad amare questa Chiesa, questa dei nostri giorni e dei nostri tempi, Don Milani insegna, senza alcuna riserva.”


Buon Natale a tutti.

+Tommaso Valentinetti

Presidente Pax Christi Italia

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