Dire 'sporco negro' e' un reato, perseguibile penalmente
ROMA - Dire 'sporco negro' indica senza alcun dubbio un atteggiamento finalizzato alla discriminazione, all'odio etnico o razziale, e per questo perseguibile penalmente. Lo ha ribadito la quinta sezione della Corte di Cassazione che ha respinto il ricorso di un uomo di 60 anni condannato dalla Corte di Appello di Trieste per aver detto "via di qua, sporca negra" a una bambina nera di 6 anni, in un luogo pubblico e in presenza di altre persone. La sentenza segue di pochi giorni il pronunciamento della stessa sezione che, invece, ha confermato il proscioglimento di una donna che aveva replicato con 'negro di m.' a un collega di lavoro extracomunitario, rimproverato per essere arrivato tardi, che le aveva detto 'sei cattiva, ce l'hai con me' augurandole anche 'del male per la sua famiglia'. Il sessantenne ha presentato ricorso contro la condanna a 1.200 euro di multa e al pagamento di 3.500 euro per ingiuria aggravata, ritenendo "erronea" l'applicazione della legge (205/93) perche' la frase, a suo giudizio, non denotava alcuna discriminazione razziale, "per il contesto in cui era stata detta, i precedenti e la stessa indole del ricorrente". Ricostruendo l'accaduto, inoltre, l'imputato aveva detto di essere stato vittima di un'ingiustizia da parte degli abitanti del suo quartiere, tra i quali il genitore della bambina. Ricostruendo il valore semantico delle parole 'sporco negro', anche con esempi storici e linguistici, la Suprema Corte ha evidenziato che "il riferimento, gratuito con questa parola al pigmento dell'offeso, assume significato intrinsecamente discriminatorio" ricordando, per esempio, che nel corso degli incontri di calcio "talune tifoserie apostrofano con la parola 'negro' alcun giocatore avversario, per non dire di cartelli esposti all'esterno di pubblici locali di talune città". In ogni caso - spiega il relatore della sentenza 9381, Mario Rotella - "non risulta adottata in Occidente alternativamente l'espressione 'sporco giallo', né in Africa o in Cina 'sporco bianco'". Non solo, gli 'ermellini' hanno rintracciato le aggravanti al reato di ingiuria perché si trattava di uno "spregio non occasionale dell'attributo, che si rapporta nell'accezione corrente ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola 'razza', che inquina il costume fino al punto da radicare manifestazioni di gruppo". Per questi motivi, quindi, secondo la Suprema Corte, la frase 'sporco negro' non può che avere finalità discriminatorie o basate su odio etnico o razziale: resta valida per l'imputato la condanna. Il 10 marzo scorso la quinta sezione aveva prosciolto la donna dal "reato di ingiuria aggravato dalla presenza di più persone e dalla finalità di discriminazione razziale" ritenendo che non fosse punibile 'essendovi stata reciprocità di offese ed avendo ella agito in stato d'ira', contro 'l'anatema'. Recentemente, la Cassazione ha affrontato due volte l'argomento delle offese di stampo razzista. Lo scorso 5 dicembre i supremi giudici hanno stabilito che l'espressione 'sporco negro' - detta da un italiano che sta picchiando persone di colore - non denota, di per sé, l'intento discriminatorio e razzista: potrebbe essere una meno grave manifestazione di generica antipatia per chi appartiene a una razza diversa. Il 21 dicembre la Cassazione aveva confermato la condanna a un barista di Verona che non serviva il caffè agli extracomunitari.