Il principe, la giornalista e gli alpini

28 giugno 2006 - Renato Sacco
Fonte: Manifesto
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Si è detto e scritto molto sulle vicende poco nobili di Casa Savoia.

Non voglio ritornare sulle volgarità, offese e insulti di vario genere.

Mi limito - non per questo però il mio sdegno per le offese alle altre persone è minore – a quanto il Principe avrebbe detto nei confronti di Giuliana Sgrena, della sua liberazione e dell’uccisione di Nicola Calipari.

Le parole irripetibili pronunciate – secondo le intercettazioni pubblicate – dal Principe Vittorio Emanuele e dal suo interlocutore Narducci sono di una volgarità e gravità inaudita. Come amico di Giuliana e dei suoi genitori (abitiamo nella stessa zona, in provincia di Verbania) non posso tacere la mia indignazione. Voglio esprimere la mia vicinanza e solidarietà a Giuliana, nei confronti della quale i nostri suddetti, al telefono, dopo averla ricoperta di insulti affermano che “bisognerebbe portarla in una caserma di alpini e poi darla agli alpini che se la sollazzino! e poi la buttan giù dalla montagna, morta, a pezzetti!”

Non faccio ulteriori commenti.

Credo però che chi ha pronunciato frasi del genere debba rendersi conto della gravità e avere il coraggio di chiedere scusa. Non solo come uomo, ma ancor più come credente, visto che più volte è stato nominato il nome di Dio e richiamata la profonda fede del Principe.

Proprio perché nessuno sia tentato di pensare che Dio viene usato in modo strumentale; proprio per non coinvolgere Dio nelle bassezze umane, ma per riscoprirlo capace di toccare il cuore delle persone, di trasformare il cuore di pietra in cuore di carne, credo sia doverosa, da parte del Principe, una pubblica richiesta di scuse.

E non sarebbe male se ci fosse anche un intervento da parte di qualche rappresentante dell’Esercito Italiano a restituire dignità agli alpini, non avallando un giudizio così pesante e infamante.

Anche chi come il sottoscritto è contrario alla guerra e a tutti gli eserciti, non può accettare che – pur rispettando la memoria delle migliaia di vittime delle varie guerre, costrette ad andare al fronte per ordini che non potevano discutere – un corpo militare del nostro esercito sia equiparato a una banda di stupratori e assassini. Non lo sono certamente stati gli alpini morti in Russia o in molti altri fronti. Non lo sono gli alpini che conosco oggi.

Ho ritenuto doveroso intervenire, perché il silenzio di fronte a così gravi affermazioni rischia di avallare una visione della vita e della persona che di umano non ha più nulla.

 

27 giugno 2006

don Renato Sacco

di Pax Christi

parroco di Cesara – VB

 

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