Laici contro le mafie

Vivere accanto ai testimoni giustizia è scuola di speranza. Alla vigilia del Convegno ecclesiale di Verona, l’associazione Ezechiele 37 chiede, allo Stato e alla Chiesa, una maggiore attenzione al problema dilagante delle mafie e della cultura dell’illegalità.
13 ottobre 2006 - Don Marco Natale (Ezechiele 37 onlus)


Vivere accanto ai testimoni di giustizia contro le mafie é una scuola di vita che educa a coltivare la virtù della speranza e a sperare contro ogni evidenza.
Malgrado tutte le incertezze, le riserve e i motivati timori che il Convegno di Verona si riduca a uno stanco rituale, vogliamo credere che possa segnare un punto di svolta nei rapporti tra le Gerarchie ecclesiastiche e il Paese reale restituendo al laicato credente quella dignità assegnata dal Concilio, affermata e confermata da autorevoli interventi e documenti, ma di fatto scippata negli ultimi decenni. […]
In un Paese lacerato da realtà mafiose, il problema del contrasto all'illegalità diffusa e l'educazione alla legalità é stato per alcuni preti e pochi vescovi un vero problema, ma non lo é stato come scelta di Chiesa, nonostante le vittime di questo cancro sociale siano pari a quelle di una vera e propria guerra civile. Clamoroso il silenzio e la latitanza della Chiesa nei confronti di quanti si battono eroicamente come operatori e testimoni di giustizia nella lotta e nei processi di mafia.
Come associazione che, tra le altre finalità, ha scelto di battersi al fianco dei Testimoni di Giustizia, ha incontrato e incontra ogni giorno uomini e donne che della Speranza ne hanno fatto una ragione di vita. Una speranza, troppe volte smentita dai fatti, delusa o tradita da uno Stato lento e burocratico, dove le persone diventano numeri e i drammi umani pratiche da evadere. Ma uno Stato che é pure in grado di proporre cittadini splendidi, operatori e funzionari che si battono ogni giorno con grande valore e integrità, non solo tra i Martiri ma anche tra gli operativi.
Quando l'ex ministro Lunardi affermava che con la mafia ci dobbiamo convivere, molti hanno levato grida e lamenti di sdegno, la realtà é molto più complessa e drammatica: lo Stato con le mafie ci ha sempre convissuto e, nonostante l'eroismo e la dedizione di alcuni, ci convive ancora.
Lo stesso si dica per la pace. Non c'è proporzione tra le energie profuse dalla Chiesa italiana al fianco delle forze armate rispetto a quanti si batto e si sbattono per trovare alternative alla guerra, anche alla guerra contro il terrorismo sulle cui radici, almeno la Chiesa una riflessione più seria dovrebbe farla, magari partendo dalle parole di Paolo VI nella Populorum Progressio dove poneva in maniera seria e grave il tema dell'ingiustizia planetaria e metteva in guardia dallo scatenare la rabbia dei poveri.
La nostra speranza é che al Convegno di Verona maturi nelle Gerarchie ecclesiastiche la volontà, nelle questioni politiche e sociali, di fare un passo indietro, restituendo o, quanto meno favorendo di fatto la dignità e le competenze del laicato.
Partendo da un documento della stessa Conferenza Episcopale Italiana del 1981 "la Chiesa Italiana e le prospettive del Paese"..
II documento sopra indicato unitamente agli atti del Convegno ecclesiale "Evangelizzazione e promozione umana" del 1976 tracciava le linee per una rinnovata ed efficace presenza della Chiesa e in particolare dei laici cristiani nella difficile svolta che il paese stava attraversando. Purtroppo quel documento non ebbe grande fortuna. Non ci fu saggezza e neppure coraggio pastorale da parte delle Gerarchie ma forse neppure intelligente lungimiranza da parte del laicato per attuarlo.
Eppure abbiamo segni e urgenze da non sottovalutare.
Le elezioni politiche del 2006 hanno confermato che la crescita democratica del paese prosegue incerta e contraddittoria. C'è una violenta contrapposizione ideologica tra una concezione neoliberista e una solidaristica della democrazia e dello Stato. E qui è stato sconcertante il silenzio dei cattolici sul tema del pagare o meno le tasse.
Gravissimo, a nostro avviso, l'atteggiamento assunto dalle Gerarchie ecclesiastiche di astenersi dall'esprimere un giudizio etico sulle due culture politiche a confronto sulla riforma istituzionale, sottoposta a referendum confermativo. La Chiesa non ha voluto scegliere tra una Carta costituzionale che porta tra le altre, la firma di almeno cinque uomini di cui é avviato il processo di beatificazione, e una costituzione che sembra la brutta copia del progetto eversivo di villa Wanda.
Possibile che la Chiesa non abbia sentito il dovere morale di avvertire del pericolo che la perdita del senso dello Stato alteri il rapporto tra diritti personali ed esigenze del bene comune, tra politica di governo e partecipazione responsabile dei cittadini?
Quanto sarebbe stato utile e necessario denunciare il rischio che la democrazia stia diventando sempre più formale e sempre meno sostanziale, non più in grado di garantire a tutti, in misura eguale, il rispetto dei diritti fondamentali.
Come sarebbe stato grandioso sentirci ripetere, da parte dei Vescovi, come nel 1981: "il Paese non può dare deleghe in bianco a nessuno: ha bisogno e ha il dovere di partecipare" (n 9). E come allora i vescovi ebbero il coraggio di affermare che bisognava " ripartire dagli ultimi" sarebbe stato indispensabile chiarire che oggi, più che mai, occorre ripartire dalla Costituzione perché la difesa della cultura solidale cui si ispira é il modo più efficace di tutelare i diritti delle persone meno favorite, e che la stessa Dottrina Sociale della Chiesa giudica la concezione solidaristica più coerente con i valori evangelici di quella neoliberista.
[…] Certo che si pone il problema della non ingerenza, e qui si pone con urgenza il problema di ripensare il concetto di laicità. II necessario ripensamento del concetto di laicità esige una valorizzazione piena dei cristiani laici, sia all'interno della vita ecclesiale sia nella vita sociale e politica.
[…] Questo porta inevitabilmente a invadere il campo altrui mortificando di fatto la responsabilità propria dei laici credenti e dall'altra suscitando forme di anticlericalismo fuori dal tempo e dalla storia.
Occorrono dei laici credenti e maturi, credenti e credibili. Ci sono questi laici, grazie a Dio. Se si flirtasse meno con gli atei devoti tanto ossequiosi quanto inaffidabili e si accettasse la fatica del confronto, del camminare insieme, con i laici credenti sia pure critici, a Verona ci si andrebbe con ben altro spirito.
Nel chiedere ai nostri Vescovi di fare un passo indietro nel trattare le questioni politiche e sociali, non intendiamo certo svalutare il loro alto magistero e ancor meno il loro preciso carisma, e ancor meno indica insofferenza o mancanza di affetto filiale.
Intendiamo dire che gli errori del passato recente hanno impoverito tutti, la Chiesa e il Paese e se vogliamo davvero che il Cristo Risorto sia Speranza per il Paese, sono errori da non più ripetere.

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