Saddam condannato... e noi assolti?
La
condanna a morte di Saddam Hussein sta provocando molti commenti e reazioni.
Vogliamo anche noi offrire qualche spunto di riflessione, anche per l’impegno
che da anni Pax Christi porta avanti in Iraq con il legame che ci unisce a tante
persone che ancora vivono in quella terra e che abbiamo visitato prima, durante
e dopo (?) la guerra.
Non
possiamo che condividere le affermazioni del presidente del Pontificio Consiglio
Giustizia e Pace, card. Renato Raffaele Martino: “la vita è un dono di
Dio”. Dio ce l’ha data e Dio solo ce la può togliere... In questi tempi
moderni la società ha tanti mezzi per rendere inoffensivo qualcuno che ha
commesso qualche crimine e, quindi, non c’è bisogno della pena capitale”.
Così come ci chiediamo perché “Saddam Hussein non è stato deferito al
Tribunale Penale Internazionale, che non prevede la pena di morte”.
Certamente
non possiamo condividere l’esponente della Lega, sen. Calderoli, come anche il
presidente Bush, che hanno espresso approvazione per la condanna a morte.
Affermazioni ancora più gravi perché arrivano da chi ostenta le proprie radici
e appartenenze cristiane.
Ma
oltre alla nostra condanna al regime di Saddam e la nostra condanna anche alla
pena capitale, oltre alle numerose valutazioni che si rincorrono in queste ore,
vorremmo che tutti ci fermassimo a riflettere, guardando la storia dalla parte
delle vittime.
Molte
persone in Iraq ci facevano questa domanda: “Ma l’unico modo che avete
per aiutarci è quello di vendere armi al nostro dittatore oppure di bombardarci
voi direttamente, anche con le armi all’uranio e al fosforo? Non c’è un
altro modo che non sia uccidere?”.
Quando
Saddam Hussein ordinava crimini efferati era alleato dei paesi occidentali,
Russia, Stati Uniti e anche Italia. Gli irakeni e non solo loro lo sapevano,
forse solo noi ce ne siamo dimenticati, volutamente e colpevolmente. L’Italia
ha venduto oltre 9 milioni di mine antipersona a Saddam? Che dire poi dello lo
scandalo della BNL di Atlanta, messo frettolosamente a tacere? Oppure, come
qualcuno ha scritto, quella frode bancaria non era che elemento, forse
secondario, di più vasti disegni politico-militari? E poi ancora la fornitura
di unità navali? E il famoso supercannone che era pronto per essere consegnato
a Saddam? Allora non era ancora quel ‘mostro, pazzo, sanguinario, pericoloso,
il nuovo Hilter'? Ci sembra che gli interessi il calcolo abbiano ancora una volta
il sopravvento sulla giustizia, sulla verità, sulla vita, sulla pace.
In
un mare di sangue quale è l’Iraq di oggi, l’unica cosa che non serve è
versare altro sangue e scatenare altro odio o sete di vendetta. Ogni giorno in
Iraq ci sono decine di condanne a morte (di civili e innocenti) un’altra
condanna a morte non è certo un significativo segno di novità e discontinuità
rispetto al passato e al presente.
Quanto
sangue dovrà ancora essere versato in tante parti del mondo, anche grazie alle
nostre armi, per arrivare a scoprire che si stanno compiendo massacri o
genocidi?
È
necessario allora che tutti, anche quanti giustamente condannano la pena
capitale, si impegnino a non vendere armi a chi viola i diritti umani o a paesi
in guerra. Per evitare di arrivare un giorno - quando gli interessi economici,
politici e militari cambiano - a riconoscere come pericoloso dittatore chi è
stato un alleato e amico. Come non ricordare ad. esempio, gli accordi militari
con Israele o la tragedia della Cecenia, con crimini efferati anche da parte del
governo di Mosca, a cui anche l’Italia ha venduto armi? O la luminosa idea di
togliere l’embargo delle armi alla Cina, in nome degli affari e non certo dei
diritti umani e della pace.
Il
legame e l’affetto che ci unisce a tante persone che vivono in paesi segnati
da guerre e dittature, in particolare in Iraq, ci obbliga a non essere
ipocriti… Diceva una canzone degli anni passati ‘provate pure a credervi
assolti, siete lo stesso coinvolti’.