Ci guidi l’invocazione di Paolo VI: “Mai più la guerra”
Abbiamo visto con sorpresa su La Voce del 18 febbraio – crediamo per la prima volta in assoluto nella storia pur lunga della nostra diocesi - la “Curia Vescovile” dare un “contributo alla riflessione”, nel caso sulla questione “Dal Molin”. A parte l’anonimato (che è della Curia l’articolo c’è soltanto nell’occhiello) e il titolo “No alla violenza, sì alla pace”, preso dall’ultimo messaggio di Paolo VI per la giornata mondiale della pace (1978), il sommario, sempre tra virgolette, recita: “Il pensiero costante della Chiesa circa la guerra, la pace, le forze armate”. E qui chiederemmo alla Curia un primo chiarimento, perché non ci risulta che lungo i millenni il pensiero sia stato proprio “costante”. Con una serie di citazioni, comunque, ci sembra che gran parte del testo sia dedicato alla giustificazione delle forze armate e di un certo tipo di presenza della Chiesa in esse, attraverso un documento conciliare e pronunciamenti dei Papi dal Concilio in qua. Riduttivo e di parte, se si pensa che guerra e pace e atteggiamento verso di esse attraversano tutta la storia dei cristiani. Perché non ricordare per esempio – per restare agli ultimi due secoli – la definizione, pure di un Papa, della guerra “inutile strage”, o la “Pacem in terris” di Giovanni XXIII, o il “Mai più la guerra!” di Paolo VI all’Onu, o il movimento dell’obiezione di coscienza e la vicenda di don Milani (ma certo qui non si tratta già più di magistero pontificio), a meno che non si bolli tutto questo di “pacifismo” e lo si liquidi con la citazione dello stesso Paolo VI, ultima nell’articolo. Ma le cose che più ci fanno male stanno nell’introduzione. Si parla di “allargamento” della Ederle nel Dal Molin, continuando a negare che si tratta di una nuova base. Se le parole hanno un significato, se si allargasse veramente la Ederle fino al Dal Molin, verrebbe presa dentro mezza città! Dire che la questione sta “animando il mondo politico vicentino e l’opinione pubblica” è mascherare ipocritamente una divisione lacerante nata dallo scandalo per tante cose taciute, per innumerevoli ‘false testimonianze’ e per decisioni prese sulla testa della gente e che rischiano di condizionare indelebilmente il futuro della città. Viene poi affermato: “La Chiesa vicentina, preoccupata di comprendere le ragioni dei cristiani schierati su un versante e sull’altro, ha invitato al dialogo le parti, convinta che solo questa via è praticabile per ottenere un risultato che veda accolte e armonizzate, nel miglior modo possibile, le richieste presenti nei due raggruppamenti”. A parte che ci verrebbe da chiederci chi sia questa “Chiesa vicentina” e se i “cristiani schierati” ne facciano parte o no, facciamo fatica a capire come le richieste presenti nei due raggruppamenti possano essere “accolte e armonizzate, nel miglior modo possibile”. Sì, come titolava l’articolo di fondo de La Voce del 28 gennaio, se – come pare certo – la base si farà, siamo “tutti perdenti”, per l’aria, l’acqua, il traffico, l’ambiente, di cui e in cui tutti viviamo, e per la politica stessa (che più o meno consciamente tutti facciamo), per l’umiliazione e le menzogne subite, per la ragione della forza che si impone. Ma alcuni “meno perdenti” lo sono: chi ci fa gli affari, chi conserva un posto di lavoro, chi prospera in un’economia al servizio della guerra. E vorremmo infine ringraziare la Curia (a nome anche di tanti che in questi mesi hanno cercato risposte non preconfezionate a ciò che stava avvenendo sotto i loro occhi) per la chiara descrizione di ciò che è successo: “La preoccupazione e la tensione di queste settimane hanno trovato nei mezzi di informazione un risalto comprensibile, al quale però non ha sempre corrisposto una riflessione attenta, pacata e serena, sopraffatta invece da una reazione emotiva, capace di suscitare interesse a livello informativo, ma incapace di offrire elementi precisi e chiari sui quali meditare e interrogarsi. Non solo, ma si sta correndo il rischio serio di creare confusione e di formulare giudizi gratuiti e falsi con affermazioni e posizioni che meriterebbero perlomeno precisazioni appropriate”. Sì, grazie!, ora è tutto chiaro!
Questo testo è sottoscritto dai seguenti presbiteri:
Ivan Arsego, Gaetano Bortoli, Guido Bottegal, Fabrizio Cappellari, Diego Castagna, Roberto Castegnaro, Mariano Ciesa, Luigi Fontana, Matteo Lucietto, Maurizio Mazzetto, Matteo Menini, Mariano Piazza, Ferdinando Pistore, Luigi Simioni, Gianni Trabacchin, Dario Vivian, Matteo Zilio, Vittorio Gnoato, Lucio Mozzo, Giuseppe Negretto, Luigi Villanova, Luigi Tellatin, Giampietro Todesco, Vincenzo Faresin, Graziano Lighezzolo e dai diaconi: Bruno Gasparini e Luca Vaiente.