Nonviolento perché ha rifiutato l’idolatria del potere
Josef Mayr-Nusser è una luce, per chi sa leggerne la coraggiosa testimonianza controcorrente, che ha il carattere dell’universalità, ovvero va al di là dei tradizionali confini religiosi, trovando riscontro nella sensibilità di credenti e laici insieme.
Il variegato mondo di coloro che si mettono in gioco nella costruzione di una cultura di pace, dell’uno e dell’altro gruppo linguistico sul territorio, che sentono con fierezza il titolo di pacifisti, ne onorano da tempo la memoria, ancora prima che si avviasse il processo di beatificazione da parte della chiesa locale, valorizzando annualmente l’anniversario della morte del martire bolzanino per avviare e continuare una riflessione sull’attualità dell’obiezione di coscienza ai sistemi di violenza e di guerra oggi.
Tutta la vita di questo testimone, ancora prima del gesto estremo di rifiuto del giuramento a Hitler,è stata segnata dalla passione per un impegno che possiamo chiamare anche politico, nel senso più alto della parola, la passione per la cittadinanza, diremmo con linguaggio odierno, per la giustizia e la pace, nella ricerca di un’alternativa anzitutto culturale ad un sistema violento quale il nazifascismo, allora imperante.Di qui la concretezza della ricerca di una linea controcorrente nell’associazionismo cattolico di lingua tedesca del suo tempo, motivo di continua riflessione e discussione con i suoi amici, toccando fino dal 1936, nel convegno di studi per giovani dirigenti, la problematica del ‘culto del leader che rasenta l’idolatria.
Lo scrittore e giornalista Francesco Comina, nel suo bellissimo libro ‘Non giuro a Hitler’ (ed.San Paolo), uscito 7 anni fa, riesce quasi ad immedesimarsi, con linguaggio scorrevole, e a presentare nel contesto storico, in modo documentato, il travaglio umano che deve affrontare questo testimone.
Ed è stato un travaglio comune, che hanno provato contemporaneamente nell’isolamento altre persone nel mondo tedesco, che sono oggi per molti fari luminosi: i giovani studenti della Rosa Bianca a Monaco, il pastore della chiesa confessante Dietrich Bonhoeffer, il contadino austriaco Franz Jaegertaetter, insieme a persone umili, sopravvissute, come l’artigiano sarentinese Franz Thaler, mite presenza che unisce la memoria alla speranza in tanti incontri e manifestazioni per la pace di questi anni.
La chiesetta di Stella di Renon, dove sono conservate le spoglie del martire bolzanino, è da tempo diventata tappa di pellegrinaggi di pacifisti. Il prossimo 28 aprile vedrà soffermarsi per qualche ora di riflessione il gruppo della Scuola di Pace di Boves ( Piemonte), guidato dalla Fondazione Jaegerstaetter di Trento, per un viaggio nei luoghi della memoria del mondo tedesco,passando dal nostro territorio di confine.
Il processo di beatificazione di Josef Mayr Nusser, come quello quasi contemporaneo di Jaegerstaetter, è dunque sottolineatura degli effetti di una fede profonda che può portare all’estrema conseguenza del martirio, ma tale testimonianza è luce che non può essere ristretta ai credenti, ma a tutti gli uomini e donne che cercano la pace, che rifiutano l’idolatria del potere, ai nonviolenti che colgono in lui la stessa passione politica, da cui si sentono animati, per un mondo più umano e più giusto.