Banche armate: Intesa-Sanpaolo esce dal commercio delle armi
Il Gruppo Intesa-Sanpaolo sospende definitivamente "la partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90". Lo riporta una nota pubblicata sul sito del Gruppo Intesa-Sanpaolo che sottolinea come "Intesa Sanpaolo, in coerenza con i valori e i principi espressi nel Codice Etico, ha emanato una policy che, nell’ambito dell’operatività dell’intero Gruppo nel settore degli armamenti, prevede la sospensione della partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma, pur consentite dalla legge 185/90".
"La posizione di Intesa Sanpaolo - continua il documento- è tesa ad aderire completamente allo spirito dei principi della Costituzione Italiana, che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, e a dare una risposta significativa a una richiesta espressa da ampi e diversificati settori dell’opinione pubblica che fanno riferimento a istanze etiche". Pertanto "con decorrenza immediata, le strutture territoriali e centrali del Gruppo Intesa Sanpaolo devono operare in linea con il divieto di porre in atto nuovi finanziamenti alla clientela per operazioni aventi a oggetto commercio e produzione di armi o sistemi di arma". La nota mette in risalto inoltre che "eventuali operazioni giudicate coerenti con lo spirito di “banca non armata” potranno essere autorizzate in via straordinaria dal Consigliere Delegato e CEO e saranno oggetto di informazione – per opportuna trasparenza nei confronti della comunità esterna – anche sul sito Internet della Banca".
"Un passo importantissimo perché, a fronte di politiche ben diverse dei due istituti, ha portato tutto il nuovo gruppo ad adottare la policy più rigorosa e trasparente. E di primaria rilevanza in quanto assunto da una banca, come il SanPaolo, finora fortemente attiva nel settore tanto che lo scorso anno ricopriva da sola quasi il 30% di tutte le operazioni" - commenta Giorgio Beretta della Campagna di pressione alle 'banche armate' che più di tutte si è impegnata per far adottare al gruppo Intesa-Sanpaolo una politica coerente con i principi enunciati dal suo "Codice etico". "Questa decisione dimostra inoltre - continua Beretta - come a fronte delle recenti fusioni tra diversi gruppi bancari italiani, ma anche con banche estere è possibile ed anzi necessario per i nuovi gruppi bancari ridefinire le proprie decisioni in materia di finanziamento e appoggio al commercio di armi". E' urgente, pertanto, rafforzare la pressione delle associazioni anche sugli altri istituti bancari italiani, specialmente verso quelli che si sono recentemente fusi con banche estere e che sembrano defilarsi dagli impegni finora assunti" - conclude Beretta.
La comunicazione fa seguito all'annuncio rilasciato a fine maggio da Valter Serrentino, responsabile Csr (Responsabilità sociale d’impresa) del Gruppo guidato da Corrado Passera: in un dibattito a Trento, Serrentino sottolineava che "la nuova scelta dovrebbe scattare dal 1° luglio. L’anno prossimo quindi Intesa-Sanpaolo sarà in parte presente nella lista contenuta nella Relazione della Presidenza del Consiglio al Parlamento, ma poi dovremmo rapidamente scendere".
Va ricordato che le due banche avevano politiche ben diverse in materia. Già dal marzo del 2004, Banca Intesa aveva annunciato - e prontamente attuato - la sospensione delle operazioni in appoggio al commercio di armi dimostrando come nel breve tempo di un anno è possibile ridurre e quasi azzerare le operazioni in materia: Banca Intesa, infatti, passava da operazioni per più di 97 milioni di euro nel 2003 a solo due operazioni, con Spagna e Marocco, del valore di meno di 163 mila euro nel 2005. Nel 2006 Banca Intesa è però ritornata nella lista delle 'banche armate' con operazioni per 46,9 milioni di euro. Al dibattito di Trento, il responsabile Csr di Intesa-Sanpaolo, Valter Serrentino, aveva spiegato che si tratta principalmente di un'operazione per la quale erano state rilasciate autorizzazioni e aperte linee di credito da parte della banca precedenti alla decisione del 2004, ma che solo nel 2006 è apparsa nell'elenco della Relazione della Presidenza del Consiglio.
Il gruppo SanPaolo-Imi, invece, pur avendo adottato da alcuni anni una politica di appoggio all'esportazione di armi solo verso i paesi dell'Unione Europea e della Nato, aveva visto crescere fortemente il volume di operazioni in materia tanto da raggiungere lo scorso anno oltre 446 milioni di euro convogliando a sé quasi il 30% di tutte le operazioni di incassi e pagamenti relative all'export di armi del 2006 che la classificavano come la principale tra le "banche armate".
La decisione dell'intero gruppo Intesa-Sanpaolo di porre fine alle operazioni finanziarie che riguardano "il commercio e la produzione di armi" assume quindi un grande valore per le Campagne, proprio perché riguarda un istituto ampiamente attivo nel settore. Ma anche perchè si collega ad altre istanze etiche e ambientali assunte dalla banca: si aggiunge, infatti, al Codice Etico e al Codice ambientale attraverso i quali Intesa-Sanpaolo intende manifestare "l'importanza della responsabilità sociale di impresa come parte integrante della sua strategia" e curarsi "non solo di produrre buoni risultati, ma anche del modo con cui questi risultati vengono prodotti; non solo del 'quanto', quindi, ma anche del 'come'" - spiega una nota della banca.