Non sono d'accordo
Non sono d’accordo: una "sinistra cristiana" non riceve la mia adesione e, anzi, in qualche modo mi preoccupa. Non per una complicazione della frammentazione politica o per un qualche dissenso sulle singole proposizioni della proposta.
Ma perché non si può - a mio avviso - farsi portavoce di "sinistra" senza analizzare di che cosa si parla a proposito di contesti profondamente mutati. Non sono più i tempi degli indipendenti eletti nelle liste del Pci caratterizzati dalla provenienza cattolica. La divisione patologica tradizionalmente interna a tutte le formazioni di sinistra dimostra che il superamento delle ideologie si è verificato senza attenzione alla trasformazione davvero epocale del mondo: non solo in Italia, purtroppo, le conseguenze di un abbandono della riflessione su riferimenti valoriali da definire comuni in mezzo agli orientamenti plurali delle società e nella scomparsa di leadership politiche di chiaro riferimento sono dati di realtà. Basta citare il cedimento dei governi socialdemocratici del nord-europa o della coscienza europeista in Europa.
Ma è in quanto credente che, in coscienza, ho due forti opposizioni all’uso del termine "cristiano" in politica. Se perfino i democristiani non anticipatori del berlusconianesimo (anche per molti cattolici la DC aveva rappresentato un ombrello strumentale per propri interessi non proprio in linea con i valori "popolari" di don Sturzo) sono ricorsi alla "Margherita" prima di fare . almeno in parte, una scelta coerente di laicità, non vedo ragione di rispolverare termini impropri in politica, a meno di non auspicare un’ipotesi di futura sinistra islamica o buddista.
Tuttavia l’obiezione che mi rende più intransigente riguarda la mia appartenenza di fede. È proprio la Chiesa cattolica che ha bisogno - se mai - di un approfondimento critico. Una Chiesa non può reggersi su precettistiche e divieti (ha senso dire "no alle staminali, quando siamo già alla clonazione? perché la fecondazione assistita ha indotto un presidente della Cei a violare il Concordato, mentre in tutta Europa ci sono - senza che ci siano state interferenze pesanti in quei paesi - leggi al riguardo di una pratica che è l’esatto contrario dell’aborto ?). Ormai è costume non argomentare su che cosa significhi avere fede, ma lasciare che nei fatti la tradizionale "obbedienza" venga messa da parte: va bene? accettiamo l’ipocrisia? Basta per ritenerci buoni cattolici sapere che il Papa ha detto che "Dio è amore" ( che cos’altro potrebbe essere?). Anche noi lasciamo andare in disuso il Vaticano II, come se non fosse stato autenticato dallo Spirito santo? Siamo come il Vaticano senza preoccupazione per il futuro delle religioni e dello stesso cristianesimo? Non ci riguarda l’indifferentismo come pratica generalizzata dei giovani, almeno di quelli non attratti dalle visioni integraliste? Non ci sentiamo interpellati come laici a cui il Vaticano II ha dato autorevolezza e che rischiamo l’esclusione dall’altare?
Aggiungo che, come donna, fatico molto a non sentire la difficoltà con cui non solo io, ma donne consacrate e teologhe cattedratiche non riescono a trovare posto nella tradizione apostolica del sacerdozio nonostante l’apostola apostolorum evocata da san Tomaso.
Perché non affrontare per quello che siamo e sentiamo, con la debita competenza e la condivisione dei problemi interni alla nostra appartenenza di credenti, il vero problema cristiano? che non è sottrarci alle responsabilità sociali e politiche o trasferire nei partiti o in forme metapartitiche nostre complesse problematiche; bensì riconoscere che maiora premunt proprio nello specifico di ciò che, per responsabilità della nostra Chiesa, dalla fede sta passando al "sacro" e finirà per interferire sempre più indebitamente con le scelte politiche dei cristiani "adulti"?