L’interesse più alto è quello di tutti
Gentile Direttore,
Qualche giorno fa, il 25 Settembre, sul suo giornale sono apparsi tre articoli (l'interessante fondo di Michele Salvati sulle confusioni tra Stato e mercato, il commento del Sottosegretario Giovanardi sulla presa di posizione del Vaticano sugli immigrati a pag. 6, e il richiamo del Ministro Ronchi sui problemi industriali ed ambientali a pag. 39) che, sebbene apparentemente slegati, avevano un comune denominatore: un asimmetrico rapporto tra quello che dovrebbe essere un buon connubio (rispettivamente) tra teoria del mercato e sua applicabilità, tra i principi fondamentali (cristiano/religiosi e laici) dell'Uomo e la concreta applicazione, tra la necessità di un ambiente "naturalmente" vivibile e l'interesse economico immediato.
In un certo senso si potrebbe sostenere che nella pratica vince il "sì, ma…" ed i principi primi vengono, di fatto, declassati in utopie.
Quanto sta succedendo sui mercati, sulla vita delle persone (sia di quelle "che non hanno" sia di quelle "che hanno") e sull'ambiente è cosa nota a tutti; meno noto è il fatto che i provvedimenti che si vogliono prendere per colmare le lacune manifestate sono essenzialmente parziali in quanto a sé stanti. Da una parte: il mercato, con le sue leggi; la sicurezza dello Stato e dei cittadini, con le sue necessità; l'ambiente, con le sue urgenze - e dall'altra parte l'Uomo. Detto in altri termini, di un solo Uomo, che dovrebbe essere unitario (come le radici storiche cristiane europee, così tanto decantate, dovrebbero suggerirci) - e come tale ha diritto ad una sana economia, ad un'adeguata vita da vivere e ad un ambiente vivibile anche per le generazioni future -, se ne fanno tre distinti, uno per ogni dualismo citato: e ciò sarebbe assurdo.
Il motivo fondamentale soggiacente è, invece, quello di un'economia che dovrebbe permettere la coniugazione tra lo star bene "dell'uomo con gli altri" in tutte le discipline; ma ciò si dimentica, e non credo per vera amnesia. Gli interessi sono tanti, troppi, come sostiene anche Salvati.
La crisi dei mercati che forse suggellerà la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova potrebbe essere una buona occasione per riconsiderare quale ruolo ha l'Uomo nelle varie discipline: soggetto o oggetto?
Oltre che a invitare a ragionare su ciò, vorrei far osservare una strana cosa: nel commentare tutte queste vicende si fa riferimento ai grandi economisti (spesso i soliti) che non sempre hanno dato sfoggio di coerenza. E la conclusione è sempre la stessa: occorre l'etica, come se si potesse comprare al supermercato e non come una disciplina da tener sempre in conto in un cammino di vita.
Perché mai non si è data la parola, anche sul Corriere, agli economisti e operatori che si occupano di "Finanza Etica", realtà ormai non più marginale a livello mondiale, e che potrebbero dire qualcosa di nuovo? Possibile che non venga in mente a nessuno di chiedere cosa sta succedendo nel mercato finanziario e bancario etico? Certo, si scoprirebbero cose interessanti e che potrebbero creare problemi in altre Istituzioni finanziarie, le quali pensano di noi che "… sì, vabbé, siete bravi e magari da imitare, ma in fondo solo noi siamo quelli autorizzati a fare e dire certe cose". Difatti la Finanza Etica, e in tutto il mondo, cerca nella sua filosofia di tutti i giorni di coniugare le cose suddette (lo slogan di Banca Etica è "l'interesse più alto è quello di tutti" e, ancora, si legge nell'art. 5 del suo Statuto: "La finanza eticamente orientata è sensibile alle conseguenze non economiche delle azioni economiche"), nel rispetto della realtà economica, della dignità umana e dell'ambiente. Personaggi come il mai nominato in questa crisi A. Genovesi - della scuola economica napoletana del '700, mentre si cita solo il contemporaneo A. Smith -, Don Sturzo, A.K. Sen e altri (a cominciare da Aristotele con la sua differenza tra Economia e Crematistica) hanno e stanno sostenendo ciò: possono coesistere una buona economia, una buona pratica di idee laiche e religiose - che non sono mai utopie -, e il rispetto dell'ambiente. In tutte queste cose l'Uomo potrebbe, anzi dovrebbe, svolgere il suo compito.
La Finanza Etica non è una finanza "altra", ma è la vera continuazione di pensieri profondi da cui si è deviato per "quell'altra" finanza che sta producendo così tanti e grandi guai; non è la panacea di tutto, ma offre la possibilità di valutare le stesse realtà da ottiche diverse e di riportare l'Uomo a quella che è la sua caratteristica: essere amministratore e non proprietario assoluto del mondo.
Noi siamo a disposizione, senza la pretesa di voler insegnare alcunché: ma in questo periodo chi sono i docenti e chi i discenti? Credo che forse un po' più d'umiltà da parte di tutti non guasterebbe, visto che - bene o male - bisogna ricominciare a pensare insieme un nuovo futuro economico.
Riccardo Milano
Padova, 2 Ottobre 2008