Don Tonino e i diritti umani

Oggi dovremmo chiedere al Signore la grazia della parresia. Anzitutto per le nostre Chiese. Perché riscoprano la loro missione profetica e non tacciano di fronte alle violenze perpetrate sui poveri.
15 dicembre 2008 - Don Salvatore Leopizzi

Oggi dovremmo chiedere al Signore la grazia della parresia. Anzitutto per le nostre Chiese. Perché riscoprano la loro missione profetica e non tacciano di fronte alle violenze perpetrate sui poveri. Perché sappiano intervenire con coraggio ogni volta che vengano violati i diritti umani. Perché non tremino di fronte alle minacce e parlino con franchezza senza operare tagli sull’interezza della Parola e senza praticare sconti sul prezzo della copertina, quando i diritti di Dio vengono subordinati agli innumerevoli idoli che pretendono il suo posto. (don Tonino Bello)

È solo uno degli innumerevoli passaggi che testimoniano la coincidenza, per don Tonino, tra i diritti umani e i diritti di Dio. Si difendono infatti i diritti di Dio quando alta si leva la Parola profetica di fronte alle violenze perpetrate sui poveri. Lo ha sempre fatto don Tonino spendendosi fino in fondo, accanto agli ultimi a favore della pace, della giustizia, della salvaguardia del creato. È questo il messaggio e la provocazione che vogliamo qui richiamare nel 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948).
Il ricordo va subito al pellegrinaggio coraggioso dei cinquecento a Sarajevo nel dicembre ‘92 quando, con Mons. Bettazzi, don Tonino già gravemente piagato nel corpo ma non certo piegato nell’animo, alzò la sua voce e puntò il dito sui diritti calpestati e sui diritti negati di tanta gente in quella sporca e tragica “pulizia etnica” che si consumava nel disinteresse e nell’indifferenza generali. Dalla Carta dell’ONU alla Costituzione della nostra Repubblica, anch’essa sessantenne, attraversando un’abbondante fioritura di Dichiarazioni solenni, Convenzioni e pronunciamenti ufficiali sulla inviolabilità dei diritti di tutti e di ciascuno (dei bambini, delle donne, dei profughi, dei rifugiati, dei malati, dei detenuti, dei nomadi...) si continua a dichiarare autorevolmente che “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace del mondo”(dal preambolo della Dichiarazione ONU)
Parallelamente e quasi contemporaneamente anche nella Chiesa si è sviluppata una sempre più matura consapevolezza che l’annuncio e la testimonianza del Vangelo oggi passano necessariamente per la strada dove i sogni e i progetti della civitas hominis s’incrociano e s’innestano con l’avvento profetico della civitas Dei.
La strada dei diritti umani, quelli di ogni persona e di ogni popolo, è la stessa strada dei diritti di Dio, quelli che, nella Scrittura , Egli stesso rivendica a difesa dei suoi figli umiliati e offesi, rifiutati e calpestati. I diritti dell’orfano e della vedova, del misero e dello straniero. Tutto il magistero degli ultimi pontefici, a partire dalla Pacem in Terris di Giovanni XXIII, illustra e ribadisce quanto il concilio Vaticano II afferma nella Gaudium et Spes: nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Cristo.

Soprattutto oggi – prosegue lo stesso documento conciliare al n. 27 – urge l’obbligo che diventiamo prossimi di ogni uomo e rendiamo servizio con i fatti a colui che ci passa accanto: vecchio abbandonato da tutti, o lavoratore straniero ingiustamente disprezzato, o esiliato, o fanciullo nato da un’unione illegittima o affamato che richiama la nostra coscienza, rievocando la voce del Signore: “quanto avete fatto ad uno di questi miei fratelli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).

L’uomo è la via della Chiesa, secondo la felice sintesi di Giovanni Paolo II.
Nella logica del Dio fatto Uomo trovano corrispondenza e vicendevolmente si richiamano i diritti dell’Uno e dell’Altro.
Certo il mondo in questi ultimi tempi sembra irrimediabilmente avviato a un rapido degrado antropologico, oltre che economico e ambientale. Il cammino della pace intesa come convivialità delle differenze, la cultura della nonviolenza attiva e della legalità, la ricerca di nuovi modelli di sviluppo equi ed eco sostenibili, il rispetto delle diversità e i processi di integrazione di popoli e culture a livello locale e globale, in una parola l’età dell’uomo planetario appare un sogno ormai svanito, una passione pressoché inutile. La civiltà di tutti i diritti per tutti si è allontanata dall’orizzonte dei programmi poco lungimiranti dei cosiddetti grandi della terra.
Assistiamo purtroppo al tramonto delle grandi evidenze etiche nella politica e nella pubblica amministrazione.
Basti pensare che nella nostra Italia cristiana, a settant’anni dall’entrata in vigore delle leggi razziali,si registra un preoccupante rigurgito di xenofobia che cresce e si diffonde in ogni piega del vivere sociale e civile. Alla paura del diverso si abbina la paura del futuro e molti, anche nelle nostre comunità, sono tentati di chiudersi nel guscio dell’individualismo in un atteggiamento di sfiducia e di fatalistica rassegnazione.
Torniamo allora alla cultura dei diritti che è poi anche quella dei doveri.
I diritti solennemente dichiarati diventeranno reali solo se ognuno osserverà responsabilmente i doveri corrispondenti al proprio status.
E se vogliamo continuare a chiamarci seguaci del Dio Crocifisso, ancor più dovremo difendere e promuovere la dignità e i diritti dei crocifissi della terra senza chiedere loro altro documento di identità che quello di persona appartenente alla famiglia umana e perciò, a pieno titolo, figlio di Dio, fratello di Gesù Cristo, erede del suo Regno.
Coraggio, Chiesa! – ripete ancora don Tonino – Vai alla ricerca degli ultimi del tuo territorio (…). Chiesa samaritana, lenisci le piaghe con l’olio della tua tenerezza. Mèdicale con l’aceto della tua profezia. Urla. Rivendica i diritti dei poveri. Mettiti al loro fianco con gratuità. Presta ad essi la tua voce. Non aver paura a scomodare i benpensanti, le autorità costituite, l’establishment cittadino. Saranno costoro i primi a ringraziarti per questa coscienza critica che promuoverai. (…)
Non limitarti a sperare. Ma organizza la speranza!

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