La teoria dell'equivicinanza
In questi giorni mi capita frequentemente di discutere con tanta gente della tragedia in corso nella Gaza Strip. Altrettanto frequentemente mi sento rivolgere l'accusa di essere poco equidistante o troppo equidistante rispetto ai due popoli e alle violenze usate dai palestinesi e dagli israeliani. Il giudizio ovviamente cambia a seconda delle posizioni dell'interlocutore. Non vi nascondo che questo è puntualmente avvenuto anche nel corso di qualche mia partecipazione a trasmissioni radiofoniche o a interviste.
In un conflitto tanto evidentemente sproporzionato nessuno che abbia un briciolo di buon senso può parlare di equidistanza a fronte del numero delle vittime, dell'efferatezza del fuoco, delle distruzioni e dell'odio che si sta seminando nel terreno della storia. Credo piuttosto che si dovrebbe parlare di equivicinanza. Equivicinanza a tutte le vittime sempre. Al di là del passaporto che hanno in tasca, dell'appartenenza nazionale, etnica, razziale, politica, ideologica…
L'equivicinanza ti fa scegliere di stare dalla parte delle vittime biasimando tutti coloro che ricorrono all'uso della forza e che credono che la violenza possa risolvere qualcosa. Stare contro coloro che continuano a ritenere che anche la morte di un solo bambino (purché della parte avversa) possa essere un sacrificio necessario per il raggiungimento del proprio obbiettivo di sicurezza, di autonomia, di riconoscimento…