La ricetta della globalizzazione

4 febbraio 2009 - Tonio Dell'Olio

"Includere i paesi più poveri nell'economia globale è il modo più sicuro per rispondere alle loro aspirazioni fondamentali".
Questa frase ripresa testualmente dal documento conclusivo della riunione del G8 di Genova del luglio 2001 racchiude in modo assolutamente puntuale la convinzione dei governi del nord del mondo e degli economisti della globalizzazione. Il presidente del consiglio del nostro governo (che è lo stesso del 2001) aveva fatto di quella espressione una vera e propria bandiera. Alla luce dei disastri che quel modello economico ha combinato, siamo tutti convinti che non solo la globalizzazione dei mercati non ha risposto alle aspirazioni dei popoli poveri ma che ha nuociuto gravemente anche ai popoli ricchi. Anzi si potrebbe affermare che a risentire di meno della crisi del mercato sono proprio quei paesi che si sono rifiutati di lasciarsi inglobare nell'economia "dei forti".
Nel Forum Sociale Mondiale da più parti è stato ripetuto che la crisi che sta attraversando soprattutto l'occidente non è crisi economica ma di sistema.
Sapendo da che parte sta il nostro ministro dell'economia sembra appropriata la battuta che definiva l'Italia come "una penisola bagnata da tre mari e prosciugata da Tre-monti".

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