Gaza, valico chiuso a chi difende la pace
È importante non dimenticare la fragile tregua nella Striscia di Gaza. Per questa ragione diverse organizzazioni hanno intensificato gli sforzi per garantire l’arrivo di aiuti umanitari di cui c’è estremo bisogno, per verificare le condizioni della popolazione e comprenderne meglio le necessità. Tra coloro che dall’Italia hanno voluto visitare gli abitanti di Gaza, c’è stata nei giorni scorsi una delegazione della Tavola della pace guidata da Flavio Lotti e composta prevalentemente da rappresentanti del Coordinamento degli enti locali per la pace. Nonostante avessero richiesto i permessi alle autorità israeliane tramite la nostra ambasciata e il consolato a Gerusalemme, hanno atteso invano ben 18 ore presso il valico che è rimasto impermeabile a questi italiani.
Domenica scorsa la stessa sorte è toccata a tre sacerdoti nostri amici che già il 12 febbraio scorso avevano presentato domanda per poter accedere dal valico di Eretz “con l’unico scopo di incontrare il parroco di Gaza, padre Manuel Musallam, di celebrare con lui la Messa domenicale e di portare la solidarietà di tanti cristiani italiani alla sparuta presenza cristiana della Striscia”.
Nemmeno per don Nandino Capovilla, don Mario Cornioli e don Walter Fiocchi il check point si è aperto. Posso garantire per loro che non trasportano armi, che non sono pericolosi terroristi e che amano la pace e il rispetto dei diritti umani. Temo però che gli israeliani non solo non terrebbero in gran conto la mia parola ma che soprattutto avvertano come una minaccia proprio la presenza di chi difende e promuove i diritti umani.