Mi chiedono di fare la spia
"Sono Leyla, ho 32 anni e lavoro in un 'money-transfer', sapete, quelle agenzie che spediscono soldi in tutto il mondo. Tra i nostri clienti ci sono tanti immigrati, anche del mio paese, io sono algerina. Questo posto me l’hanno dato per tanti motivi, perché parlo arabo, francese e anche un po’ inglese, perché ho studiato, perché ho sposato un italiano e quindi sono ‘a posto’. Qui allo sportello vedo tante persone, qualcuno non capisce nessuna lingua ma ha l’indirizzo scritto su un foglio: genitori, fratelli, figli, quelli rimasti ad aspettare quella busta così importante. Adesso mi dicono che come impiegata ho degli obblighi nuovi: devo chiedere a tutti il permesso, fare una fotocopia e archiviare. E se non ce l’hanno, va detto alla polizia. In pratica, devo fare la spia. Segnalare chi arriva qui dopo un lavoro schifoso e malpagato, rovinare chi è quasi contento mentre mi dà la busta che significa cibo, scuola, salute. Devo fare la spia a mia sorella, la spia a mio fratello. Questa è la vostra legge democratica… ma non posso, lo capite? Non posso davvero".