Fortapàsc

30 marzo 2009 - Tonio Dell’Olio

Fortapàsc, il film di Marco Risi sulla vicenda del giornalista Giancarlo Siani ucciso nel 1985 dalla Camorra di Torre Annunziata, pur narrando fatti tragici non getta nello sconforto. Quella di Siani non è la storia di un eroe ma di un giovane normale se l’Italia fosse un Paese normale e se Napoli fosse solo il nome di una città.
Come Centopassi, questo film ti mette dentro una sana indignazione che fa da carburante dell’impegno possibile, della responsabilità di ciascuno, della necessità di uno scatto, di una ribellione. Alla fine dei conti questo giovane di 26 anni è solo uno che ha capito di stare sulla stessa barca di tutti gli altri e ha cominciato a remare, remare, remare. Controcorrente. Non lo avrebbero ucciso se non l’avessimo lasciatosolo, ai remi. Saremmo andati più lontano se a remare non fossero stati in pochi. Avremmo tutti evitato di sputare sangue se avessimo condiviso fatica e sudore piuttosto che limitarci ad applaudire. Quello di Giancarlo Siani è un altro appuntamento a cui siamo arrivati in ritardo. Dopo che era stato ucciso.
Lezione uno: remare insieme, nella stessa direzione per risalire la corrente.

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