Venerdì santo
Tempo fa con alcuni bambini guardavamo una riproduzione del crocifisso di San Damiano che – lo ricorderete – è secondo lo stile bizantino e comprende nell’icona altri soggetti oltre al Cristo. Quando chiesi ai bambini da che cosa fossero colpiti particolarmente, con una spontaneità da record uno mi rispose dicendo: “Quanta gente!”. Infatti l’autore ha dovuto persino modificare la forma o lo stile della croce per poter includere nell’immagine tutte le persone che parteciparono al dramma della passione.
Quel bambino aveva colto forse l’aspetto più importante della croce: non è una morte solitaria. È eco della storia di tutti i crocifissi per la fede, per la giustizia, per la libertà. È icona affollata anche ai giorni nostri del dolore che vorremmo allontanare da noi e che purtroppo ci appartiene. È tatuato nella carne e si chiama malattia inguaribile o terremoto, tradimento o abbandono, discriminazione o ingiustizia. E ha molti altri nomi. Purtroppo. La croce è il pozzo di tutti i dolori. Li puoi contemplare nel volto sofferente di Cristo e nella tua vita. Dentro di te, attorno a te. Quanta gente! Troppa gente.