La maglia e la pelle di un altro colore
Dipendesse da me, chiederei alle società di calcio di promuovere e favorire un “terzo tempo” tra le tifoserie opposte al termine di ogni partita. La giustizia sportiva, che aveva deciso di punire la società bianconera con una partita a porte chiuse, ha revocato quella sentenza alla vigilia della scorsa giornata di campionato. Si intendeva in questo modo sanzionare il comportamento di alcuni tifosi juventini che si erano resi protagonisti di cori razzisti all’indirizzo di Mario Balottelli un calciatore italiano (uno dei pochi peraltro nella squadra dell’Inter) ma dal colore della pelle nero. Lo stadio e il mondo del tifo rappresentano l’arena in cui si scatenano a piede libero istinti animaleschi (senza offesa per il regno animale!), scattano dinamiche di gruppo condizionanti e pericolose, costituiscono un bacino che solitamente non si nutre di conferenze, di libri, di teatro e di bellezza. Nel linguaggio del tifo, una partita a porte chiuse non è una punizione esemplare, ma almeno è una privazione che indica quanto l’hai fatta grossa. Per queste ragioni aver rivisto la decisione già assunta e aver riaperto le curve dello stadio come se nulla fosse successo ha il sapore dell’incoraggiamento a chi sa di poterla fare franca. E così, di volta in volta, tutti si sentiranno autorizzati a discriminare impunemente chi ha la maglia e la pelle di un altro colore.
Un’altra occasione persa per crescere in umanità.