Tristi ministri
Siamo tutte e tutti multietnici con buona pace del premier di questo Paese. Lo siamo nei fatti, lo siamo per le strade e sui posti di lavoro, negli autobus e nei cinema, nelle scuole e nello sport. E anche se domani dovessimo scoprire di aver per l’ennesima volta frainteso le dichiarazioni del Presidente del consiglio, consapevoli di infliggergli un’ulteriore sofferenza, gli diremo che essere multietniche e multietnici ci piace. Crediamo sia un valore e una ricchezza in più. Perché una comunità con un unico colore e un unico cibo, senza la pluralità delle lingue e delle tradizioni, ci appare di una tristezza maggiore di una famiglia che si lascia visitare e non solleva ponti levatoi. Perché io mi incanto di fronte ai racconti di come avvengono i matrimoni e i funerali altrove e delle usanze e dei costumi... A me piace!
Siamo multietniche e multietnici perché finora questo incontro di storie e lingue e tradizioni e scoperte e saperi è stato frutto di guerre e di conquiste, ma negli occhi dei bambini e nel profondo della nostra coscienza brilla la speranza che d’ora in avanti noi impareremo l’albicocca, l’alambicco, l’algoritmo e l’alchimia della vita perché saremo stati capaci di accogliere lo straniero che insegna e impara.
Siete tristi voi ministri di una battaglia persa in partenza, gendarmi dei vostri fantasmi, sadici torturatori della speranza altrui, prigionieri dei vostri dialetti, che chiudendo le porte all’altro vi carcerate nella vostra ignoranza. E denunciatemi pure per vilipendio delle istituzioni e sarete ancora più tristi. E più ignoranti.