Essere usati è meglio che essere complici
La ferita del 2 luglio provocata dal pacchetto sicurezza è talmente profonda che non si può rimarginare con un intervento o un dibattito. Segna la notte della repubblica perché stravolge alcuni dei principi che stanno al fondamento dell’edificazione della comunità nazionale. Ma soprattutto – io insisto – è un’offesa all’umanità, alla vita, alla dignità.
Per questo ci saremmo aspettati una reazione più determinata e netta da parte dei pastori della Chiesa. Non che siano mancati! Ma sono sembrati timidi come delle sortite in avanscoperta piuttosto che aperte e sincere come le parole dei profeti.
Qualcuno nei sacri palazzi ha sussurrato che si sarebbe intervenuti con maggiore fermezza se non fosse per il rischio della strumentalizzazione politica cui inevitabilmente le parole autorevoli della Chiesa si sottopongono.
Ora, fermo restando che Gesù sarebbe morto di vecchiaia a Nazareth se avesse avuto paura delle strumentalizzazioni, mi chiedo: perché lo stesso criterio non è prevalso nel caso Eluana e nella vicenda di Welby? Non si è corso forse anche in quel caso il rischio di essere usati da una parte politica?
Quella degli immigrati e dei senza fissa dimora è vita al pari di chi è sottoposto a trattamenti sanitari che allontanano il fine vita!
Vita minacciata e vilipesa da chi non l’accoglie, ma anche da chi non la difende.