Presidente, non firmi!

8 luglio 2009 - Giancarla Codrignani (ex-parlamentare)

Caro Presidente,
non avrei voluto scriverti questa lettera e tanto meno permettermi di interferire con la tua alta responsabilità. Ma proprio perché in questo momento mi sembra necessario che si valorizzi anche la responsabilità civica di ciascuno di noi in quanto cittadino, credo di dovermi rivolgere a te per pregarti di non firmare le norme in materia di immigrazione approvate in questi giorni.
Davvero, non avrei mai pensato che dal nostro Parlamento uscisse un'offesa così grande ai diritti di libertà. Anche gli antichi, in diverso contesto, onoravano lo ius migrandi che nei nostri tempi ha avuto collocazione sia nell'art.13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, sia nell'art. 35 della Costituzione italiana. Soprattutto, mi mortifica riandare ai milioni di italiani che dalla fine del XIX secolo fino al secondo dopoguerra sono emigrati nelle più diverse parti del mondo, soffrendo le stesse pene a cui oggi questa legge condanna altri uomini e donne che, come i nostri migranti, cercano di sfuggire alla miseria e all'oppressione. Con le nuove norme neppure i rifugiati avranno garanzia di tutela, contro il dettato dell'art.10 della Costituzione che impone l'accoglimento di quanti non godano nel loro paese i diritti di libertà, addirittura, secondo gli atti della Costituente, senza reciprocità. Non a caso, perché tutti i partiti che avevano redatto la Carta del '48 avevano avuto esuli dalle persecuzioni fasciste.
Il nostro paese non può accettare che sia reato non la condotta, ma l'identità di una persona, né che si violi l'uguaglianza discriminando gli esseri umani sulla base di criteri nazionalisti e razzisti, né che si verifichino respingimenti in forma crudele e illegale dal territorio nazionale (intendendo come tale anche la nave italiana che abbia raccolto i profughi).
Non vorrei mai aver sentito un ministro della Repubblica dire che dobbiamo essere "cattivi". Ma vorrei anche che non solo i cittadini informati, ma anche quanti restano ancora ignari della sostanza dei problemi, non corressero il rischio di venire sospinti da false paure verso sponde razziste. E come donna non vorrei mai che qualche bambino imparasse a non ritenere cittadino come lui un bimbo nato da una mamma come la sua, ma clandestina.
Caro presidente Napolitano, abbiamo entrambi conosciuto l'esperienza del lavoro parlamentare in anni non lontani, che hanno conosciuto anche eventi tragici, ma che mantenevano il massimo rispetto delle garanzie istituzionali e che avevano rafforzato la democrazia italiana nel contesto internazionale.
Ti prego: aiuta il paese a mantenere quella dignità.

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