Economiste
Da un bel po' di tempo, ma con frequenza progressiva, compaiono avvertimenti da parte degli economisti sui limiti dell'attuale concetto di "Prodotto Interno Lordo". Di recente da noi Giorgio Ruffolo, a livello internazionale Joseph E. Stiglitz hanno messo in luce la necessità di una riforma per l'inaffidabilità degli indici di misurazione del benessere pubblico e dell'inadeguatezza degli attuali indicatori economici in società globalizzate e sempre più complesse.
Sorprende - ma per una donna è un modo retorico e cortese per dire che non si è sorprese affatto - che nessuno vada a vedere le analisi delle economiste, che spesso sono recuperabili su Internet come Internazional Feminist (!) Economy Association.
Quando si dice che trascurare il contributo delle donne danneggia l'intera società, si intende sottolineare che il "pensiero unico", quasi sempre aristotelicamente maschile, non rappresenta l'universalità e tanto meno il bene assoluto. Si può diversamente partire dalla vita quotidiana e dalle esigenze primarie della sopravvivenza e della convivenza. Per le donne significa pensare ogni giorno a che cosa mettere in tavola per la famiglia. Solo che la manager dà disposizioni a qualcuno che la assiste, mentre la brasiliana delle favelas coltiva due verdure da portare al mercato, va a servizio, fa anche la prostituta, ma è lei che tiene (letteralmente) in piedi la nazione. Se anche gli uomini - diciamo in particolare gli economisti e gli statisti?- sentissero che è così che l'umanità sopravvive, farebbero politica cercando di tenere tra le braccia la società con la stessa "cura" delle donne, quella cura che tradizionalmente non è considerata una cultura, ma un ruolo.
Alcuni economisti si ingegnano di riformare il PIL ricorrendo all'indice di felicità sociale. Se il PIL tenesse insieme produzione e riproduzione (che non vuol dire soltanto fare i bambini), le priorità degli stati potrebbero cambiare con grande beneficio e, forse felicità di tutti.