Tempo di sentenze
Ci sono sentenze che fanno notizia, come quella che impone a Fininvest di pagare 750 milioni per la vicenda del lodo Mondadori. Ci sono sentenze, o decisioni, che faranno notizia tra qualche ora, come quella della Corte Costituzionale sul lodo Alfano. No, non mi riferisco a queste.
Voglio dire un mio parere su una piccola sentenza dello scorso 2 ottobre, di un piccolo tribunale come quello di Verbania. C’è anche un motivo diciamo… sentimentale. In quella stessa aula dove il sottoscritto, con altri due amici, ha avuto un processo penale il 4 giugno 1991 - accusati e assolti ! - per aver invitato all’obiezione di coscienza alle spese militari, è stato processato - e assolto! - nientemeno che il Ministro Umberto Bossi. Non posso che complimentarmi oltre che con il Ministro anche con il Sostituto Procuratore che ha voluto sottolineare la gravità delle parole di Bossi, pronunciate a Verbania durante un comizio nel 2008, sulla possibilità di ‘imbracciare i fucili per cacciare la canaglia romana’. Non conosco le motivazioni della sentenza. Ne prendo atto, con rispetto ovviamente. Resta però qualcosa che va oltre alla sentenza: il valore culturale, ‘educativo’ o ‘diseducativo’ di quanto affermato dal Ministro: che tutto venga preso come una battuta, come spesso dicono i suoi amici: “Ma sì, dai si sa, Bossi scherza”, “è un modo di dire...”, ecco allora che diventa accettabile nel linguaggio, e quindi tollerata e accettata nel pensiero comune (e non mi riferisco più solo a Bossi ma un po` a tutti noi) la battuta razzista, la frase contro una donna, le battuta sul non pagare le tasse… e così via. L’elenco sarebbe lungo fino ad arrivare al dio Po, alle radici cristiane, alla difesa dei crocifissi (di legno) ma non delle persone in carne e ossa.
Se un ministro può permettersi di minacciare l’uso dei fucili, allora anche il cittadino può permettersi di dire tutto, se il modello è questo. E, infatti, abbiamo una cultura razzista in aumento (e le leggi ratificano e rafforzano questo modo di pensare). Abbiamo un cultura dell’illegalità, del furto e della disonestà, ratificati poi da una legge come lo scudo fiscale che premia i furbi, ladri e disonesti, garantendo pure l’anonimato.
Al di là delle sentenze, che vanno sempre rispettate, resta quindi, dopo questa sentenza di Verbania passata quasi nel silenzio, il problema educativo e morale. Che va ben oltre l’aula di un Tribunale. Il rischio, reale, è che si faccia sempre più strada quello che con profonda amarezza commentavano i miei nonni, molti anni fa, di fronte dall’andazzo generale: ‘Non è più peccato rubare. È peccato farsi prendere’.