Uno spiraglio nel muro di violenza
Secondo le sacre scritture questa è la terra in cui scorre latte e miele. A vedere le colline ricoperte dalle case bianche degli insediamenti dei coloni israeliani si stenta a credere ancora a quella visione. Ieri siamo andati a vedere da vicino quelle abitazioni e la vita dei coloni, a confrontarci con i loro pensieri, ad ascoltare più profondamente. È successo persino che una pattuglia di militari israeliani ci ha raggiunto con un blindato per un controllo e ha accolto la nostra richiesta di dialogo. Per capire. La propaganda ha fatto più vittime delle armi. È strage di coscienze e di intelligenze. È esaltazione ottusa della retorica peggiore. Teorizzazione della “violenza inevitabile”. Tutti adoratori della verità della sicurezza. Violenza in questi lunghi fucili e nel cemento armato dei checkpoint che sono il monumento alla definitiva rassegnazione che ci si condanna a vivere in questo modo. Violenza nei bossoli di gas che abbiamo raccolto a ridosso del muro e lanciati dai militari israeliani contro gli abitanti che protestavano per la costruzione di questa barriera di otto metri che impedisce loro di andare a coltivare la terra dei loro padri. Eppure si coglieva uno spiraglio di sogno negli occhi di quei quattro giovani diciotto/diciannovenni nascosti nella divisa pesante mentre parlavano con i loro coetanei venuti dall’Italia per capire. Nella terra dove scorre latte e miele questo dialogo è l’unico antidoto che finora sono riuscito a intuire in grado di arginare il fiume impetuoso della violenza. Se fossimo in tanti, se fosse ogni giorno... chissà.