Muri

10 novembre 2009 - Giancarla Codrignani

Si celebra. A me le celebrazioni non piacciono: forse si è contenti, si “fa festa”, ma si pensa poco. Ricordare va bene, ma non è pensare, mentre rievocando fatti che hanno modificato la storia bisognerebbe cercare di capire come è accaduto, perché e che cosa ne deriverà per noi. Altrimenti la storia va per conto suo.
Per cominciare i muri restano: quello del Saharawi, da sempre poco noto e, soprattutto, il muro per eccellenza, che, dividendo israeliani e palestinesi, è fonte non di provvisoria quiete, ma di pericoli a scoppio ritardato. Infatti nessuna politica riesce a ridare prospettive alla pace (dal 1947).
Poi ci sono muri senza mattoni e cemento che dividono esseri umani fatti per convivere ma che, perché, per varie ragioni più o meno storiche, “debbono” essere nemici. Per questo sono state inventate le razze, le etnie, le nazioni (e i nazionalismi), validi sussidi bellici.
I muri sono anche mentali. Lo sanno le donne, gli omosessuali, i poveri, i rifugiati, gli ex-carcerati... Si creano i destini e le maledizioni perché le condizioni esistenziali non siano tutte umane.
Anche le religioni producono materiale edile per i muri, come se nel mondo la gente non si rivolgesse con parole e immagini e riti diversi all’unico Dio che sta al di sopra e al di là di tutto. Perfino il Cristianesimo, che impone solo l’amore reciproco, è stato strumentalizzato e fatto bandiera e arma: giusto vent’anni fa i cristiani maroniti in Libano incollavano sul mitra l’immagine di Gesù e della Madonna.
Ma ieri abbiamo celebrato la caduta del muro di Berlino. Un muro costruito da un potere che si credeva durevole e che ha sbarrato la porta di accesso e di uscita dal suo territorio, senza prevedere che la caduta sarebbe avvenuta quasi da sola, per l’impossibilità di mantenere il potere con la violenza e la compressione della libertà. Tutti ricordiamo la gioia per la fine del comunismo e la ragazza Angela che sarebbe diventata cancelliera racconta come viveva nel clima oppressivo e si rallegra del successo della riunificazione tedesca.
Sarebbe forse il caso di ripensare la storia più remota – anche la ragazza Angela che aveva studiato marxismo a scuola certo non le conosceva come noi – che ha sconfitto il comunismo. La parola indicava da decenni una dittatura feroce e non la speranza di un mondo migliore che aveva animato una rivoluzione. Lo stalinismo ha ucciso il comunismo teorico e ha coinvolto nel discredito anche il socialismo post-illuminista che riscattava gli ultimi. I governi dell’Occidente, già immersi nella tragedia della prima guerra mondiale, ebbero paura del 1917 e fecero muro, anche se fu la Germania a favorire il rientro di Lenin in Russia. Gli scompensi sociali dell’Europa predisponevano nuove tragedie e l’uso della propaganda antisovietica e anticomunista contribuì non poco alla diffusione delle paure interessate responsabili delle degenerazioni storiche di fascismo, nazismo e franchismo. E della seconda guerra mondiale, da cui si uscì per l’alleanza di Gran Bretagna e Inghilterra con l’Unione sovietica di Stalin. Nell’Europa liberata la democrazia fu restaurata anche per l’iniziativa di partiti di massa che si rifacevano alle idee marxiste e rivoluzionarie: nuove contrapposizioni rallentarono la crescita comune, in particolare in Italia. La dirigenza dei partiti non ignorava l’oppressione sovietica, ma mantennero le alleanze e la propaganda:un altro muro fittizio. Si temeva un’impossibile presa del potere comunista e con esso le stragi e i disastri dei soviet, ma solo poche teste calde avevano illusioni rivoluzionarie in Italia sia dopo la liberazione, sia, sciaguratamente, al tempo delle Brigate rosse. Per usare un paradosso schematico, in Italia la questione era quasi nominalistica: il Pci era in realtà un partito socialista, il Psi era socialdemocratico, il Psdi era una lobby di interessi. Questo è ciò che Berlusconi ancora strumentalizza, ma che noi chiamiamo “il vecchio” anche se non si riesce a far capire che per costruire il nuovo bisogna abbattere non solo i muri, ma anche portar via le macerie, studiare progetti e lavorare.
Nel 1989 con le macerie ci abbiamo fatto i souvenir. Poteva andare meglio: c’era stata la perestroika e c’era Gorbaciov. Forse con mille lire a testa di tutti gli europei consapevoli della necessità di salvare l’Est finalmente libero si sarebbe dato altro respiro a quei Paesi. Ma l’Occidente scelse Eltsin.
Ragazzi, che fatica avere questa storia sulle spalle! Festeggiamo!

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