Minareti, armi, croci e bandiere
Ha fatto discutere nei giorni scorsi il referendum con cui gli elettori svizzeri hanno detto no a nuovi minareti. Anche la Conferenza Episcopale Elvetica – che si era schierata contro questa iniziativa – ha espresso tutta la sua preoccupazione, parlando apertamente di una violazione della libertà religiosa. Però è vergognosamente passato sotto silenzio il risultato dell’altro referendum tenutosi in concomitanza con quello sui minareti (impossibile trovarne traccia nei mass-media italiani!) un referendum in cui i cittadini svizzeri venivano chiamati a pronunciarsi su un’altra questione piuttosto delicata, ovvero l’esportazione di armi prodotte dal loro Paese. Un consistente gruppo di associazioni di volontariato aveva infatti sollevato una contraddizione enorme della società elvetica: la Svizzera, il Paese neutrale per eccellenza, quello della Convenzione di Ginevra, è allo stesso tempo un importante esportatore di armi. Ebbene sottoposta la questione a referendum: il 68 per cento degli svizzeri si sono espressi contro il divieto di esportazione delle armi.
Una maggioranza schiacciante, ben più consistente, di quella schierata contro i minareti (57,5 per cento). Altro che vantata neutralità!
I cittadini svizzeri con numeri preponderanti hanno scelto: No ai minareti nelle verdi vallate alpine per non deturpare il paesaggio, sì alle esportazione delle armi anche nei Paesi in guerra. Per la croce sulla bandiera non ci sarà bisogno di nessun dibattito parlamentare, c’è già! Dal che si deduce, che le contraddizioni della politica, il mal di pancia e le ambiguità dell’opinione pubblica, non sono solo una caratteristica italiana.