Il Cavour
Innanzitutto le doverose scuse se finora si è sempre parlato della nave portaerei Cavour al femminile. Un articolo a tutto pagina di Avvenire del 5 febbraio scorso ci ricorda che per le navi militari si usa il maschile. Ne prendiamo atto. Ma continua a risuonare la domanda che si era posto mons. Bona, presidente di Pax Christi nel 2001, quando è iniziata la costruzione de ‘il Cavour’; domanda che aveva rilanciato Pax Christi lo scorso 20 gennaio, alla partenza per Haiti; domanda ripresa anche dall’editoriale di Mosaico di pace del mese di febbraio: “C’era proprio bisogno di una portaerei, che è costata circa 1.200 milioni di Euro?”
Mi chiedo: c’era proprio bisogno che Avvenire prendesse le ‘difese’ a spada tratta degli investimenti militari e delle aziende come Fincantieri, Finmeccanica, Eni?
Infatti, si legge nell’articolo di Danilo Paolini “Qualcuno ha polemizzato sui costi (in media 200mila euro al giorno, per il 40% relativi al carburante, infatti la cifra varia a seconda se si è alla fonda o in navigazione) e sull’opportunità di inviare una portaerei. Impossibile raccogliere commenti allo Stato maggiore della Marina [...] In ogni caso, la missione ad Haiti è finanziata per il 90% da Fincantieri (che ha costruito la portaerei), Finmeccanica ed Eni”.
Mi chiedo se è compito di Avvenire, o di un qualsiasi giornale, rispondere a nome di qualcun altro, o se invece il compito di un giornalista non sia quello di ricercare la verità, di voler capire, di porre domande e cercare risposte.
A dire il vero qualche spiegazione autorevole c’è.
“La missione costituisce quindi un investimento e non solo una spesa poiché porterà anche a un positivo ritorno d’immagine e commerciale per il “made in Italy” con possibili ricadute in termini di posti di lavoro e di commesse industriali”. Lo scrive su Panorama del 22 gennaio scorso, nientemeno che Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa.
Forse Avvenire poteva limitarsi a prendere atto che questa nave c’è, e tanto vale usarla per scopi saggi, per aiutare le vittime del terremoto di Haiti, senza andare a difendere d’ufficio e far pubblicità alle varie imprese. Sono le uniche che vedono i propri affari andare a gonfie vele.
Al di là dei numeri e di altre questione pratiche resta la questione aperta sul perché viene messa in atto un’operazione così ‘da vetrina’. A chi giova?
Io credo sia possibile fare informazione in un altro modo. Qualche altro giornale, come il settimanale cattolico ‘Vita Trentina’ in questi giorni ha cercato di presentare in modo ben diverso tutta l’operazione ‘Cavour’. E non credo per disinteresse nei confronti delle vittime del terremoto, ma forse solo per amore di verità.
Rinnovo la domanda già rilanciata da Mosaico di pace e Pax Christi: “Quante sale operatorie od ospedali da campo si potevano e si possono realizzare con una spesa così folle?”.
Sì, non nascondo l’amarezza mia e quella anche di molti lettori. Un’amarezza ben interpretata dal commento di un amico iracheno, che dopo aver letto l’editoriale di Mosaico di pace ‘Benedetta nave’ ha commentato: ‘Che scandalo!’
È scandaloso difendere la follia delle spese militari, proprio a pochi giorni dal convegno, svoltosi a Roma, sabato 30 gennaio promosso dall’Ufficio Pastorale sociale e del lavoro della CEI, Caritas e Pax Christi, proprio sul disarmo, di cui anche Avvenire ha parlato nelle pagine di Catholica, domenica 31 gennaio scorso, e anche con un editoriale di Giulio Albanese, proprio il giorno 5 febbraio, mentre nella pagina accanto di parlava del Cavour.
Forse mi sbaglio, ma viene la tentazione di pensare che ci sia come un doppio binario: da una parte i principi etici, i pronunciamenti, i documenti del Magistero, come quello della S. Sede del 1976: “...gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame ". Dall’altra parte c’è l’esigenza di essere realistici, dove prevale la logica dell’economia armata, dei grandi affari militari, ‘Gli affari sono affari e il militare è una grande opportunità economica’, ce lo dicono anche per gli F 35 in programma a Cameri, Novara.
Che amarezza. Tra l’altro proprio nei giorni in cui si celebra la giornata della vita,
E resta la domanda: toccava proprio ad Avvenire prendere le difese delle grandi aziende militari? Ce n’era proprio bisogno?
Cesara, 6 febbraio 2010