Chiedo scusa alle Albanesi
Ieri, domenica 14 febbraio, nella mia parrocchia di San Clemente in Cesara (VB) tra i ragazzi presenti c’erano anche alcuni albanesi amici da tanti anni, di una comunità per minori di Pavia, con una casa estiva proprio qui nella mia parrocchia. Durante la predica, ho fatto alzare la mano agli albanesi presenti e ho pubblicamente chiesto scusa a loro per le frasi pronunciate dal nostro Presidente del Consiglio lo scorso venerdì 12 febbraio, al termine di un incontro ufficiale con il Presidente Albanese. “Non voglio che gli albanesi muoiano, non voglio che i criminali arrivino in Italia” ha affermato il presidente Berisha, e Berlusconi, con una delle sue solite battute ha aggiunto: “Per chi porta le belle ragazze possiamo fare un'eccezione”.
Ho chiesto scusa a quei ragazzi, commentando il Vangelo delle Beatitudini di Luca “Beati voi poveri… guai a voi ricchi”. Quando ci si sente padroni di tutto, anche le persone, anche le donne diventano merce. Ho detto che è una bestemmia, che viola la sacralità della persona, di ogni persona. Tra l’altro abbiamo anche celebrato durante la messa il battesimo di un bambino, che ci ha offerto lo spunto per ricordare che il Signore ci conosce e ci ama tutti per nome, uno a uno. Per Lui non siamo merce. Sono molto gravi le affermazioni del nostro premier, ancor di più perchè dette da chi ostenta le proprie radici cristiane e cattoliche. Affermazioni di quel genere sono una bestemmia. L’ho detto durante la Messa, lo ripeto in questo breve scritto, stimolato anche dall’appello “Noi Albanesi indignati…” lanciato da donne e uomini albanesi che vivono e lavorano in Italia, in cui tra l’altro si legge: “Il premier italiano dovrebbe sapere che c’è già chi porta in Italia ‘le belle ragazze albanesi’, e le mette a lavorare come carne fresca sui marciapiedi italiani, oppure in finti centri benessere dove benestanti italiani si servono di loro per alleggerirsi dai loro carichi pesanti di lavoro e responsabilità. Sono i trafficanti di esseri umani e la criminalità organizzata che gestisce lo sfruttamento della prostituzione. Elevare un argomento cosi delicato e doloroso a inopportune battute sessiste e maschiliste, offende il lavoro e l’impegno di quanti si battono affinché la donna non sia trattata come un oggetto, ma goda di pari opportunità”. Anche a loro, come a chi era a messa ieri, rivolgo le mie scuse. Nell’attesa che le scuse arrivino anche da chi di dovere e nella speranza che l’indignazione non lasci il posto alla rassegnazione. Su alcuni argomenti non si può scherzare!