Donne
A quelle donne che, forti della loro debolezza, ci hanno insegnato a stare al mondo. Donne che non si vergognano di piangere per dire un dolore fitto nella carne e nell’anima.
A quelle donne che ci hanno spiegato che amare non è solo l’infinito di un verbo... infinito, ma anche aggettivo femminile plurale che si addice alle lacrime e a certe giornate.
Donne capaci di danzare tra le macerie del tempo e delle storie e di cogliere la grazia nelle cose quando tu vedi miseria.
Donne che se sono nate dalla costola di un uomo lo hanno fatto una volta sola. Poi hanno iniziato a partorire loro: futuro, speranza, bellezza e bambine e bambini.
Né angeli, né nuvole le donne d’Africa per le quali chiediamo a voce alta il Nobel della pace perché pagano il prezzo più alto e tengono più alta la lampada.
Donne dell’8 marzo ma anche del 9, del 10 e dell’11.
Donne veline poche. Donne vela tante.
Capaci di raccogliere il vento per spingere in avanti la barca.
Donne che modellano la creta della precarietà a scultura.
Opere d’arte che profumano il mondo.