Riconcepire la democrazia
La scrittrice spagnola Maria Zambrano nel libro La Nuova Europa sostiene che l’essere umano è l’unico animale che ha bisogno di rinascere continuamente. Così come vero a livello personale, lo è anche su un piano sociale e politico. Zambrano parla di riconcepimento di sé, ma anche della democrazia, del modo di stare assieme, non solo a livello nazionale, ma mondiale. È bello sentirsi parte di un grande movimento di persone che, da diversi percorsi, propongono strade possibili.
Non c’è dubbio che sia in atto una regressione, a livello culturale, della capacità di fare democrazia anche nelle piccole relazioni sociali. Grazia Villa, presidente dell’associazione La Rosa Bianca, a partire dalle parole della Zambrano, approfondisce la riflessione: “la storia ci insegna che in seguito a ogni grande conquista democratica sopraggiunge un periodo di regressione”, ma l’esperienza dell’essere umano ci dice anche che “dopo la fase di regressione ne arriva un’altra che porta un piccolo ulteriore avanzamento”.
“La democrazia è ciò che di meno peggio abbiamo per stare insieme al mondo”, diceva Raimon Pannikar. Certo è che in Italia sembra che ce la stiano soffiando da sotto il naso, senza che si muova una mosca, e abbiamo la sensazione che non si possa fare nulla per impedirlo. Siamo stanchi e non riusciamo più a capire come muoverci. Siamo delusi e trasmettiamo delusione. Vorremmo passare valori positivi ai più giovani e non ci riusciamo.
Gustavo Zagrebelsky aveva già parlato di questo qualche tempo fa rilevando il senso di impotenza di fronte allo sviluppo di una dimensione ormai planetaria delle organizzazioni degli interessi industriali e finanziarie del capitalismo, in un mercato che sfugge al controllo dei poteri politici nazionali. Secondo Zagrebelsky “l’aumento delle disuguaglianze e delle ingiustizie su scala mondiale alimenta l’identificazione dei regimi democratici con le plutocrazie, da cui l’identificazione della democrazia, ideale universale, con un regime di casa nostra, regime dei forti e dei ricchi, che credono talora di poterla imporre con lo strumento tipico dei prepotenti, la guerra”. L’ex presidente della Corte Costituzionale, però, bacchetta chi parla di “promesse non mantenute” dalla democrazia: “È come se un tempo ci fossimo affidati alla democrazia, aspettandoci un contraccambio, e quindi potessimo lamentarci se le nostre attese sono andate deluse. Ma la democrazia […] non è qualcosa fuori di noi, indipendentemente da noi e tanto peggio per noi, se ci siamo illusi. […] La democrazia non promette nulla a nessuno, ma richiede molto a tutti”(www.scuolacaponnetto.it).
Come ripartire dunque? Raniero La Valle parla della necessità di ritrovare una cultura della costituzione. Non è sufficiente difendere la Costituzione italiana, è l’ora di creare un nuovo clima costituzionale.
In un libro della EMI (Rifare gli italiani) si propongono riflessioni per insegnanti che svolgono la nuova materia scolastica “Costituzione e Cittadinanza”. Si legge: “Compito prioritario oggi per la famiglia e per la scuola è educare i giovani a vivere insieme agli altri, nella società complessa e plurale, rispettando le regole e operando un ritorno all’essenziale, ‘al vero, al buono, al bello’ (Gardner) proponendo al tempo stesso ‘la stima di sé, la cura degli altri e l’impegno per creare istituzioni giuste’ (Ricoeur)”.
Semi di futuro
Viviamo un periodo in cui ci sono molti semi di democrazia, di cittadinanza e convivenza civile innovativa e sostenibile, che però raramente sbocciano nelle istituzioni. Ci sono i blogger dalla Cina e da Cuba, i video dei telefonini dall’Iran, le realtà di base in America Latina, la controcultura in Israele, la società civile italiana, ma non c’è un referente istituzionale realmente credibile e forte che possa dare loro voce.
In un sondaggio sul sito www.perlapace.it si chiede “Cosa possiamo fare per cambiare la politica?”. Il 71% di chi risponde (non si evincono i numeri e il campione analizzato) alla domanda sceglie la strada del rafforzamento della società civile, preferendola all’impegno in un partito esistente (18%) e alla creazione di uno nuovo (7%), mentre il 5% ritiene che non si può fare niente o non sa.
Quale ruolo ha dunque la società civile? Difficile rispondere, ma a mio avviso è necessaria una sorta di rielaborazione del lutto, di ripensamento del percorso fatto da Seattle in poi e di analisi dei fallimenti, in particolare la guerra in Iraq iniziata nel 2003. Dopo il periodo d’oro iniziato poco prima di Genova 2001 e le grandi manifestazioni di piazza contro la guerra in Iraq mi pare sia sopraggiunto lo scoramento per non aver raggiunto risultati significativi.
Quali cause? Non ci sono mancati i profeti: Gandhi, Luther King, Romero, Ciotti, Puglisi, Tonino Bello, Falcone e Borsellino, Caponnetto, ecc.. Non siamo a corto di strumenti: internet, il teatro dell’oppresso, i gruppi d’acquisto solidale, il commercio equo, ecc.. Scarseggiano invece le persone che mettono assieme, i pastori. Abbiamo spesso cercato leader forti da seguire e meno una rielaborazione comune, una responsabilità condivisa, che portasse avanti idee e progetti politici.
Ma il cristiano è chiamato alla speranza a ogni costo e qualche segno tenue lo vediamo, magari anche inaspettato. Tremonti parla della tassa sulle transazioni finanziarie. Chi proponeva la Tobin tax a Genova era visto come un visionario. Il concetto di “strutture di peccato” ripetuto più volte da Alex Zanotelli è stato usato poco tempo fa in un documento ufficiale della CEI sulla questione del Mezzogiorno in relazione ai poteri mafiosi. Obama ha fatto discorsi impensabili pochi anni fa, anche se difficilmente li potrà mettere in pratica.
Grandi testimoni
Due grandi personalità del XX secolo sostengono la nostra speranza. Dietrich Bonhoeffer, che ha pagato in prima persona il suo no all’ingiustizia e alla violenza. È passato tempo prima che fosse riconosciuto il valore del suo pensiero, ma, ci ha insegnato a stare al mondo da credenti adulti nel XX secolo.
E poi Etty Hillesum: la sua è una riflessione bellissima, che diventa un inno alla resistenza di fronte alla bruttezza: “siamo chiamati a custodire un pezzettino di bellezza, per lo meno dentro al nostro cuore”. Etty lanciò uno dei suoi ultimi scritti da una fessura del treno che la portava ad Auschwitz. Un ultimo messaggio di serenità anche nel momento più drammatico per l’amica Christine, una lettera raccolta e spedita da contadini. Troveremo anche noi la fessura da cui inviare i messaggi di pace, qualcuno li raccoglierà e li diffonderà, magari uno che nemmeno ci aspettiamo.
Antonino Caponnetto invitava a “fare argine al male”. Ho l’impressione che gli argini si siano rotti e che stiamo qui con gli stracci ad asciugare il mare. Comunque sia, facciamolo.