Elezioni in Sudan: Un primo bilancio
Lunedì scorso, con una decina di giorni di ritardo sulla data inizialmente prevista, sono stati diffusi i risultati ufficiali delle prime elezioni multipartitiche in Sudan dopo il colpo di stato del 1989 che aveva portato al potere il National Congress Party e l’attuale presidente. A una settimana di distanza se ne può trarre un primo bilancio.
Come previsto, Omar Al Bashir e Salva Kiir sono stati confermati rispettivamente presidente del Sudan con circa il 69% dei voti validi, e Salva Kiir presidente del Sud Sudan con circa il 93%.
Una sorpresa, però, in queste elezioni c’è stata: l’affermazione di Yaseer Arman, candidato dell’SPLM fino al ritiro, avvenuto alla vigilia del voto, e al boicottaggio delle elezioni presidenziali al Nord, con la denuncia di problemi logistici e amministrativi e di tentativi di brogli elettorali che facevano prevedere elezioni già predeterminate. Sul suo nome, rimasto sulle schede dal momento che erano già state stampate, sono affluite 2.193.826 preferenze, pari al 21,69% dei voti validi. Gli altri candidati di opposizione, alcuni dei quali ritiratisi dalla competizione come Arman, sono risultati decisamente staccati (il 3,92% il candidato del Popular Congress Party di Hassan El Turabi, l’1,93% quello del Democratic Unionist Party entrambi ancora in lizza; lo 0,96 l’Umma Party che invece si era ritirato).
Questo condiziona il dibattito post elettorale su questioni cruciali:
- la formazione del nuovo governo, sul quale, all’interno del NCP sembra si stiano misurando due linee, espresse da due influenti consiglieri del presidente: quella di Ghazi Salah Al Deen Al Attabani, che, a urne ancora aperte, aveva lanciato un ponte verso i partiti d’opposizione; e quella di Nafie Ali Nafie, vice presidente del NCP, che ha invece sostenuto una chiusura netta alle altre forze politiche; il dibattito deve essere ancora molto aperto se lo stesso Nafie prevede che il nuovo governo non potrà essere formato che tra parecchie settimane;
- l’impegno dell’SPLM al Nord, dopo il referendum per l’autodeterminazione programmato per il prossimo gennaio, e l’eventuale, largamente prevista, secessione del Sud;
- le prossime mosse dell’opposizione, ancora molto frammentata ma che sembra essere uscita dalla tornata elettorale con energie rinnovate, espresse dall’attivismo dei suoi esponenti sia all’interno che all’estero, e che sembra aver trovato in Arman una possibile e valida alternativa all’attuale presidente.
Analisti esperti dell’area si spingono a prevedere non pochi problemi per il prossimo governo e per il paese.
Il 30 aprile Africa Confidential (vol. 51, n. 9), un bollettino informatissimo sulle dinamiche politiche dell’Africa Orientale, titola un suo dettagliato articolo sul clima post elettorale in Sudan: “I voti rubati hanno prodotto una vittoria vuota per Khartoum”, in cui sostiene, tra l’altro, che la mancanza di credibilità dei risultati nella comunità internazionale è molto più diffusa di quanto dicano le dichiarazioni ufficiali, volutamente morbide per non rischiare tensioni che potrebbero mettere in gioco il referendum previsto per il prossimo gennaio. Vedremo nei prossimi mesi se è stata una buona mossa per proteggere il referendum. Ma certamente il presidente Bashir non avrebbe raggiunto l’obiettivo di rafforzare la propria immagine internazionale messa in gioco dal mandato di cattura spiccato dalla Corte Penale internazionale.
Il bollettino n. 81 dell’International Crisis Group, (un autorevole centro di ricerca che lavora sul monitoraggio delle situazioni critiche e di conflitto), diffuso il 1 maggio, dice che nel paese è aumentato il rischio che la situazioni già problematica, possa peggiorare, in vista del referendum programmato per il prossimo anno, a causa delle mancata credibilità delle elezioni, e del mancato riconoscimento dei risultati da parte di molti partiti e candidatati di opposizione, sia al Nord che al Sud.
La preparazione per l’importante e atteso appuntamento referendario sono comunque già cominciate: la delimitazione dei confini, ad esempio. Si sono però già verificate anche tensioni che hanno portato a scaramucce e veri e propri scontri armati.
Si può prevedere che i prossimi mesi non saranno facili in Sudan, anche se tutte le dichiarazioni delle autorità sudanesi sottolineano la volontà di rispettare i tempi e i risultati del referendum. Bisogna però ammettere che in Sudan l’adagio che recita “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” è particolarmente appropriato.