Il caro armato
L’Italia gioca ancora in difesa: nel 2010 le spese militari lasceranno sul terreno dei conti pubblici oltre 23.500 milioni di euro. Il nostro Paese, oggi all’ottavo posto al mondo per spese militari, ha più di 30 missioni internazionali in corso e nei prossimi anni ha in programma di acquistare, per citare solo uno dei faraonici progetti sui cosiddetti “sistemi d’arma”, 131 cacciabombardieri per 13 miliardi di euro.
“Il caro armato” (info: Altreconomia, www.altreconomia.it/libri) è la puntigliosa ricognizione che mancava sulla struttura delle Forze Armate e sulle spese militari del nostro Paese (somme spesso non facili da tirare) e sugli sprechi che a volte sarebbe possibile e doveroso evitare. Il “Nuovo Modello di Difesa” ha spostato la linea del fronte dai confini geografici a quelli degli interessi economici occidentali, ovunque siano considerati a rischio. La leva obbligatoria è stata sospesa. Ma scopriamo che, nonostante le “riforme”, il nostro esercito professionale conta ancora 190mila uomini, tra i quali il numero dei comandanti – 600 generali e ammiragli, 2.660 colonnelli e decine di migliaia di altri ufficiali – supera quello dei comandati.
Scopriamo che il nostro Governo continua ad acquistare “sistemi d’arma” sempre più costosi, dalla portaerei Cavour, alle fregate FREMM (5.680 milioni di euro) al cacciabombardiere Joint Srike Fighter (13 miliardi di euro); e che il “mercato” delle armi, con i Governi principali committenti, è tutt’altro che libero: sono al contrario stretti i rapporti tra Forze Armate e industria bellica e frequenti i passaggi di militari a fine carriera dall’una all’altra schiera.
Un capitolo è riservato alle scelte più controverse legate alle Forze Armate e ai loro “costi”: le missioni internazionali, la presenza dei militari in città, le servitù militari, il destino degli immobili della Difesa, l’abbandono del servizio civile; per arrivare agli “scandali” veri e propri, tra cui sprechi e inefficienze clamorose e la triste vicenda dell’uranio impoverito. L’appendice fa, infine, il punto sulle spese militari in Europa e nel mondo.
“Il caro armato” non solo passa come un cingolato sulla “casta” militare e i suoi privilegi, ma spiega anche, nelle conclusioni, quali riforme e cambiamenti sono auspicabili: a partire dalla rinuncia al menzionato progetto JSF.