ULTIMA TESSERA

Parola d’ordine: START

Il nuovo regime per le armi nucleari: un mondo più sicuro... anzi no!
Angelo Baracca

C’è voluto più di un anno dalle roboanti dichiarazioni di Obama sulle drastiche riduzioni delle armi nucleari e la prospettiva della loro eliminazione, ribadite nel summit di giugno con Medvedev, perché vedessero faticosamente la luce (e non per caso simultaneamente) il nuovo trattato START (Strategic Arms Reduction Treaty) e la nuova strategia nucleare statunitense (NPR, Nuclear Posture Review), dopo estenuanti negoziati, ed evidenti contrasti all’interno dell’Amministrazione Usa. Ora i commentatori si dividono tra ottimisti – “un consistente passo avanti, soprattutto rispetto all’era Bush” – e pessimisti – “accordo deludente, strategia Usa ancora offensiva”. Il mio parere è che la valutazione debba andare al di là del solo aspetto degli armamenti nucleari, e guardare a quello che è stato con tutta evidenza (e rimarrà) il punto del contendere tra i due Paesi: il sistema di difese antimissile che gli Usa (e non solo) stanno sviluppando, e sarà l’ossatura del sistema militare del futuro. Un sistema estremamente complesso e articolato, a molti strati (multi layered), che va ben al di là dei radar per il tracciamento e i missili intercettatori destinati all’Europa, ma comprende una decina di sistemi diversi, basati a terra, in mare e nello spazio, per intercettare e distruggere i missili attaccanti in tutte le fasi di volo (di spinta, inerziale, di rientro). 

 

Nuovi arsenali

La mia profonda convinzione è che lo sviluppo, ancora iniziale, di questo sistema prefigura un enorme salto militare, paragonabile a quello che avvenne con lo sviluppo dei missili balistici al posto (o in aggiunta) ai bombardieri strategici. Qualora un sistema integrato e articolato di intercettazione di questo tipo funzioni (e non è ancora detto, al 100 %, ma ormai il salto è fatto, e gli sviluppi e gli interessi economici sono colossali), il Paese che lo detenga acquista una superiorità determinante, divenendo potenzialmente invulnerabile, e libero di sferrare un primo colpo ovunque. I russi l’hanno capito benissimo e hanno una paura terribile: per un anno hanno cercato di ottenere delle garanzie e degli impegni, anche nel testo dello START, inutilmente. Ma Mosca ha precisato che si riserva di uscire dal trattato qualora veda la propria sicurezza minacciata dai futuri sviluppi di queste difese.

Il punto che sottolineo per valutare il nuovo trattato è che, di conseguenza, un nuovo sistema militare basato sulle difese antimissili potrebbe essere compatibile con (o necessitare di) un numero molto minore di testate nucleari. Sarei, quindi, prudente nel valutare le riduzioni degli arsenali stabilite dal nuovo START a prescindere dal resto.

Le riduzioni quantitative ci sono, anche se non proprio drastiche, e non senza ambiguità. 1.550 testate per parte (perché non 1.500?!) sono un po’ meno delle 1.700-2.200 previste per il 2012 dal trattato SORT del 2002; il numero di vettori (missili, sommergibili e bombardieri) sarà limitato a 700, più 100 consentiti di riserva (!). Ma, non si ripeterà mai abbastanza, le testate che ancora esistono nei due Paesi sono più di 20.000, anche se “solo” circa un quarto nell’arsenale operativo: quando queste 5.000 testate strategiche operative si ridurranno a 3.100 (entro il 2017!), ne rimarranno sempre più di 17.000! Di queste circa 2.500 sono testate tattiche, di cui questo trattato sulle armi strategiche non si occupa (circa 200 sono testate a gravità schierate in Europa), e le altre sono testate rimosse, di riserva (che possono facilmente tornare operative) o in attesa di smantellamento.

Ma c’è di peggio: il trattato limita il limite legale, ma non il numero delle testate! Il trucco sta nel fatto che il trattato introduce un nuovo metodo di conteggio, contando un bombardiere come una testata, mentre ne può portare da 6 a 20 (non era così per il SORT; ma ora Mosca ha rifiutato ispezioni in situ nei bunker delle basi aeree). Nel 2017, quindi, le testate operative in ciascuno dei due paesi potranno essere più di 2.000!

In nome della sicurezza?

L’attesa NPR di Obama segna certo un punto di svolta rispetto alla strategia di Bush, ma appare molto prudente, ambigua e contraddittoria (forse come risultato degli scontri interni). La premessa è che i nuovi rischi da affrontare sono i terroristi e i regimi ostili: ma davvero gli Usa hanno bisogno di migliaia di testate nucleari per proteggersi da questi regimi? E a cosa servono poi contro i terroristi?

La dichiarata diminuzione del ruolo delle armi nucleari (rafforzando però quelle convenzionali!) è in realtà modesta, se non dubbia. L’assicurazione di non subire un attacco nucleare vale per i Paesi che aderiscono e rispettano il TNP, citando esplicitamente come eccezioni paesi come l’Iran e la Corea del Nord: e Israele allora, che al TNP nemmeno ha aderito? E Paesi aderenti al TNP che abbiano armi biologiche o chimiche? 

Una delle cose che mi sembrano più gravi è che la NPR dichiaratamente non modifica lo stato di allerta delle testate nucleari, che perpetua la strategia della Guerra Fredda e costituisce uno dei pericoli più grandi di guerra per errore!

La NPR dichiara che gli Usa non produrranno armi nucleari nuove, e prevede una serie di procedure per garantire l’efficienza delle testate esistenti senza riprendere i test nucleari. Sull’efficacia di queste procedure gli esperti hanno posizioni contrastanti. È un punto cruciale anche per i politici, poiché la ratifica dello START (insieme al trattato CTBT che bandisce i test nucleari, bocciato nel 1999) non sarà per Obama una passeggiata. È dichiarato esplicitamente che solo dopo queste ratifiche si potrà riparlare di ulteriori riduzioni, di eliminazione delle armi tattiche e delle riserve: un cammino lunghissimo (sempre che lo sviluppo delle difese antimissili non lo interrompa). Siamo ancora lontanissimi dalla prospettiva di eliminazione totale degli armamenti nucleari, e non è detto che i comandi militari ne abbiano l’intenzione.

 

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