Nel nome di Maria
Tu, simbolo delle donne irriducibili alla logica della violenza, guida i passi delle “madri coraggio” perché scuotano l’omertà di tanti complici silenzi…
La pace auspicata da don Tonino si presenta anche col volto delle donne e col nome di Maria di Nazareth. Se è vero che Gesù è la nostra pace (Ef 2,14), il nuovo Adam, è anche vero che Egli è nato da donna, la nuova Eva, madre di una moltitudine. Non fa perciò meraviglia che, nell’universo simbolico del vescovo-profeta, il legame indissolubile tra il Figlio e la Madre divenga anche un rapporto qualitativamente irrinunciabile tra il sogno di un’umanità fraterna e conviviale e le condizioni necessarie per la sua realizzazione.
Possiamo cogliere specialmente nei suoi testi mariani un continuo rimando allo stretto legame teologico tra Gesù, Maria/donna e pace. Maria è colei che percepisce al volo il dissolversi del piccolo mondo antico e anticipando l’ora di Gesù, introduce nel banchetto della storia non solo i boccali della festa, ma anche i primi fermenti della novità. Maria, donna conviviale, può ridestare nei popoli della terra, la nostalgia dell’unica mensa, così che, distrutte le ingordigie e spenti i rumori di guerra, mangino insieme pani di giustizia.
Accogliente e premurosa, figlia obbediente e insieme protagonista audace di cambi epocali, abbatti le nostre frontiere.
Nostra compagna di viaggio, può ancora ispirare la protesta delle madri lacerate negli affetti dai sistemi di forza o dalle ideologie di potere.
Le figure femminili che abitano la memoria e i sogni di don Tonino spesso si sovrappongono scambiandosi dinamicamente ruoli e contorni, senza però confondersi né contrapporsi: i lineamenti dolci e familiari della mamma – la cui fede nuziale divenne il suo anello episcopale – aderiscono alle prerogative teologali della Sposa vestita di sole, primizia della nuova Gerusalemme e si innestano nella ferialità multiforme e ferita delle donne del nostro tempo.
Don Tonino traduce così in poesia orante non solo i contenuti della fede, ma anche lo stile della sua prassi ordinaria e le prospettive delle sue scelte di parte.
La sua casa a Molfetta diviene grembo materno, accoglie famiglie di sfrattati, ragazze-madri, immigrati, barboni, avanzi di galera e genera provocazioni di giustizia e fermenti di speranza.
E nella stessa logica della convivialità nonviolenta egli difende la madre-terra da ogni abuso, da ogni distorsione ambientale e sociale. Anima la protesta contro la militarizzazione del territorio pugliese e la decisione di installarvi gli F16: la Puglia è chiamata dalla storia e dalle geografia a protendersi nel suo mare come arca di pace e non a curvarsi minacciosamente come arco di guerra.
Dalla contemplazione del volto senza ruga e senza macchia di Maria alla contemplazione dei volti bellissimi di donne del Sidamo (Etiopia), uno stesso fascio di luce orienta i suoi passi sulle vie della bellezza. Sono vie ardue che portano a scelte inedite e coraggiose: quando suona la diana di guerra, convoca tutte le figlie di Eva perché si mettano sulla porta di casa e impediscano ai loro uomini di uscire armati, come Caino, ad ammazzare il fratello.