In Sudafrica come in Afghanistan?

14 giugno 2010 - Renato Sacco

“Dai, basta mischiare calcio e politica. Il gioco del pallone è un gioco appunto” Quanto volte lo abbiamo sentito dire. “Il calcio è uno spettacolo, un divertimento... Non andare sempre a tirare fuori – così mi han detto tante volte – le situazioni economiche dei vari Paesi, la politica o addirittura la guerra”. Confesso che mi ero messo d’impegno e quasi ci riuscivo a non dire nulla sui mondiali, anche perchè erano già intervenuti molti politici italiani a far proclami, solo che... a poche ore dall’inizio dei mondiali di calcio in Sudafrica, venerdì 11 leggo che “i giocatori dell'Inghilterra hanno ricevuto un video di auguri e incitamento da un battaglione di soldati britannici stanziati ad Helmand, sul fronte della guerra contro i Talebani. Fabio Capello ha riunito la squadra e ha voluto che tutti lo guardassero, come ulteriore fonte di ispirazione per i Mondiali” (repubblica.it).
Se questo è lo spirito, “la fonte d’ispirazione” per un incontro di calcio, i ragazzi di oggi direbbero ‘paurella’.
Questo connubio tra calciatori e soldati, proposto dall’italiano Capello, suona davvero male. O forse no. Infatti non ha scandalizzato quasi nessuno. La Stampa di sabato 12 ne parla in prima pagina e all’interno ha un mega titolo: FRONTE COMUNE. Tutto normale, no? Ai mondiali come in guerra. Il modo di parlare e di ragionare diventa sempre più militare. Il termine di paragone per tutto è la guerra. Anche qualche esponente del PD ha evocato, in questi giorni, il Vietnam. Ma tutto questo è paradossalmente normale. Scandalizza una parolaccia, un gesto... ma non la guerra! Anzi.
C’è il rischio reale di essere intossicati fino al midollo da questa cultura di guerra, di morte.
Giustamente p. Marcello Storgato, direttore di Missionari Saveriani, ha scritto qualche settimana fa, commentando l’intervento di Mons. Bagnasco all’assemblea della CEI: “Mi dispiace che per esemplificare la "missione dell'Italia nel mondo", Sua Eminenza accosti "da una parte i nostri missionari e dall'altra le nostre forze di pace presenti in diverse zone del pianeta". Non che i missionari siano contro i nostri giovani volontari. Ma accostare le cosiddette "missioni di pace" alle "missioni cattoliche", quelle richieste e autorizzate da Cristo Signore per predicare ai poveri il suo vangelo, è davvero... una nota stonata!”. Bravo padre Marcello. Hai ragione. Certo è solo un’opinione, magari minoritaria, ma finché si può, diciamola.
Per la cronaca, Capello non ha mancato di rispondere ai soldati inglesi in Afghanistan: "Il vostro coraggioso servizio al Paese significa tanto per i giocatori e tutti abbiamo rispetto totale per i sacrifici incredibili che voi e le vostre famiglie avete fatto. Anche se faremo tutto il possibile per raggiungere il successo in Sud Africa per l'intero Paese, voglio che sappiate che noi crediamo che siete voi i veri eroi". Giocare è come andare in guerra, e andare in guerra è come giocare.
No. Non è vero! Qualcuno glielo dica ai soldati inglesi, americani, italiani... La guerra non è un gioco... perchè lì sì muore davvero. E non c’è un’altra partita. Diteglielo, prima che sia troppo tardi.

Ultimo numero

Rigenerare l'abitare
MARZO 2020

Rigenerare l'abitare

Dal Mediterraneo, luogo di incontro
tra Chiese e paesi perché
il nostro mare sia un cortile di pace,
all'Economia, focus di un dossier,
realizzato in collaborazione
con la Fondazione finanza etica.
Mosaico di paceMosaico di paceMosaico di pace

articoli correlati

    Realizzato da Off.ed comunicazione con PhPeace 2.7.15