Un bagno di sangue
Come hai definito oggi questo massacro nei tuoi servizi alla TV?
C'è una responsabilità politica, oltre che dei militari che hanno compiuto quest'azione. Talvolta capita che sui militari, che comunque hanno le loro responsabilità, si scarichino problemi politici. Quello che è in discussione è il blocco economico e anche umano di Gaza. Si è cercato di far risolvere impropriamente ai militari la determinazione dei politici israeliani a mantenere questo blocco. Ho cercato di far comprendere come questi due elementi, la responsabilità politica e quella militare, vanno di pari passo.
Era prevedibile un attacco simile?
Purtroppo sì. I politici non volevano dare l'impressione all'opinione pubblica internazionale, e soprattutto a quella araba, che fosse possibile violare il blocco senza il consenso israeliano. Questa era la determinazione politica che ha portato a dare ordine ai militari di intervenire. Certo non era prevedibile né gli israeliani lo auspicavano un simile bagno di sangue. Ma quando si affida ai militari e alle armi la soluzione di certi problemi, quello che abbiamo visto può capitare, non può essere escluso.
Israele come poteva non prevedere una reazione internazionale?
Penso che Israele non lo prevedesse. Comunque aveva affidato all'intervento dei militari la possibilità di risolvere il problema. La radice di tutto questo è proprio nel cercare di risolvere con le armi problemi politici. E nel contempo si fa intervenire i militari in contesti che non sono loro assolutamente propri: le immagini di oggi i mostravano giovani militari che sparavano all'impazzata contro civili che al massimo teneva in mano piccoli bastoni. C'era effettivamente una sproporzione enorme.
Hai notizie dalle navi? Sappiamo che sono stati fatti dei prigionieri. Ma qui le notizie non arrivano. Nemmeno i parenti degli italiani presenti nelle navi erano aggiornati sulle condizioni dei loro congiunti.
Nel giro di poche ore credo che questi aspetti si chiariranno. Ma come durante operazione Piombo fuso, Israele ha cercato innanzitutto di tenere i giornalisti lontani dai luoghi da dove si potevano raccogliere informazioni. . Tutti gli internazionali sono stati sbarcati al porto di Ashdod. Si è creata confusione, ad alcuni è stato imposto subito l'ordine di espulsione, alcuni lo hanno rifiutato, altri hanno rifiutato di fornire le loro generalità; una trentina, probabilmente di origine mediorientale, è stata arrestata e tradotta nelle prigioni israeliane.
La società israeliana come sta vivendo questi momenti?
Alcuni gruppi giovani e meno, anche al porto di Ashdod, hanno manifestato a gran voce a sostegno dei militari israeliani. Piccoli gruppi di pacifisti hanno protestato invece a Gerusalemme e nella stessa Ashdod , denunciando il massacro.
Come sta reagendo la gente di Gaza, che solo ieri era in festa, nell'attesa dei pacifisti? E nei Territori Occupati della West Bank?
La reazione è ovunque di rabbia e di protesta.
Cosa potrebbe davvero ora fare la comunità internazionale?
Forse non farà granchè nei confronti di Israele. Si cercherà di mettere da parte i fatti di oggi. Ma molti all'interno dei governi occidentali e della diplomazia internazionale si renderanno conto che esiste un problema a Gaza e a Gerusalemme e che non può essere eluso. Inoltre un grosso problema ora è rappresentato dai rapporti tra Israele e la Turchia, che era uno dei pochi Paesi dell'area mediorientale ad avere finora rapporti diplomatici con Israele. Oggi questi rapporti si sono notevolmente incrinati. Questo è un contraccolpo politico rilevante e importante, tenendo conto che la Turchia è un membro ella Nato e uno Stato potente nella regione.