Una proposta anticristiana
Anche se oggi è piuttosto arduo identificare i profili delle diverse proposte politiche in campo in Italia, si può dire, con sufficiente sicurezza, che non ce n’è una oggettivamente più anticristiana e anticattolica di quella rappresentata dalla Lega Nord.
Sia sul piano dei contenuti sia su quello dei simboli (che in politica contano parecchio), la Lega sviluppa suggestioni, esprime un pensiero e dà corpo a un insieme di iniziative che vanno nella direzione opposta rispetto al messaggio evangelico.
Se il Vangelo di Cristo è accoglienza, solidarietà, amore per il prossimo, giustizia, uguaglianza, misericordia, compassione e fiducia, la Lega nasce e si propaga predicando esclusione, diffidenza, separazione, condanna, razzismo (nel senso tecnico di convinzione secondo la quale esistono genti le cui attitudini e capacità sono superiori a quelle di altre), nonché una buona dose di paura fondata sull’evocazione di una minaccia costante.
Bossi e i suoi non solo non hanno mai fatto nulla per nascondere o camuffare questi contenuti ideologici, ma hanno sfruttato ogni occasione per metterli in mostra accentuandone i tratti, anche dialetticamente, nel modo più aggressivo. Basti pensare agli attacchi del senatùr a Giovani Paolo II, come nel 1997, quando disse che “il papa polacco pensa solo al potere di Roma” e “ha investito nel potere dimenticando il suo magistero di spiritualità e di evangelizzazione”. Affermazioni, lo ricordiamo, benedette da don Gianni Baget Bozzo, che parlò di Bossi come di un leader carismatico che “gode di un consenso metapolitico, quasi spirituale”.
L’armamentario simbolico della Lega (con le ampolle piene di acqua del dio Po, le adunate sul pratone di Pontida, i giuramenti di fedeltà in stile medievale) è stato escogitato in coerenza per dare supporto e rafforzare questa ideologia anticattolica.
RELIGIONE PAGANA
Una riflessione va fatta, a questo proposito, sul paganesimo della Lega (o meglio il neopaganesimo), del quale ogni tanto si parla in tono scherzoso, quasi si trattasse di un corollario di solo folklore, e che riguarda invece l’ispirazione e l’anima profonda della proposta leghista in senso culturale prima ancora che politico. Non bisogna dimenticare che evocando e riproponendo, magari in forma confusa ma non per questo meno coinvolgente, le tradizioni celtiche e i miti ad esse collegate, la Lega si rifà all’epoca precristiana. Cristo e il Vangelo sono eliminati dall’orizzonte. La proposta è di tornare a una fase precedente e di ancorare ad essa la possibilità di una rinascita per popoli e territori che, in base alla logica amico-nemico propria di ogni obbligazione ideologica forte, hanno bisogno di riscatto combattendo contro un oppressore ingiusto e cattivo.
Forse quando innalzano vessilli con la croce celtica e il sole delle Alpi o accendono falò propiziatori non tutti i leghisti sono consapevoli di quel che fanno e del perché lo fanno. Tuttavia il richiamo al paganesimo dà un’identità all’intero movimento. Ed è un’identità anticristiana. Basti pensare alla percezione mistica della natura (l’acqua del dio Po, appunto), che non solo rafforza il vincolo con il territorio, ma fa di quello stesso territorio la divinità da servire e per la quale combattere. Messaggio lontanissimo dalla rivoluzione cristiana che, al contrario, libera l’uomo dalle appartenenze terrene per trasformarlo in un cittadino (si ricordi la Lettera a Diogneto) che vive in questo mondo senza essere di questo mondo.
Non dimentichiamo che cattolico vuol dire universale e che nulla è più contrario al cattolicesimo di un messaggio che affida la costruzione dell’identità al fatto territoriale. Anche nel cattolicesimo ci sono le tradizioni locali (per esempio, il rito ambrosiano o i riti orientali), ma il locale è vissuto in funzione dell’universale, come manifestazione particolare di un’appartenenza ben più ampia.
Se dall’osservazione di questa cornice teorica e simbolica ci spingiamo sul piano delle scelte concrete, vediamo che l’anticristianesimo leghista è puntualmente e ripetutamente confermato. In un’epoca storica che vede nel multiculturalismo e nel processo di meticciato delle civiltà uno dei fenomeni sociali al tempo stesso più rapidi e più vasti dei quali siamo testimoni, il messaggio della Lega spicca per il rifiuto della contaminazione, vissuta non solo come indebolimento culturale, ma come attentato a legittimi interessi. E dentro questo ambito la religione è utilizzata al servizio dell’ideologia, per seminare contrasto e diffondere paura. Se infatti la Chiesa cattolica, specie alla luce del Concilio Vaticano II, insegna che il dialogo fraterno, pur nella consapevolezza delle diverse peculiarità, è l’unica strada costruttiva verso la pace in un mondo nel quale le barriere vengono meno e le comunicazioni avvicinano uomini e popoli, ecco che la Lega propone di alzare steccati e usa l’idea di identità non per metterla al servizio di un confronto pacifico ma in un’ottica che richiama quella della pulizia etnica: qui dove siamo noi può esserci solo la nostra religione. Affermazione che rende evidente come la religione sia usata strumentalmente quale mezzo di affermazione di un’appartenenza territoriale. Proprio il contrario di quanto fa il cristiano, che mette l’appartenenza territoriale al servizio della religione.
CATTOCOMUNISTI
Rivelatrice è la durezza con la quale la Lega Nord attacca l’arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi per quanto riguarda il rapporto con le altre religioni e in particolare con l’islam. Che cosa ha fatto in questi anni Tettamanzi? In quanto pastore di una diocesi e di una metropoli in cui il multiculturalismo è sempre di più un dato di fatto in espansione e il pluralismo religioso è ormai incontrovertibile, il cardinale, in coerenza con quella tradizione di accoglienza e di apertura che fa parte del dna culturale e spirituale ambrosiano, ha rivendicato ripetutamente e per tutti il diritto di pregare secondo la propria fede, affermando che tale diritto, se esercitato senza infrangere le norme che regolano la vita civile, rientra tra quelli fondamentali della persona e delle comunità. Ma tutto ciò per la Lega è inaccettabile. Il cardinale Tettamanzi “si fa promotore di una propagazione dell’islam sotto la Madonnina”, accusa il movimento di Bossi.
Negli ultimi anni il principale terreno di scontro tra la Chiesa cattolica e la Lega Nord è stato quello dell’immigrazione. Uno dei momenti più infuocati della polemica si registra nell’estate del 2009, quando mons. Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti, scrive sulla rivista americana Jurist che la nuova legge italiana sull’immigrazione, trasformando l’immigrazione irregolare in un reato penale, rappresenta un “peccato originale” perché l’introduzione del reato di clandestinità “ha significative ripercussioni nella vita concreta del migrante e della sua famiglia”.
In pratica, sostiene Marchetto, migliaia di persone, tra le quali donne e bambini, vanno incontro a una sorte di emarginazione e di pericolo. Ma Roberto Cota, all’epoca capogruppo leghista alla Camera, risponde (con qualche sgrammaticatura) in modo borioso: “Le dichiarazioni di monsignor Marchetto sono espressione di un pregiudizio politico e non hanno nulla di religioso. Chi parla così sono i soliti che qualcuno definisce cattocomunisti e che in realtà hanno perso il catto e sono comunisti. Il monsignore si sta esercitando nell’invenzione di comandamenti senza averne l’autorità”.
Quel “non hanno nulla di religioso” è significativo. Indica una nuova fase della Lega: non solo contestare la Chiesa, ma proporsi come vera interprete del messaggio cristiano, contro una gerarchia romana che non ha legittimità in quanto corrotta proprio perché romana. Del resto Bossi, a modo suo, l’aveva detto già qualche anno prima parlando dei “vescovoni” e della Caritas come dei “veri razzisti che agiscono per un solo scopo: cambiare il mondo a loro piacere per riempirsi il portafoglio”.
Facendosi forte del ruolo governativo, la Lega è arrivata anche alle minacce. È dell’agosto 2009 un articolo della Padania che, dopo le dure critiche di Famiglia cristiana nei confronti di Renzo Bossi, figlio di Umberto, e del suo gioco Rimbalza il clandestino ideato su Facebook, e dopo gli ennesimi richiami del Vaticano contro la politica del governo in materia di immigrazione, spara contro le “ingerenze” delle gerarchie ecclesiastiche e ammonisce: se i rapporti andranno avanti così, “bisognerà inserire nell’agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti lateranensi”.
La Lega sembra dimenticare del tutto che non molti decenni fa anche dalle terre del Nord Italia partivano immigrati verso altri Paesi europei e le Americhe e che la loro sorte era spesso di sofferenza e di miseria a causa delle difficoltà nell’inserimento. E sembra ignorare completamente che la Chiesa all’epoca si attrezzò, nel segno del Vangelo, dando vita a un’azione missionaria al servizio dei nostri emigranti. La memoria storica non è il punto forte del movimento leghista.
Stando così le cose, è quanto meno sbalorditivo che la Lega abbia sia elettori sia alleati cattolici. Ma ancor più sbalorditivo è che tra le stesse gerarchie vaticane siano arrivate di recente formidabili aperture di credito nei confronti di Bossi e del suo movimento.
La Lega al Nord attua “un presidio del territorio” che una volta “era appannaggio di vescovi e parroci”, ha detto il cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato della Santa Sede, prima delle elezioni regionali 2010. E subito dopo il voto, che ha visto la Lega trionfare e conquistare anche il Piemonte oltre a Lombardia e Veneto con percentuali che un tempo erano della Democrazia Cristiana, ecco la benedizione di monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia accademia per la vita, che al Corriere della sera del 30 marzo dichiara: “Anzitutto credo che dobbiamo prendere atto dell’affermarsi della Lega, della sua presenza ormai più che ventennale in Parlamento, di un radicamento nel territorio che le permette di sentire più direttamente alcuni problemi presenti nel tessuto sociale. Quanto ai problemi etici, mi pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa. Sull’immigrazione bisognerà essere capaci di saper coniugare le esigenze dei cittadini e quelle del mondo del lavoro”.
La “piena condivisione” con la Chiesa riguarda i veti sulla pillola abortiva ru486 lanciati all’indomani del voto dai neogovernatori leghisti di Piemonte e Veneto, Cota e Zaia. Decisioni arrivate dopo un’attenta strategia di riavvicinamento al Vaticano condotta da Bossi recandosi, fra l’altro, in visita al presidente della Cei cardinale Bagnasco e allo stesso cardinale Bertone.
A questo punto occorre chiedersi: perché queste mosse della Lega? E, d’altro canto, perché le aperture della Chiesa?
La prima risposta è la più facile. Certamente Bossi, dimenticate in fretta le intemperanze del passato contro il papa e i vescovi, sta cercando di conquistare terreno nel rapporto con la Chiesa sottraendolo a Berlusconi, per accreditarsi ancora di più come forza fondamentale nella coalizione di centrodestra. Di qui la sua repentina “conversione” (una delle tante, del resto) che gli ha permesso di entrare nelle sacre stanze a dispetto dei riti celtici, del neopaganesimo e dei ripetuti insulti scagliati contro la Chiesa. Più difficile è rispondere alla seconda domanda. Il cardinale Bagnasco, additando il rispetto per la vita come valore “non negoziabile” in vista del voto, ha sicuramente contribuito a indirizzare molti consensi verso la Lega degli antiabortisti dichiarati Cota e Zaia. Con simili indicazioni e aperture, le gerarchie sembrano cercare sponde politiche in grado di sostenere le richieste di sempre (legate a vita, scuola e famiglia) meglio di quanto abbia fatto Berlusconi. È un cambio di cavallo politico.
Ma è davvero in questo modo che si pensa di poter diffondere i valori cristiani?