Una religione politica

Con fare “guerriero”, leghismo e populismo avanzano: cosa sta accadendo in Italia?
Sergio Paronetto (Vice presidente di Pax Christi Italia)

Padroni a casa nostra! Basta immigrazione! Fermiamo l’invasione! Stop all’Islam! Fuori zingari e rom da casa nostra! Tolleranza zero! Padania cristiana! Il Veneto ai veneti... 

Il nuovo centro-destra padano a egemonia leghista, dopo vent’anni di politica umorale fatta di uso allarmistico delle paure, con cui ha conquistato molte città, vince nel Nord le elezioni regionali del 2010. L’avanzata leghista è definita in tanti modi: protesta fiscale della Padania; difesa del territorio; partito forte che riempie il vuoto di una società spaesata; partito conservatore “cattolico” di massa; partito occidentalista “cristiano”; dominio di una “società incivile”confluita nel berlusconismo; idiotismo popolano xenofobo; antipolitica…

Le definizioni più varie possono confluire nel concetto di populismo etnofederalista, tradizionalista cattolico: una nuova destra che ambisce a diventare il centro politico onnicomprensivo per superare la democrazia costituzionale. 

Con il leghismo trionfa una logica tribale basata sulla gestione del mercato della paura, sull’ossessione della sicurezza, sulla ricerca del “capro espiatorio” verso il quale orientare l’aggressività impaurita. In regioni ricche di risorse democratiche e di iniziative civili ma incattivite dalla globalizzazione, la proposta populista capitalizza ogni protesta politica e antipolitica, dall’estrema destra all’estrema sinistra (metà del voto operaio, ad esempio, è leghista; molti no-global verdi o comunisti vedono nel leghismo la difesa della sovranità della propria terra). È la figura del “nemico” a plasmare l’autocelebrazione identitaria, il comunitarismo proprietario. 

L’enfasi sulla microcriminalità degli “sbandati” e dei “molesti”, il messaggio xenofobo verso gli stranieri, la militarizzazione della sicurezza per una comunità minacciata costituiscono tre pilastri dell’egemonia leghista. Le sue radici stanno nell’idea di popolo come comunità organica, nella costruzione del nemico come parte di una religione civile settaria, nel progetto di un’Europa dei  popoli (“cristiani”) identificati nelle regioni etniche. A supporto di tale progetto, come documenta spesso “il Sole 24 Ore”, sta il cemento di una nuova rete finanziaria che vede la Lega mescolarsi all’Opus Dei e alla Compagnia delle Opere. 

Voglia di pulizia

Populismo è un termine complesso e polimorfo. Lo spettro dei populismi è sterminato. Sembra che il populismo stia vivendo “una nuova a primavera e l’Italia stia diventando il più ricco laboratorio del nuovo populismo” (cfr. L. Zanatta, Il populismo. Sul nucleo forte di un’ideologia debole, in Polis/XVI, 2, agosto 2001). La sua realtà frastagliata ma consistente. Comprende in Francia il Front National di Jean Marie Le Pen, in Belgio il Vlaams Bloks, in Austria il Partito della Libertà (FPÖE) ora di Heinz Strache, da cui nel 2005 è uscito il suo fondatore Jörg Haider per creare l’Alleanza per l’Avvenire (BZÖE - alle elezioni del settembre 2008, i due partiti hanno ottenuto il 30% dei voti. Per Forza Nuova è stato il trionfo della “destra radicale” e di una “nuova Europa”, nda), in Svizzera l’Unione Democratica di Centro di Christoph Blocher e la Lega dei Ticinesi, in Danimarca e Norvegia il Partito del Progresso, in Svezia la Nuova democrazia, in Germania i Republikaner guidati per molti anni da Franz Schönhuber. Esperienze populiste di rilievo sono vive in Gran Bretagna, Polonia, Russia, Ungheria (dove è arrivata al 15% l’ultradestra xenofoba di Gabor Vona), Repubblica ceca, Slovacchia, Balcani, Grecia, Canada, Australia, Stati Uniti, centro e sud America.

La Lega Nord nasce tra il 1982 e il 1984 come sintesi di aggregazioni locali col nome di Lega Automista Lombarda, ribattezzata Lega Lombarda nel 1986 per diventare nel 1991, dopo altre tormentate fusioni, tra le quali quella con la Liga Veneta, Lega Nord. Nel 1992 la Lega Nord è la quarta forza politica italiana. Nel 1993 per la prima volta un leghista, Marco Formentini, è sindaco di Milano. Nel 1997 si formano “la Padania” e “Radio Padania Libera”. Nel 1998 “Tele Padania”. Nel giugno 2001, la Lega entra nel secondo governo Berlusconi con tre ministri: Roberto Maroni, Roberto Castelli e Umberto Bossi, sostituito da Roberto Calderoli nel 2004. È il partito più antico del Parlamento col gruppo parlamentare più giovane della legislatura, una forza politica “pesante”, spregiudicata e ambiziosa. Assieme al berlusconismo, per alcuni studiosi il leghismo è una forma contemporanea di totalitarismo post-ideologico (cfr. i 15 saggi del volume Forme contemporanee del totalitarismo, Bollati Boringhieri, Torino 2007, nda). Come ogni populismo, anche quello leghista fonde due reazioni: quella comunitarista contro la minaccia che graverebbe sull’identità del popolo-territorio per effetto della globalizzazione (e dell’immigrazione) e quella antipolitica verso la “casta” corrotta o i “poteri forti”. La voglia di pulizia è una miscela esplosiva, la cui matrice xenofoba appare come riflesso della natura escludente dell’idea populista di popolo e dell’immaginario manicheo su cui si fonda che promette sicurezza e prestigio. 

Il popolo populista, post

Il popolo populista viene immaginato come comunità organica dentro un ordine naturale o sacro, una cosmologia religiosa di tipo dualista, un’idea di una democrazia plebiscitaria che alcuni definiscono “democrazia d’incarnazione o della rassomiglianza tra rappresentati e rappresentanti, volta a ‘fidelizzare’ il seguace e a promuoverlo a rango di popolo; un popolo chiuso in una contro-società incontaminata dalla differenza”. Un elemento rilevante di tale incarnazione comunitaria è dato dalla proclamazione del legame diretto tra magistratura e “comune sentire”, della superiorità del consenso elettorale sulle leggi. 

Pur alimentandolo, la Lega non organizza folklore. Vuole fare politica. Rifiuta l’accusa di razzismo in nome del rispetto di differenze insuperabili. Vuole essere post: post-ideologica, post-fascista e post-razzista. Il suo è un pensiero debole perché spaventato, ridotto a istinto, in cerca di rifugio. 

Il popolo populista non è solo un soggetto da rappresentare. È sovranità politica immediata da affermare, realtà economica da tutelare, società da mobilitare, nazione da plasmare. Un combinarsi di esclusione e di inclusione, di disintegrazione e di integrazione, “una complexio oppositorum”, capace di “politiche che assecondano divisioni corporative e paure allarmistiche, risentimenti sociali e frammentazioni culturali, chiusure ed esclusioni (o subordinazione) dei non-integrati” (Carlo Galli, la Repubblica 13 maggio 2008). È tipico del populismo mescolare per amalgamare, confondere per orientare, produrre caos sociale e cosmo politico. Gino Germani osserva che solo nel populismo riescono a convivere tanti elementi mescolati, deformati, riadattati di ideologie di destra e di sinistra. Solo di sfuggita è possibile accennare ad alcune coincidenze ideologiche o terminologiche. Una è quella con l’ideologia della sicurezza nazionale sperimentata in sud America, che ha cercato di coagulare neoliberismo economico, nazionalismo politico, neofascismo sociale, tradizionalismo religioso e autoritarismo violento. Un’altra riguarda Benito Mussolini: “noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente” (23 marzo 1921). Il populismo non si identifica col fascismo, ma entrambi hanno necessità di disfarsi dello stato di diritto. Ciò che qui si vuole rimarcare è la tendenza di un progetto che si pone come avanguardia della riscossa occidentale.

Il governo della paura 

Durante le campagne elettorali i verbi più usati sono quelli della paura e dell’esclusione: da un lato fermare, blindare, bloccare; dall’altro respingere, cacciare, allontanare, spazzare via; a volte anche ripulire, eliminare, colpire, distruggere, bruciare. L’efficacia del linguaggio pesante è teorizzato dai gruppi dirigenti come strumento di consenso per governare la paura “liquida”. La volgarità espressiva diffusa non è solo una forma di folklore umorale, ma una necessità di marketing politico che agita il tema dell’insicurezza ambientale permanente. Proprio il governo della paura costituisce la chiave di volta del leghismo. La volgarità fa parte della semplificazione brutale del vocabolario politico che alcuni studiosi hanno definito “nuova lingua del potere”, espressione di una “tendenza totalitaria” (cfr. Rocco Ronchi, Forme contemporanee del totalitarismo, nda). Il pensiero sbrigativo del populismo (bossiano o berlusconiano) produce effetti devastanti sulla cittadinanza, sul senso di insicurezza-solitudine dei cittadini. 

In ogni caso, il linguaggio è cultura, crea un clima, forgia modelli di comportamento. Alcune parole si trasformano facilmente in pugni, pallottole, coltellate.

Populismo padano-occidentale

Il Veneto è un fervido cantiere  populista etnofederalista. Esso non è solo una maschera del folklore padano o del provincialismo bonario (alla Zaia), ma è un affare molto serio, una questione di lunga durata, un sistema di potere. Studiosi come Mèny e Surel scrivono che “è inaccettabile ritenere che la democrazia sparisca gradualmente, che si riduca a un ambito locale o nazionale, in altre parole che si ghettizzi in un mondo universalizzato”, e che “rifiutare il populismo basato sull’identità e sulla tribù significa costruire la cittadinanza del mondo” perché il populismo ha orrore per “una città cosmopolita”.

 L’esperienza veneta, in particolare, nella varietà delle sue componenti, è emblematica perché incarna le tendenze polivalenti tipiche del populismo: quella protestataria (ribellione al centralismo); quella identitaria (protezione del territorio ritenuto minacciato); quella plebiscitaria (ideologia del popolo come comunità organica che vive nel suo capo); quella totalitaria (rappresentanza univoca onnicomprensiva oltre le destre e le sinistre, pensiero unico tribale); quella salvifica-settaria (appello alle radici-valori “cristiani”, missione salvifica civilizzatrice per l’Occidente); quella telecratica o mediocratica (politica come format e fiction). Il progetto non è solo leghista. È gran parte del centro-destra a proporre un sistema basato sul popolo come comunità organica, sull’uso politico del cattolicesimo preconciliare, sull’Europa delle regioni “etniche” identificate con le cosiddette “radici cristiane”. 

Una rottura costituzionale 

Nel suo conclamato pragmatismo, il populismo padano cerca l’unità degli opposti, presenta un volto plurale: localista e ipercentralista, carismatico e tecnocratico, oligarchico e plebeo, individualista e comunitario, autoritario e anarchico, cattolico e agnostico, reazionario e postmoderno, dogmatico e nichilista (il fine giustifica i mezzi, azione secondo convenienza), neoliberista e neostatalista, a suo modo neofascista e neocomunista, contro la sinistra contro la finanza multinazionale. Il ribellismo leghista, disponibile ad ogni metamorfosi, rende palpabile l’attuale momento di incertezza costituzionale (G. Zagrebelsky, la Repubblica 26 novembre 2008). Prefigura la rottura costituzionale presente nel fondo dei processi di globalizzazione e di crisi di legittimità del vecchio sistema, realizza nel microcosmo padano il passaggio dalla democrazia costituzionale a una democrazia dell’incarnazione che intende rappresentare immediatamente il popolo-comunità nella sua “élite endogamica” priva di mediazioni, “emancipata dalla trappola della rappresentanza” (L. Zanatta, Il populismo, p. 268). Siamo davanti a una variante illiberale o a una malattia cronica della democrazia? A una patologia transitoria della democrazia o al modello vincente della politica per i prossimi decenni? 

Salvare la dignità umana

Come la democrazia, anche il populismo opera all’interno di un ampio sistema di variabili e di soggetti. È una realtà fluida e contraddittoria. Il suo consolidarsi è legato allo sviluppo di molte condizioni, alle dinamiche dell’economia, al modo di affrontare l’attuale recessione (o crisi di sistema), alle vicende politiche nazionali e internazionali, ai processi culturali e religiosi, all’azione dei cittadini. In tale contesto, è attuale il messaggio di Pax Christi Italia, Nella mia città nessuno è straniero, cioè la proposta del fare creativo della nonviolenza, della pace come cittadinanza responsabile (cfr. www.paxchristi.it). 

È possibile una risposta alla globalizzazione e alla crisi che recuperi il valore dell’uguaglianza senza rinunciare a quello dell’identità? È possibile una politica che faccia della dignità umana il genoma etico della cittadinanza? L’Italia e il nord sono realtà plurali, ospitano esperienze ricche di umanità, da cui è possibile estrarre le buone pratiche della civiltà del diritto. 

 

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